Mark Up 20 anni: intervista esclusiva a Giovanni Cobolli Gigli

Giovanni Cobolli Gigli, presidente Federdistribuzione

di Elena Giordano

“Abbiamo acquisito una rappresentanza formale fondamentale, per poter essere, nei tavoli dove vengono prese le decisioni, espressione autorevole della distribuzione moderna".

“Nella mia lunga carriera, 20 anni nel retail, ho ricoperto diversi ruoli, Ad e direttore generale del Gruppo Rinascente, oltre agli incarichi in Federdistribuzione, dal 2003 al 2006 e successivamente dal 2011 a oggi. Posso affermare -dice Giovanni Cobolli Gigli, presidente di Federdistribuzione- che, quando assumo un incarico lo metabolizzo e lo vivo in pienezza, immedesimandomi nel business, sognandolo di notte (e questo potrebbe essere un difetto…). Quando però cambio, allora chiudo: una cosa lasciata, è lasciata”.

Quale decisione Le è costata di più in questi anni?
Procedere alla chiusura di rami aziendali, come nel caso di Rinascente. Sono decisioni che costano sul piano sia umano sia personale. Per quanto riguarda decisioni di altro genere, se comportano un tasso di rischio, vanno comunque lette in modo positivo: rappresentano una sfida. E le sfide devono essere accettate e percorse. Penso a quando lavorammo sulla ristrutturazione di Upim, puntando sul layout dei negozi e sul prodotto. Quando lasciai l’azienda, ero ben conscio che gli obiettivi di ritorno sugli investimenti non fossero stati ancora raggiunti, ma avevamo fatto comunque un buon lavoro.

Le prossime sfide?
L’oroscopo mi suggerisce di cambiare ... A parte le battute, in Federdistribuzione mi sento molto presente e operativo. Il lavoro è complesso: gestiamo gli interessi degli associati, che ogni giorno affrontano la concorrenza, in un momento storico in cui i rapporti tra produzione e distribuzione non sono idilliaci. Ci impegniamo per far sì che l’associazione sia sempre più incisiva e perché trovi, nel dialogo con le istituzioni, le aree di recupero di redditività per le nostre aziende. Allo scopo abbiamo iniziato a percorrere una strada nuova: abbiamo aperto un presidio a Roma, ampliato e reso più efficiente l’organizzazione interna, in modo da praticare nel miglior modo possibile il mestiere del lobbysta, nel senso più alto del termine, e acquisito una fondamentale rappresentanza formale che possa essere, nei tavoli dove vengono prese le decisioni, espressione autorevole della distribuzione moderna.

La distribuzione moderna è un settore spaventato dal cambiamento?
No. In ogni azienda sono presenti cervelli capaci di intercettare le sfide e realizzare strategie innovative. Certo, ogni azienda tiene per sé questi tesori e non li condivide, in quanto elementi di competizione.
Per questo Federdistribuzione si propone di diventare un comun denominatore sui temi più forti del momento, come la sostenibilità, il lavoro, la fiscalità, la liberalizzazione, il territorio, il Titolo V della Costituzione.

Quali i cambiamenti più significativi di questi anni?
Certo la grande professionalizzazione degli operatori. Notiamo ottime esperienze “raccontate” da catene internazionali, specie di quelle non food: la loro evoluzione è stata positiva, in termini di offerta, stile, value for money. Alcuni hanno addirittura aperto nuovi segmenti, nei quali prima non erano presenti esperienze: penso al bricolage, allo sport, all’elettronica. Di pari passo si è evoluto anche il consumatore.

Come si evolverà il commercio?
Vedo la possibilità di integrare i canali: incrociare la vendita di alimentare e non food, per esempio. Tutti concordano sul fatto che il presidio fisico non scomparirà. Ma ci saranno evoluzioni: il negozio servirà sempre per attrarre il cliente, che sarà coinvolto dalla promozione online. On e off line diventeranno parti sinergiche dell’esperienza di acquisto.

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