Quelle esternalità negative e il consumo responsabile

Esperti – Il marketing per esplorare nuove vie d’innovazione è sempre più interessato a capire cosa succede al prodotto dopo l'acquisto. (Da MARK UP 189)

1.
Il consumatore
è sempre buono

2. Dall'atto di acquisto alle pratiche
di consumo


Chiunque abbia letto un testo introduttivo di economia, prima o poi si è imbattuto in un capitolo (più spesso in un breve paragrafo) sui fallimenti del mercato: monopolio, esternalità negative (danni arrecati a terzi che non vengono risarciti e non si riflettono nei prezzi) e asimmetrie informative. Del monopolio si occupa un'istituzione creata a questo scopo, l'Antitrust; sulle esternalità negative intervengono, in particolare, i movimenti ambientalisti, mentre il movimento consumerista si fa difensore delle asimmetrie informative fra imprese e consumatori, che possono portare le prime a non rispettare i secondi. Un movimento che dunque difende il consumatore in quanto possibile vittima di comportamenti scorretti da parte delle imprese. Nel tempo il consumerismo si è consolidato e anche in un paese come il nostro, dove è nato tardi, ha finito per condizionare il modo in cui consideriamo il consumatore e il suo ruolo nel sistema economico: il consumatore è la persona che acquista i beni e servizi prodotti e in questo scambio è la parte debole, quella che rischia, appunto, di diventare vittima di imprese poco oneste. Semplificando, il consumatore è per definizione buono, perché inerme, e il consumo è costituito da singoli oggetti o prestazioni.
Questo modo di pensare ha il vantaggio della semplicità ed è stato utile per un lungo periodo, ma oggi necessita di qualche integrazione. Considerare ancora il consumo con riferimento a singoli oggetti/beni, o prestazioni/servizi lascia in ombra tutto ciò che succede dopo che beni e servizi sono stati acquistati. I prodotti che abbiamo ottenuto contribuiscono a soddisfare i nostri bisogni solo se manipolati e combinati con altri. Detto altrimenti, il consumo è un processo che utilizzando input che ci procuriamo sul mercato e il nostro stesso lavoro, porta alla soddisfazione di un bisogno. È costituito, in una dimensione molto micro, da processi produttivi di cui sono responsabili singoli o gruppi di individui. Compriamo, per esempio, beni alimentari, li lavoriamo in modo più o meno complesso e produciamo “servizi di ristorazione domestici”.

Il consumatore come piccolo produttore
Il consumatore è quindi anche un piccolo produttore, una piccola impresa artigiana che produce ciò che gli è necessario per vivere. È una prospettiva ormai comune alla ricerca di marketing che per esplorare nuove vie d'innovazione è sempre più interessata a capire cosa succede al prodotto quando viene usato da chi lo ha acquistato, portando a parlare sempre più spesso di “pratiche di consumo”, appunto questi processi e le loro connotazioni sociali.
Se è vero che i consumatori sono a loro volta piccoli produttori, anche a loro si applicano i fallimenti del mercato. Non il monopolio, ovviamente, né la possibilità di giocare su asimmetrie informative, visto che produttore e consumatore coincidono, ma esternalità negative sì. Il consumo responsabile non è altro che questo: l'aderire a comportamenti che non scaricano parte dei costi dei nostri processi di produzione domestica sugli altri. È venuto il momento di considerare i consumatori senza dare per scontato che essi siano per definizione buoni, potenziali vittime degli inganni delle imprese. Sono piccoli artigiani che con i loro micro comportamenti, se considerati con riferimento a milioni di individui, portano a effetti altrettanto rilevanti di quelli generati dalle imprese. Per quanto complessa e politicamente difficile, la contabilizzazione, e la sanzione, delle esternalità negative del consumo è ormai ineludibile.

*TradeLab


Originale l'iniziativa dell'amministrazione comunale di Tradate (Va) che ha deciso di abbellire una costruzione abbandonata riempiendola di sacchetti della spazzatura dall'interno fin sulla strada antistante, a testimoniare
il degrado che può scaturire dal non attuare un serio riciclo dei rifiuti. Lo scopo è fare riflettere la popolazione incentivandola alla raccolta differenziata: con l'obiettivo di superare la soglia del 60%.

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