Tendenze & Scenari – Non più solo riso, ma anche ricerca di diversificazione e innovazione

Articolo pubblicato su MARK UP 133 ottobre 2005 – Gestione Category

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Esistono derrate alimentari in cui il prodotto è la merceologia con le sue varietà agronomiche e nulla più. Ne esistono altre in cui la strategia delle imprese ha condotto a mercati brandizzati con differenziazioni legate essenzialmente ai valori della marca più che del prodotto. Il riso è indiscutibilmente una derrata alimentare con prezzi legati all’andamento della produzione, della climatologia, al cambio tra monete; una derrata per cui i tradizionali mercuriali hanno ancora una rilevanza importante per gli scambi sul mercato, tra produttori e grossisti, tra importatori e confezionatori. Le imprese del settore, almeno alcune, sono riuscite però a fare quella “magia” per cui lo zucchero è zucchero, la carne è carne, mentre il riso è Riso Gallo, che è differente dal riso Scotti o dal riso Flora oppure da Uncle’s Ben. Tanto di cappello. è relativamente facile attribuire una marca a un prodotto elaborato, perché la marca è il nome dell’approccio metodologico, della tecnologia utilizzata, della destinazione d’uso e del target che, attraverso il processo industriale, si vuole dare al prodotto. Molto più complesso è caratterizzare una derrata alimentare di prima trasformazione con una marca.

Le reinvenzione
Non ci si deve quindi stupire che, negli ultimi anni, il settore si sia reinventato. Nel momento in cui i consumi si sono arrestati e la contingenza economica ha accresciuto la concorrenzialità di prezzo, le principali imprese del settore hanno visto indebolirsi il proprio posizionamento competitivo a favore dell’area della convenienza e della marca propria. Da allora è partito il rilancio dell’estensione di gamma grazie all’innovazione di prodotto e al rafforzamento della politica di marca per poter reggere prodotti anche molto lontani dal core business. Il riso è il motore dell’innovazione (sul piano del marketing è l’elemento caratterizzante e unificante delle nuove famiglie di prodotti), ma le funzioni d’uso cui si va incontro sono le più disparate: dal condimento agli snack dolci salati, dai piatti pronti a quelli sempre più veloci. Il tutto sorretto da pesanti investimenti in comunicazione.

I problemi
Ciò crea al trade grossi problemi di politica assortimentale. Gli spazi sono quelli che sono. Questi prodotti presentano elevate redditività, ma non sono certo mercati enormi. L’industria è pronta a pagare per acquistare lineari e allocation privilegiate. Il trade non sa come e dove allocare i nuovi prodotti. O meglio lo sa (la funzione d’uso, la rotazione e la redditività sono i criteri base per decidere strutture assortimentali, spazi e allocation), ma si fa tentare dai contributi che determinano il secondo livello della marginalità. Spesso si arriva a costruire display drogati, che possono sì essere utili in una fase iniziale d’introduzione dei prodotti, ma che generano anche confusione. Elemento quest’ultimo che, nel medio periodo, potrebbe avere effetti negativi sulle nuove categorie.

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