Neiman Marcus, una delle storiche catene di grandi magazzini americani (quest'anno compie un secolo), retrocede dal progettato sbarco in Borsa. Una delle ragioni è il calo delle vendite previsto anche per il 2017

I grandi magazzini di lusso Neiman Marcus fanno marcia indietro: non andranno più in Borsa, almeno per il momento. Le condizioni di mercato sono sfavorevoli, e non solo Neiman a dolersi della congiuntura: basta ricordare che il concorrente Macy's si appresta a chiudere un centinaio di negozi dichiarando circa 10.000 esuberi. Tra novembre e dicembre 2016 le vendite di Macy's a periodi comparabili sono diminuite del 2,1%. Per tutto il 2016 è atteso un calo tra -2,5% e -3%. L'utile dovrebbe collocarsi fra 2,95 e 3,10 dollari ad azione, dal precedente range stimato di 3,15-3,40 dollari.
Quando a Neiman Marcus, proprietario anche dell'insegna Bergdorf Goodman e della piattaforma e-commerce di moda mytheresa.com, aveva presentato a Sec (la Consob americana) una richiesta per l'Ipo nell'agosto dell'anno scorso. Non era il primo tentativo, da quando Neiman era diventato privato, nel 2005. L'obiettivo principale era la creazione di liquidità destinata anche ad abbattere una quota dell'indebitamento.
Da tre anni i proprietari del gruppo di department store sono i fondi di private equity Ares Management e Canada Pension Plan Investment Board.

Neiman Torta
Come si evince dal grafico a torta, il 60% dei ricavi di Neiman Marcus sono prodotte dalla vendita di abbigliamento donna (Women's apparel 32%) e accessori donna (Women's Shoes, Handbags and Accessories, 28%) che includono appunto calzature, borse, e accessori.

Nel bilancio del primo trimestre fiscale pubblicato a metà dicembre il gruppo di Dallas ha riportato ricavi pari a 1,08 miliardi di dollari, meno 7,4% rispetto allo stesso periodo 2015. A periodi comparabili la flessione è stata dell'8%. La perdita netta è più che raddoppiata da 10,5 a 23,5 milioni di dollari.
Nell'esercizio 2016 terminato il 30 luglio il giro d'affari è sceso a 4,95 miliardi di dollari (-2,9% e -4,1% a periodi comparabili). Le voci straordinarie hanno comportato una perdita annuale di 406,1 milioni, un bel buco rispetto al rosso di 14,9 milioni dell'anno prima.

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