Relazione tra volumi e prezzi: una questione di lettura

Esperti – La business community sovrastima l’effettiva elasticità alle variazioni di prezzo della domanda dei consumatori legittimando così una caotica guerra degli sconti. (Da MARK UP 186)

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1. Conclusioni erronee sulla reattività delle vendite ai prezzi

Essendo lei un lettore di questa rubrica, caro GM, cercherò di completare il ragionamento iniziato assieme sul Freccia Rossa. Scopersi, infatti, non senza “raccapriccio” che lei fa ancora uso di una esecrabile rappresentazione della relazione tra volumi-prezzi, pressappoco come quella illustrata nella figura 1. Le feci notare che da una lettura errata dei dati aggregati si può giungere a conclusioni erronee circa la reattività delle vendite ai prezzi. Diminuire i prezzi per ravvivare una domanda neghittosa sembra una soluzione inoppugnabile. Eppure le dimostrerò che non è così, richiamando allo scopo alcuni semplici concetti di microeconomia. Ne deduco, insomma, che la business community sovrastima l’effettiva elasticità alle variazioni di prezzo della domanda dei consumatori legittimando così una caotica guerra degli sconti.

L’intesa è essenziale

Prima di mettere in relazione i volumi con i prezzi bisogna però intendersi bene. Che prezzi scegliamo? Quelli relativi? E su che arco temporale? Quelli comprensivi delle promozioni? E quali volumi? Le vendite per punto di ponderata o quelle assolute? O le quote di mercato? Non sono domande oziose. Ricordi che se non si prendono i valori assoluti la disomogeneità degli assortimenti nelle insegne e nei negozi osservati distorce tutti i dati. D’altra parte usare quelli assoluti è illogico poiché si ipotizza l’assenza di ogni effetto di sostituzione. Ciò detto costruire un grafico che unisce i punti (volumi e prezzi) rilevati in singoli negozi non fornisce una curva della domanda di cui misurare l’elasticità. Questi punti derivano dall’incrocio di tante curve di domanda e di offerta tutte diverse. Le vendite totali di un negozio dipendono dal numero di clienti frequentanti o parco; dalla frequenza degli acquisti; dall’entità di ogni acquisto. Si tratta di caratteristiche strutturali tipiche delle località e delle insegne. Queste curve non colgono il comportamento di un astratto consumatore, ma solo l’efficienza distributiva dei vari pdv! Un supermercato di 800 mq anche se adotta un prezzo sempre più basso non venderà mai come un supermercato di 1.800 mq poiché il suo parco ha un limite e anche la sua capacità logistica non riuscirebbe a soddisfare questa domanda. La sua curva D1 sarà quasi sempre più a sinistra delle altre. L’interpolante risulta in effetti più piatta di quelle dei singoli negozi e porta a ritenere che gli effetti dei decrementi di prezzo siano più rilevanti di quanto siano in realtà… come si dimostra nella figura 2. Tuttavia nel prossimo articolo le dimostrerò che le reazioni della domanda ai prezzi non sono neppure quelle delle curve D1, D2 e D3. Ma ogni cosa a suo tempo.


Allegati

186-MKUP-Tirelli
di Daniele Tirelli / marzo 2010

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