Rapporto Censis-Conad: se gli influencer sono i nuovi miti dei consumi

Milano, 08.02.2019. L'incontro "Miti dei consumi, consumo dei miti. L'immaginario collettivo motore di benessere e crescita economica con: Francesco Maietta, Marco Bentivogli, Mauro Federzoni, Francesco Mutti, Francesco Pugliese, Massimiliano Valerii, Matteo Zoppas e Sebastiano Barisoni.
Identikit di un Paese dove i consumi non decollano, complice un immaginario basato sulla "paura della perdita", dove la politica (inefficace e priva di visione) e le imprese non risultano depositarie della fiducia

Analisi di un Paese che dopo la crisi economica del 2008 si è fatto debole, chiuso e regressivo, dando vita a un immaginario collettivo tutt'altro che favorevole alla crescita e allo sviluppo dei consumi. Da questa urgenza di ricostruzione di riferimenti positivi parte il progetto Censis-Conad presentato a settembre 2018 e che ora si appresta ad entrare nel vivo dell'azione.

A tracciare un primo quadro, aprendo il dibattito sul tema, è stato il rapporto Censis-Conad "Il mito dei consumi, il consumo dei miti", presentato e commentato l'8 febbraio 2019 da un parterre di livello del mondo della gdo e del largo consumo italiani.

L’indagine, partendo dall’analisi dei trend di acquisto degli ultimi anni, ha analizzato le motivazioni e i sentimenti che guidano le nuove scelte di consumo. Dai risultati emerge come gli italiani, in questo senso, oscillino tra eccesso di individualismo e attenzione ai valori. A fare da driver della crescita sono infatti segmenti ormai noti come bio, freefrom, arricchiti, integratori.

Il contesto, tuttavia, è quello di consumi che non decollano all'interno di una società dove istituzioni e imprese sono stati scalzati nel loro ruolo di riferimento e guida da figure come gli influencer. Una tendenza piuttosto emblematica e significativa. Il sentiment generale è a ribasso, come rileva Francesco Mutti, presidente di Centromarca: "Negli anni Sessanta il desiderio di avere di più era il driver di crescita, oggi è la paura di perdere ciò che si ha che guida l’economia".

E dalla politica non arrivano segnali positivi secondo gli imprenditori presenti. Come rileva Matteo Zoppas, presidente Confindustria Veneto:

Mi preoccupa che siano figure come gli influencer i miti riconosciuti dall'opinione pubblica, soprattutto giovanile, piuttosto che chi crea lavoro, sviluppo, occupazione, know how e quotidianamente rinnova il made in Italy. Ancora di più preoccupa che non ci sia la volontà politica di riconoscere il momento estremamente critico che stiamo attraversando e che anzi questo diventi un alibi per non intervenire con urgenza nei modi richiesti dalla dimensione del problema, certificato dai dati macroeconomici negativi giunti sia ieri (le stime Ue sul Pil) che oggi (la caduta della produzione industriale di dicembre).  In ottica più generale, manca la capacità politica di guardare al medio-lungo termine, di fornire le condizioni minime che permettano di realizzare sogni e aspirazioni, che sono il vero motore di un Paese. L'attuale compagine governativa, per la natura stessa di come si è venuta a creare la maggioranza, ha le mani legate ed é più concentrata sulle prossime elezioni che su cosa vogliamo essere tra 5/10 anni.  Quando c'è una visione di lungo termine la gente si proietta sul futuro e riacquista fiducia. Manca un vero piano industriale. Oggi è a rischio il nostro Made in Italy, un patrimonio costruito grazie ad una classe imprenditoriale lungimirante il cui coraggio dobbiamo ricominciare ad imitare. Una manovra di stampo "assistenzialista" non può funzionare meglio di un Piano di incentivi economici quale è stato Industria 4.0, con la sua leva di moltiplicatore. Quando abbiamo attaccato il Decreto Dignità siamo stati insultati e accusati di disfattismo ma oggi i nodi cominciano a venire al pettine. Se nonostante le zavorre siamo ancora nelle prime 10 economie mondiali vuol dire che la nostra capacità imprenditoriale è forte ma va tutelata perché stiamo perdendo vantaggio rispetto ai competitor internazionali. Gli imprenditori chiedono rispetto per il proprio lavoro; non siamo opposizione ma una categoria che si vuole porre a fianco del governo in maniera costruttiva. Abbiamo bisogno di certezza delle norme e del diritto e soprattutto che l'impresa e il lavoro vengano rimessi al centro delle politiche economiche, perché è il solo modo per creare sviluppo e occupazione con effetti strutturali.

 

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