Revisione della riforma del titolo V della Costituzione, liberalizzazioni e commercio

La revisione della riforma del titolo V della Costituzione è un'occasione per chiarire i confini delle competenze fra stato e regioni anche in un'area, quella della pianificazione territoriale, che incide profondamente sulla concorrenza delle attività commerciali.

La revisione della riforma del titolo V della Costituzione, appena iniziata, e un’occasione importante per intervenire non solo sui grandi temi che giustificano la cosiddetta “clausola di supremazia” a favore dello stato, a garanzia dell’unità del Paese, ma anche per fare chiarezza dove la sovrapposizione di competenze fra stato e regioni è più sottile e il potenziale contenzioso più difficile da risolvere ex-ante.
Molte liberalizzazioni dipendono dalla soluzione che si daranno a queste seconde fattispecie e certamente quella che riguardano il commercio.Dopo la riforma del 1998, la liberalizzazione delle attività commerciali discende principalmente da due interventi principali, la “lenzuolata” di Bersani del 2006 (d.l. 223/2006, convertito nella l. 248/2006), e il decreto Salva Italia del dicembre del 2011 (d.l. 201/2011, convertito nella l. 214/2011).
Con il primo, lo stato ha rivendicato la sua competenza esclusiva nella tutela della concorrenza, elencando una serie di vincoli che le norme regionali devono rispettare.
Con il secondo, all’elenco del 2006 è stato aggiunto un ulteriore punto, la liberta degli orari di apertura, ed è stato definito il divieto di condizionare i nuovi esercizi commerciali a contingenti, limiti territoriali o altri vincoli che non discendano dalla pianificazione urbanistica (art. 31). Inoltre, questione centrale per il commercio, dove vige da sempre l’autorizzazione per nuove medie e grandi superfici di vendita, è stato fatto un generale richiamo alla necessità che regimi autorizzativi siano giustificati da un rilevante interesse generale e rispettino il principio di proporzionalità (art. 34). In sostanza, la regolamentazione regionale è stata ridefinita entro i confini della pianificazione territoriale, una competenza da sempre locale. Tutto sembrerebbe essere andato per il meglio, se non fosse che la pianificazione territoriale offre infinite possibilità per fare rientrare dalla finestra ciò che è stato chiuso fuori dalla porta. Molte regioni ne hanno subito approfittato, inserendo limitazioni alla localizzazione di medie e grandi superfici e stabilendo valutazioni d’impatto assai difficili da superare per le grandi, dove “grandi” è spesso inteso in termini molto restrittivi.
Inoltre, non è stata prestata alcuna considerazione al richiamo al principio di proporzionalità nei processi di autorizzazione. Come invece andava fatto per quelle di livello comunale, oggi richieste alle medie superfici. Poiché esse possono insediarsi solo su aree a uso commerciale, se tali aree sono state previste in sede di pianificazione urbanistica si deve presumere che il comune interessato ne abbia già verificato la compatibilità: perché un’autorizzazione aggiuntiva? Le regole stabilite del decreto Salva Italia, vanno dunque rafforzate, rendendo esplicito il principio che tutti i nuovi insediamenti commerciali che non abbiano implicazioni di area vasta debbano rispettare solo i vincoli posti dagli strumenti urbanistici di livello comunale, senza alcuna autorizzazione.
Inoltre, le procedure amministrative che ogni regione si è inventata, vanno uniformate e coordinate, visto che nulla hanno a che fare con il principio della sussidiarietà, e si trasformano in costi e indirette barriere all’entrata per le imprese. E’ un coordinamento amministrativo che, in materia commerciale come in molte altre, potrebbe essere demandato alle stese regioni, fatta salva la surroga dello stato se non viene fatto in tempi certi. Nel commercio, ma non solo, se non si uniformano le regolamentazioni che si sono moltiplicate in questi anni, non si riuscirà mai a ridurre i costi della burocrazia per le imprese e la discrezionalità interessata di chi è responsabile della loro applicazione.
La possibilità di rendere effettivi i progressi pur fatti in tema di liberalizzazioni dipende dalla soluzione di questi problemi.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome