Mark Up 20 anni: intervista esclusiva a Luigi Bordoni

Il ruolo della marca tra complessità ed equilibrio

Mark Up nacque 20 anni fa. Quali i fatti emblematici dell’epoca?
Gli accadimenti di quegli anni, che ricordiamo come importanti sono tre. Il primo è l’arrivo dei discount. Presso le aziende di produzione si creò subito una grande apprensione. La domanda era: quali quote di mercato potrà raggiungere? Vi è la possibilità che si vada verso il modello tedesco, penalizzando gravemente il PdM? Dopo qualche anno, però, le preoccupazioni si ridimensionarono. Devo dire che, visto con il senno del poi, quell’allarmismo oggi può sembrare esagerato, perché nel tempo si è confermata da parte del consumatore italiano l’esigenza di una qualità più elevata rispetto ai mercati del Nord Europa. Non a caso, infatti, le Grandi Marche nel nostro Paese hanno mantenuto una quota straordinariamente elevata nonostante il discount, le private label e la lunghissima crisi che ancora stiamo attraversando.

E qual è il secondo elemento?
Appunto lo sviluppo delle marche dei distributori, che in quegli anni si profilò come problema simile a quello dei discount. Ci si chiedeva come dovesse porsi l’industria di marca rispetto alle pl, sia in termini competitivi sia come opportunità/criticità del produrle. La risposta a queste domande non poteva essere draconiana e aprioristica: va bene o non va bene, perché bisognava calarla nelle singole realtà aziendali. Ancora oggi la perdurante complessità della relazione con il distributore fa sì che tali questioni restino in buona misura attuali. Anche se, come è noto, il fenomeno in Italia continua ad essere contenuto, rispetto a quanto accade negli altri grandi paesi, dove le pl hanno quote all’incirca doppie rispetto all’Italia.

E dopo discount e private label?
Il terzo fu, niente di meno, che il progetto di Centromarca per l’acquisto della catena distributiva GS, messa in vendita a seguito della privatizzazione della Sme da parte del gruppo Iri. La cosa avvenne sempre durante la straordinaria presidenza di Manfredo Manfredi, un capo d’azienda capace di analisi di grande profondità, che ha avuto un ruolo fondamentale nell’affermazione e nello sviluppo di un gruppo come Barilla. Centromarca elaborò un piano di acquisizione della catena, con l’obiettivo anche di esplorare compiutamente le potenzialità della marca. Un progetto basato sul coinvolgimento degli associati, che aveva il supporto di importanti imprenditori italiani e ritenuto sorprendentemente originale dagli headquarter di alcune importanti multinazionali: “C’est la créativité des italiens”, fu il commento della Nestlé a Vevey.

Come mai l’operazione non riuscì?
La vicenda si fece estremamente complessa quando entrarono in scena come pretendenti grandi distributori internazionali, che le nostre imprese non si sentirono di contrastare.

Nel presente quali fatti segnalerebbe?
Oggi il problema è la concentrazione pressoché esclusiva della distribuzione moderna sulla ricerca del prezzo sempre più basso, quindi su un tipo di competizione che genera distruzione di valore. In questo modo si svilisce l’offerta, si frenano l’innovazione e gli investimenti, si blocca la crescita. Per questa strada l’impresa devia rispetto alla propria missione e alla propria fondamentale responsabilità sociale che è quella di creare sviluppo, occupazione e ricchezza. Intendiamoci: l’attenzione al sociale e al grave disagio di ampie fasce della popolazione non può essere certamente elusa; anzi con essa le imprese devono fare necessariamente i conti nell’articolare la propria offerta. Ma è evidente che non c’è “sociale” senza “economia”. È compito della politica e delle istituzioni creare le condizioni di recupero del potere d’acquisto, diminuendo la tassazione sui lavoratori e sui beni di consumo. Non può essere compito nostro, attraverso una politica dei prezzi, che finisce per indebolire, se non compromettere, la stabilità delle imprese, l’occupazione, la capacità d’investimento. Così rischiamo di innescare un circolo vizioso d’impoverimento, anziché quello virtuoso della crescita.

Prospettive future
Come Centromarca rivendichiamo la capacità di cogliere con grande anticipo gli elementi di tipo evolutivo e prospettico. Per questo ci dotiamo dei più avanzati strumenti di analisi e dei migliori consulenti. Tuttavia bisogna riconoscere che, mai prima d’ora, si è manifestata una complessità di questa portata.  Per questo da un lato mi piace citare Seneca, “il vento è sempre favorevole a chi sa dove andare”, ma è anche vero che nelle situazioni di grande complessità è opportuno attenersi nelle previsioni, e quindi nelle scelte di direzione, a “segmenti” piuttosto brevi. Questo dice la teoria dei Sistemi Complessi. Ne deriva che si prospetta, non solo per noi, un percorso decisamente impegnativo, la cui direzione andrà continuamente verificata e messa a punto.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome