Viaggio nel pomodoro da industria in Italia. Le strategie dei leader

Per garantirsi competitività sui mercati necessario perseguire modalità differenzianti centrate su prodotti finiti a elevato valore aggiunto (da Mark Up 247)

L’articolo completo su Mark Up n. 247 con le schede di approfondimento su:

  • Società Agricola Monterosso
  • Gruppo La Doria
  • Conserve Italia
  • Mutti @MuttiPomodoro
  • Gruppo Petti
  • Consorzio Casalasco del Pomodoro

In Italia l’assetto produttivo del pomodoro da industria appare estremamente concentrato, con le prime due regioni, Emilia Romagna e Puglia, a detenere insieme il 65% dei volumi di materia prima raccolta (Fonte: Elaborazioni SgMarketing su dati Istat). Volumi che nell’ultimo decennio si sono complessivamente ridotti, facendo segnare trend negativi su quasi tutte le regioni impegnate nella coltura. Uniche eccezioni la Lombardia e il Veneto, che hanno conosciuto un aumento delle quantità prodotte nel periodo del 12,4% e del 73,9%.

La filiera del pomodoro da industria presenta in Italia due anime geograficamente distinte: il Distretto del Pomodoro da Industria Nord Italia e il Distretto del Sud. Due anime che esprimono una plv media annua complessivamente pari a circa 500 milioni di euro, suddividendosi in quote quasi analoghe i volumi di materia prima prodotta (fonte: Elaborazioni SgMarketing su dati di diversa provenienza). Il Distretto del pomodoro da Industria Nord Italia presenta un substrato agricolo composto da un numero più ridotto di aziende (2.136) di dimensioni medie superiori (18,23 ettari), concentrate prevalentemente in Emilia Romagna. Il Distretto del Sud sconta, invece, una superiore frammentazione, abbracciando circa 6.600 operatori con superficie media pari a 5,73 ettari, localizzati per lo più in Puglia.

074_MARKUP03_2016_Pomodoro_industria_tabAnche nella fase di trasformazione industriale -fase che vale 3 miliardi di euro di fatturato- i due bacini evidenziano medesime distintività strutturali: un inferiore numero di stabilimenti di produzione (29), ma di maggiore capacità produttiva (91 mila tonnellate annue lavorate), posizionati vicino alla produzione agricola, per ciò che riguarda il Distretto Nord Italia; un superiore numero di stabilimenti di produzione (circa 80) con ridotta capacità produttiva (34 mila tonnellate annue lavorate), situati principalmente in Campania, nel Distretto del Sud. Il Distretto del Nord, in particolare, gode oggi di un rilevante rafforzamento organizzativo e si caratterizza per un grande equilibrio tra OP e imprese di trasformazione e tra imprese private e imprese cooperative; registra una significativa concentrazione produttiva su semilavorati (concentrati) e su prodotti più «freschi» (polpe e passate), con un approccio molto attento alla sostenibilità e una competitività basata prevalentemente sulla differenziazione.Il Distretto del Sud mostra una struttura molto più polarizzata (pochi grandi e molti piccoli trasformatori), focalizzando la propria competitività principalmente sui costi, grazie a rese produttive superiori e a un costo del lavoro più basso; la trasformazione è maggiormente orientata su pelati e su altri prodotti freschi.

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