Occorre costruire un nuovo valore percepito per la frutta e la verdura

Cristina Lazzati, direttore responsabile di Mark Up e Gdoweek

“Le verdure fanno bene”, “una mela al giorno toglie il medico di torno”, “mangia più frutta!” ... Signori, se questa fosse una campagna di marketing, la bocciatura sarebbe istantanea. Eppure questi mantra, che connotano molte conversazioni tra madri e figli, trovano eco un po’ ovunque: in campagne di promozione per una sana alimentazione, a scuola, su libri e giornali e, man mano che si cresce, ecco che rispuntano con altre parole e in altri contesti, ma con il medesimo vissuto punitivo: “Sono a dieta: mangio solo insalata e verdure” oppure “Bistecchina e spinaci. Ordine del medico”. Insomma la nostra ridente campagna, le bancarelle colorate di un mercato o gli scaffali ridondanti di colori, sulla tavola si trasformano per una sorta di stregoneria e diventano punizione, medicina.
È arrivato il tempo di liberare l’ortofrutta da questo maleficio: è ormai palese che renderla “obbligatoria”, non ne aumenti il consumo, anzi!
Mai come oggi piacciono i prodotti che hanno una storia, ma in passato lo storytelling di un brand era sognante, fiabesco: mondi incantati, famiglie dalla chioma bionda che correvano per campi di grano. Oggi il consumatore non apprezza più così tanto la fiaba, ma è intrigato dai reality, preferisce dare una faccia al prodotto, tanto più se un prodotto viene dalla terra. Più che dalla storia, è intrigato dalla geografia: da dove arriva, che strada ha fatto, dove è stato prima di arrivare nelle sue mani. È altresì necessario aiutarlo, questo consumatore, a ritrovare la via del gusto, anche nell’ortofrutta.
E mai momento fu più favorevole di questo (oggi
davanti alla tv ci sentiamo tutti un po’ più chef): aiutiamolo a imparare a cucinarle queste benedette verdure, diamogli un appiglio per metterle in tavola come si deve. Qualcuno lo sta facendo e anche bene, il mondo dell’ortofrutta oggi sta vivendo una prima rinascita grazie all’online, che racconta di cascine, che consegna a casa e che ha riportato i suoi profumi nelle nostre cucine; in alcuni punti di vendita di qualche catena sono nominati i produttori e in alcuni casi sono persino fotografati, ma non basta.
Torniamo a produrre qualità, torniamo a dare servizio, altrimenti si verrà risucchiati da quello che è ormai un girone infernale: la guerra sul prezzo e, se in altri settori il consumatore  “gode” di questo e la deflazione presente non lo affligge granché quando compra a metà prezzo, nell’ortofrutta si sta ponendo al contrario qualche domanda: annusa sospettoso prima di comprare, osserva con apprensione quel pomodoro dimenticato in frigorifero e, dopo un mese, ritrovato intatto come lo si era lasciato.
Non confondiamo i nostri clienti, garanzia e qualità devono riguardare tutto l’assortimento e in particolare l’ortofrutta che oltre “a far bene” deve essere anche buona.
Banale, ma non scontato.

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