Maurizio Martina: “Il Made in Italy agroalimentare è da rilanciare”

Maurizio Martina, titolare Mipaaf (Ministero politiche agricole alimentari e forestali)
Intervista – Il ministero delle politiche agricole elaborerà un piano di azione straordinario in prospettiva strategica a favore del sistema

L'accelerazione che sembra aver preso la politica italiana con il governo Renzi impatta anche sull'agricoltura italiana, da sempre definita strategica, ma mai trattata come tale. Mark Up ha intervistato il ministro Martina per capire qual è il futuro del nostro agroalimentare a medio e lungo termine.

Cominciamo con le prospettive dell'agroalimentare italiano. Quali aspettative per il futuro?

L'agricoltura è un comparto vitale, che in molti casi ha dimostrato una maggiore capacità di innovazione di tanti altri settori e che è stato in grado di far registrare un andamento economico positivo anche in un momento di complessivo arretramento degli indicatori, come gli ultimi dati Istat sul Pil hanno confermato. Le prospettive sono incoraggianti e ci permettono di affrontare le difficili sfide che attendono il settore agricolo nel 2014 con maggiore ottimismo. Un'azione che si dovrà inserire in un complessivo piano d'azione straordinario per i giovani nel settore agroalimentare. Daremo risposte a chi cerca futuro nel nostro Paese in un comparto dove ci sono importanti opportunità e sono convinto che possiamo costruire attorno alla questione giovanile un punto saldo per il rilancio del Paese.

Oggi vi è uno squilibrio fortissimo tra agricoltori e produttori di materie prime e industria di trasformazione. Come si è arrivati a questa situazione?
Il primo grande tema che deve essere affrontato a breve, anche nel settore agroalimentare, è legato al costo del lavoro e ai rapporti di filiera. Bisogna ridurre la discrasia tra quanto viene speso dalle imprese e quanto rimane al lavoratore e quella tra il prezzo del prodotto e il reddito che resta in mano agli agricoltori. Su questo ci giochiamo una partita importante. Per farlo dobbiamo sfruttare anche le possibilità offerte dagli strumenti che abbiamo disposizione, ad esempio, con le misure applicative della nuova Pac e il Collegato agricoltura, dove sono contenute anche norme per la gestione dei rischi per la stabilizzazione dei redditi delle imprese agricole. In particolare verranno incentivati gli strumenti assicurativi e lo sviluppo dei fondi di mutualità per la stabilizzazione dei redditi. È infatti prevista la revisione della normativa in materia regolazione dei mercati con particolare riferimento alle forme di organizzazione, accordi interprofessionali e contratti di organizzazione e vendita.

Parliamo di Made In Italy. Attualmente sono protette solo le denominazioni geografiche. È una situazione accettabile?
Il Made in Italy ha una forza enorme e ciò ha permesso al nostro agroalimentare di diventare “famoso”, di essere amato e apprezzato in tutto il mondo. I nostri prodotti sono ormai entrati stabilmente nell'immaginario collettivo come simboli del mangiar bene. Naturalmente non bastano le sole denominazioni geografiche per difendere le nostre eccellenze. Serve una strategia d'insieme che porti alla valorizzazione e alla promozione dei nostri prodotti, sia sui mercati già noti che su quelli ancora poco esplorati. Abbiamo un formidabile tessuto di piccole e medie imprese che, quando ha sperimentato la vera aggregazione, ha dato vita ad azioni molto efficaci. Noi oggi non abbiamo grandi player nazionali in grado di portarci sui mercati internazionali, bisogna quindi che vengano create le condizioni per spingere in questa direzione. Anche in questo caso nel Collegato agricoltura sono previste misure per agevolare la creazione di reti distributive dei prodotti agroalimentari italiani che favoriranno l'espansione dei prodotti nazionali all'estero.

Quali azioni, interventi, investimenti e facilitazioni sono messi in campo per tutelare i prodotti italiani dall'usurpazione dei pregi dell'italianità - il cosiddetto “Italian sounding” - a fronte delle reiterate richieste del settore?
L'attività degli organismi di controllo sta conducendo, negli ultimi anni, a risultati molto soddisfacenti nella lotta alla contraffazione. L'Italia ha un patrimonio enogastronomico che fa invidia al resto del mondo ed è quindi soggetto al rischio di imitazioni, che danneggiano in modo enorme, anche da un punto di vista economico, il nostro Paese. Oggi siamo riusciti a dotarci di maggiori strumenti per difenderci e tutelarci dall'Italian sounding. Qualche settimana fa, ad esempio, il nostro ispettorato, insieme alle autorità britanniche, ha bloccato la commercializzazione di un olio finto Igp toscano che veniva venduto dai magazzini Harrod's a Londra. Siamo riusciti a raggiungere questo traguardo perché ci siamo battuti in Europa con costanza e impegno per ottenere l'introduzione della protezione “ex officio”. Dobbiamo lavorare anche sul fronte dei Paesi terzi: ci stiamo muovendo a livello diplomatico, e attraverso una maggiore cooperazione delle forze di polizia, per contrastare la contraffazione dei prodotti italiani.

