Speciale grocery – L’acqua minerale cerca di valorizzare la marca

Articolo pubblicato su MARK UP 133 ottobre 2005 – L’intensificarsi delle azioni promozionali e l’aumento dei costi influiscono sui conti economici delle aziende

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Con 11 miliardi di litri nel 2004 l’Italia è il principale produttore di acqua minerale in Europa. I volumi sono costantemente in aumento dagli anni ’80 e hanno raggiunto il picco di 11,5 miliardi di litri nel 2003: negli ultimi dieci anni sono cresciuti del 41%. Il passaggio da prodotto status symbol o con valenze terapeutiche a servizio sostitutivo dell’acqua di rubinetto ha creato un mercato enorme. A dispetto delle campagne di comunicazione di alcuni acquedotti e scandaletti o polemiche sulla legislazione (riguardo ai limiti fissati per la composizione dei diversi tipi di acqua) che hanno coinvolto le acque minerali negli ultimi anni, il consumo sembra solidamente radicato nelle abitudini nazionali, tanto che anche nuove categorie come le acque di sorgente e le acque da tavola hanno avuto finora un impatto minimo sul mercato (vedi anche l’andamento al di sotto delle attese di Acqua Parmalat).
Il mercato delle acque minerali è influenzabile quasi esclusivamente da fattori contingenti. È quello che è accaduto l’anno scorso quando la produzione è diminuita del 4,3% e il consumo del 2,4%. La riduzione dei consumi delle famiglie (anche se in generale l’acqua minerale non è tra le categorie penalizzate dalla congiuntura economica), il calo del turismo che ha influito in particolare nell’horeca e soprattutto il clima meno caldo rispetto al 2003 spiegano la contrazione della domanda interna che è comunque cresciuta del 5,6% sul 2002 ed evidenzia un trend positivo anche nei primi mesi di quest’anno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Il fenomeno acqua minerale è legato a diversi fattori: il principale è la sfiducia sedimentata nell’utente verso l’acqua di rubinetto per un consumo diretto, gli altri derivano dall’evoluzione del mercato e dalle strategie delle aziende. L’innovazione fondamentale dei contenitori in plastica e la crescita del trade moderno hanno cambiato strutturalmente il mercato promuovendo a dismisura il consumo familiare (nel canale alimentare la plastica rappresenta il 99% dei volumi, il formato prevalente è la bottiglia da 1,5 litri con il 73% seguita dal 2 litri con il 24%) e la segmentazione del business, l’aggressività pubblicitaria dei principali player ha costruito posizionamenti solidi e aggiunto valenze alla funzione d’uso primaria di dissetante. Il rovescio della medaglia è costituito dall’estrema banalizzazione di una larga fetta dei consumi che è d’altra parte proporzionale allo sviluppo dei volumi, mentre alcuni marchi hanno ottenuto attraverso la comunicazione, anziché dall’innovazione di prodotto (in verità piuttosto scarsa), posizionamenti differenzianti.

Strategie per la Gda
Promozioni in crescita, prezzi in calo, competizione orizzontale accentuata. Bene le private label

La congiuntura dell’anno scorso ha toccato anche il canale moderno che ha visto le vendite scendere del 6% in volume e del 7% in valore, un dato notevolmente superiore a quello stimato da Mineracqua per il consumo totale. La risposta a questa contrazione è stata un utilizzo ancora maggiore della leva promozionale che coinvolge anche le marche più note (la pressione promozionale è stata nell’ultimo anno del 22% e raggiunge le punte più elevate nell’acqua piatta). Il prezzo medio di tutte le tipologie di acqua è sceso ulteriormente e si è accentuata la connotazione di categoria strategica per la Gda nella competizione orizzontale.
In questo contesto i segmenti dell’offerta che hanno mostrato le migliori performance o meglio il trend meno negativo rispetto al 2003, e in alcuni casi leggermente positivo, sono stati quelli delle marche convenienti e delle private label. Nelle superfici moderne la prima marca in volume rimane d’altra parte Guizza, seguita da Levissima. La contingenza sfavorevole, unitamente all’aumento dei costi delle materie prime, di produzione e di trasporto, hanno influito sui conti economici delle aziende in uno scenario già di per sé molto competitivo, pur rimanendo quello dell’acqua minerale un business con una redditività sopra la media considerando anche le basse tariffe per la concessione delle fonti.
In questa situazione è già un successo mantenere i volumi in un mercato caratterizzato da una forte infedeltà alla marca, generata sia dalla pressione promozionale di distributori e aziende (Vera ha per esempio operato di recente un taglio prezzo del 25%) sia dai contributi concessi alla Gda che influenzano la visibilità dei diversi marchi sugli scaffali.
Da questa logica competitiva escono parzialmente premium price con forti e tradizionali valenze salutistiche, come Sangemini e Fiuggi, o comunque con un positioning elevato come Evian, e acque che attraverso la comunicazione hanno costruito una forte identità di marca e valorizzato il brand (è il caso di Uliveto e Rocchetta o dell’iposodica Danone Vitasnella). Le marche con un posizionamento differenziante possono risentire meno del fattore stagionalità ma sono altresì più penalizzate da una minor disponibilità alla spesa del consumatore.
A uno sguardo generale il mercato appare stratificato in base a target di consumo (specificità dei prodotti) e variabili socio-economiche. E sotto il profilo dell’offerta si può schematicamente suddividere tra numerose marche di elevata notorietà e primi prezzi/marche locali.
Diversi fattori come promozioni, investimenti pubblicitari, politiche commerciali aggressive o condizioni congiunturali possono spostare i volumi nel mercato globale o all’interno delle diverse fasce di prezzo; un caso significativo è per esempio quello di Italaquae che a fronte di un calo di marche nazionali come Ferrarelle ha visto un forte incremento del marchio Santagata con un posizionamento più conveniente.
Detto ciò, i maggiori gruppi, che sono anche naturalmente i top spender delle acque minerali, mantengono una quota predominante, soprattutto in termini di valore, abbastanza stabile nel tempo.
Nel canale moderno Nestlé-San Pellegrino ha circa il 28% in valore (23% in volume), seguito da Cogedi con il 14% (oltre il 9% in volume), San Benedetto con l’11,5% in valore e il 15% in volume e Italaquae con poco più dell’11% in valore (società passata di recente a Lgr Holding e che ha, oltre a marchi storici come Ferrarelle e Boario, la licenza di Vitasnella e la distribuzione esclusiva di Evian).
Un altro 7-8% in valore è appannaggio di Sangemini e Lete mentre con quote minori si collocano Monticchio Gaudaniello e Spumador Fonte S. Antonio che raggiungono comunque insieme il 4-5% in volume.
Le private label totalizzano una quota a valore del 7% e rappresentano probabilmente la principale minaccia per i prodotti di marca.

Allegati

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