TTIP per l’abbattimento delle barriere non tariffarie

di Paolo De Castro
@paolodecastro

Si discute spesso delle prospettive di crescita del settore agroalimentare italiano sui mercati esteri, che anno dopo anno apprezzano e chiedono sempre più le nostre eccellenze. Il negoziato di libero scambio tra Unione europea e Stati Uniti (Ttip-Transatlantic trade and investment partnership) è un passaggio cruciale per concretizzare questi obiettivi di espansione che, in un periodo storico contraddistinto dalla crisi sommata a un calo strutturale dei consumi interni, può fare la differenza.
La rimozione degli ostacoli al commercio e agli investimenti che attualmente caratterizza larga parte delle relazioni tra Ue e Usa creerebbe di fatto la più vasta area di scambi economici in cui il settore agroalimentare europeo ricoprirebbe una centralità strategica. Nonostante si tratti dei due maggiori player dell’agroalimentare mondiale, solo l’8% delle importazioni agroalimentari Ue proviene dagli Stati Uniti, mentre le esportazioni Ue oltreoceano pesano per il 13% del totale. Se da un lato si tratta di volumi ancora (troppo) marginali in termini di scambi commerciali, dall’altro le opportunità di crescita sono notevoli. Le dinamiche degli ultimi anni indicano proprio come il ruolo dell’Europa negli scambi con gli Usa sia cresciuto rapidamente, soprattutto sul versante delle esportazioni.

Il livello degli scambi
Per la parte agricola è rimasto all’incirca costante negli ultimi 25 anni, con un saldo negativo per l’Europa pari a circa 2,7 miliardi. Dal lato dei prodotti trasformati (vino, olio, caseari) le dinamiche sono state, invece, diverse e hanno visto una progressiva crescita delle esportazioni europee verso gli Stati Uniti, partita all’inizio degli anni Novanta e tuttora in corso. Dicevamo come gli Stati Uniti costituiscano uno sbocco fondamentale per l’export agroalimentare italiano. Dopo Germania e Francia, infatti, il mercato statunitense rappresenta la terza destinazione dell’export agroalimentare nazionale. In particolare per alcuni comparti come, ad esempio, il vino, l’olio, i formaggi, i salumi e i prosciutti, rispetto ai quali l’Italia detiene il primato delle importazioni Usa.

Strasburgo con potere di veto
Va ribadito che quando facciamo riferimento all’abbattimento delle barriere esistenti queste non riguardano gli alti standard qualitativi sui prodotti agroalimentari che l’Europa garantisce ai suoi cittadini e che non sono messi in discussione. Da questi numeri è quindi immediato comprendere che un buon svolgimento del negoziato può portare a un accordo positivo per l’agroalimentare europeo e, in particolare per quello italiano. E proprio il Parlamento europeo con i suoi standing rapporteur (relatori permanenti) avrà un ruolo importantissimo di controllo democratico sui processi decisionali che condurranno all’accordo finale sul quale lo stesso Europarlamento sarà chiamato a esprimersi con il voto in Aula. È evidente che, qualora i risultati ottenuti dai negoziatori dovessero rivelarsi non in linea con le richieste dei diversi settori economici coinvolti, non esiteremo a esercitare il diritto di veto che l’unica istituzione comunitaria eletta direttamente dai cittadini detiene. È però cruciale che i negoziati Ttip registrino un’accelerazione per scongiurare la possibilità di una più rapida conclusione dell’altro negoziato attualmente in corso per gli Usa - il Tpp (Trans-Pacific Partnership) - con tutti i rischi che potrebbero seguire una mancata considerazione delle normative di tutela europee. Un rischio che dobbiamo scongiurare lavorando con determinazione sull’opportunità che il Ttip può rappresentare per la nostra economia.

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