Non ritiene che il Made In Italy nel food debba trovare velocemente un assetto robusto e preciso come nel design e nella moda? Se non riusciamo a produrre materia prima a sufficienza per soddisfare la domanda, come è possibile portare avanti l'idea di eccellenza italiana?
L'Italia ha un modello di sviluppo basato su un sistema che premia la qualità delle produzioni. Non abbiamo e non potremo mai avere, anche per motivi territoriali, un'agricoltura estensiva che permette di ottenere materie prime di ogni tipo. Ma siamo i migliori al mondo nella trasformazione di queste materie. Non abbiamo le stesse disponibilità di tanti altri Paesi, ma è proprio lì che entra in gioco il “saper fare” che contraddistingue i nostri produttori. I livelli di innovazione e modernizzazione raggiunti nel campo agroalimentare ci pongono all'avanguardia, così come è nei numeri la capacità dei produttori di creare valore aggiunto. È lì la vera forza del Made in Italy. Al contempo ritengo sia fondamentale mantenere l'attività agricola sul territorio. Da qui arriveranno molte risposte alle questioni legate alla nostra capacità produttiva. Sono convinto che Expo sarà un'occasione imperdibile per riflettere su questo tema che è cruciale per il futuro del pianeta.

Veniamo all'Expo. Nel concreto, quali
ricadute di business avrà l'Expo 2015 sulla filiera agroalimentare e quali
strumenti sono e saranno messi in atto per ottenerle?

L'Expo sarà una vetrina mondiale di importanza
epocale per il nostro Paese. Ospiteremo per 6 mesi la discussione globale sulla
sfida alimentare del futuro, sarà un'occasione da sfruttare al meglio. Sono
convinto che il tema dell'alimentazione vada sviluppato di più, perché è
attorno ad esso che ruoteranno tutte le questioni, anche geopolitiche, legate
all'immediato futuro. L'agroalimentare ad Expo 2015 deve essere protagonista
assoluto e il mio impegno in questa direzione sarà massimo, così come previsto
dal protocollo per la partecipazione dell'Agroalimentare italiano alla
manifestazione che è già entrato nella sua fase operativa. Un ampio spazio
verrà dato al Padiglione dell'esperienza vitivinicola italiana. Saranno poi
attivati diversi progetti, tra i quali, ad esempio, uno per la valorizzazione
delle start-up nel settore agricolo e agroalimentare individuate dal Ministero
delle politiche agricole. Uno spazio sarà dato anche alla formazione, alle
eccellenze italiane, alla promozione del Made in Italy, oltre a una serie di
eventi dedicati alla promozione delle produzioni nazionali di qualità (DOP), al
biologico e alla promozione di un Marchio identificativo della produzione
nazionale. Sarà importante impostare una collaborazione attiva, tra pubblico e
privato, per rappresentare al meglio il nostro settore che è strategico per
tutto il Paese.

Infine, il tema dell'Expo impone questa
domanda di prospettive e pianificazione: qual è la visione dello sviluppo
agricolo in Italia nei prossimi 10 anni del Mipaaf?

Stiamo lavorando per permettere all'agricoltura
di liberare tutte le potenzialità inespresse che ha. È un settore che può
offrire molto e che può effettivamente rivelarsi centrale nello sviluppo del
sistema economico del nostro Paese. Non è più il tempo per discutere di vecchi
schemi, lo scenario, anche a causa della crisi economica, muta in modo veloce e
profondo. Dobbiamo averne piena consapevolezza e agire di conseguenza
costruendo una visione complessiva nazionale per una strategia del sistema
agroalimentare italiano e dell'intero Paese. Non posso immaginare di fare il
percorso che ho davanti da solo, c'è bisogno del coinvolgimento di tutti gli
attori del comparto. Nell'agroalimentare italiano c'è il meglio
dell'innovazione del Paese e dispiace vedere che quel potenziale si incastra in
dinamiche che impediscono a questa energia di esplodere. Expo dovrà essere
l'occasione per un grande lavoro di squadra che dovrà essere utile all'Italia
per avere un progetto strategico sull'agroalimentare del prossimo decennio.

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