Personalizzato e digitale. Ecco il futuro del retail

Dai pagamenti elettronici alla possibilità di interagire nella customer journey ben oltre l’attività di vendita. La visione di The Boston Consulting Group (da Mark Up n. 273)

Il mondo retail sta subendo il cambiamento da diversi anni con una velocità che non accenna a diminuire. L’evoluzione tecnologica sempre più pervasiva deve confrontarsi con un consumatore connesso h24 che pretende soluzioni secondo un nuovo paradigma, quello digitale, che ha ormai fatto proprio. Rispetto a questi temi, The Boston Consulting Group ha una vision precisa. Mark Up ha incontrato Alessio Agostinelli, partner & managing director di The Boston Consulting Group.

In quale direzione dovrebbe evolvere il retail in Italia?

Rispetto al consumatore, il tema dei pagamenti è uno dei più importanti per il retail. In Italia il settore commerciale è rimasto indietro rispetto ai Paesi più evoluti. Inizialmente si imputava la causa alla scarsa diffusione della connettività, della larga banda, ma il nostro Paese ha un numero di utenti mobili che in percentuale supera gli altri paesi. Inoltre è proprio dagli utenti mobili che può venire una spinta all’evoluzione, che smuova i retailer nostrani da un certo immobilismo.

Più in dettagli attraverso quali fattori?

In primis i pagamenti elettronici. Per il consumatore diventa importante portare le modalità che ha assimilato online nel punto di vendita fisico. A questo si aggiunge, come ormai acquisito a livello concettuale, una vera politica omnichannel e personalizzata. Oggi i nostri retailer utilizzano le carte fedeltà che hanno un livello di personalizzazione davvero limitato.

Ma fino a che punto spingere l’interazione?

Fino ad instaurare un’interazione continua e personalizzata. Un esempio da prendere come best practice è quello di Starbucks. L’azienda è riuscita a sviluppare un sistema di personalizzazione su base individuale e in tempo reale attraverso l’uso di algoritmi di machine learning e agli analytics. Grazie a numerose fonti di dati, come le transazioni in negozio, la geolocalizzazione e la propria app, Starbucks è in grado oggi di disegnare sul cliente l’offerta (sia in termini di prodotti abituali e occasionali che di nuovi prodotti di potenziale interesse), il targeting e la comunicazione, e di rafforzare la strategia di retention. Le azioni di marketing personalizzate, infatti, non per forza devono essere finalizzate alla vendita immediata, ma possono essere erogate in ottica client retention.

Oltre Starbucks?

La compagnia aerea australiana Quantas ha lavorato in questi anni per costruire un sistema di fidelizzazione in grado di ingaggiare i clienti nei diversi momenti della loro customer journey. L’interazione che si instaura diventa quasi un assistant per il cliente che ne riconosce il valore e ne conserva la presenza. L’acquisto è una parte fondamentale ma è un di cui dell’intera relazione.

Passiamo ai retailer fisici italiani. Quali le prospettive?

Grazie all’elevato grado di capillarità, in Italia i negozi fisici offrono un presidio di servizio che ha un valore rilevante rispetto ai diversi canali di vendita. Così per il consumatore diventa molto facile uscire di casa e andare a fare la spesa poco distante. Per i settori merceologici maggiormente attaccati dall’online, vale il coinvolgimento nel punto di vendita fisico a fare da contraltare.

E rispetto all’offerta, quali le prospettive evolutive?

Sicuramente lo sviluppo della marca privata con i dovuti distinguo rispetto ai diversi settori merceologici. Per esempio, nel grocery, vi sono diverse categorie in cui la marca privata può creare valore. In questo caso con marca privata si intende anche un brand di fantasia che può diventare molto rilevante. Un punto di riferimento nel settore è Mercadona, che negli ultimi quindici anni ha guadagnato un forte vantaggio competitivo grazie a prodotti di marca propria, cambiando il modello da supply-driven a demand-driven, per incontrare i bisogni della clientela. In totale, introduce da 30 a 50 nuovi prodotti alla settimana, garantendo assortimenti sempre nuovi e diversificati, e sviluppa marchi individuali per categorie di prodotto, come Bosque Verde (prodotti per la pulizia), Deliplus (cosmetici e prodotti di bellezza) e Hacendado (prodotti confezionati).

Il mercato è sempre più competitivo e le strategie espansive più difficoltose da attuarsi. Quali le valutazioni a questo punto di vista?

L’apertura di nuovi punti di vendita fisici può essere costosa e con ritorni bassi. Il percorso in alcuni ambiti dovrebbe essere di consolidamento per aumentare la scala e conseguire efficienze di costo. Se pensiamo all’Italia, resta sempre fondamentale il tema del franchising: una leva di crescita veloce e finanziariamente meno onerosa. Resta comunque fondamentale rilanciare la spinta dell’innovazione, anche di formato, a cui in Italia abbiamo assistito solo in rari casi.

Le sfide per il retailing in Italia e nel resto delle economie sviluppate sono estremamente complesse. Per affrontarle, i retailer devono mettere in campo competenze fino a ieri non necessarie. Come affrontare la situazione?

Il problema delle competenze è un punto dolente.

A livello gestionale, in Italia siamo molto indietro anche se abbiamo qualche eccezione che rappresenta il nostro fiore all’occhiello. Tuttavia, costruire un’offerta personalizzata, un assortimento completo ed esteso, una omnicanalità reale ed efficace in cui l’engagement è effettivamente un fattore chiave, non è una missione semplice. Soprattutto per un settore che non ha innovato molto negli ultimi decenni.

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