Vino: anche per il 2016 si riduce il livello di rischiosità delle imprese vinicole

image002Record dell’export con 5,6 miliardi di euro e mercato interno senza particolari scossoni (+1% le vendite a valore nella gdo rispetto all’anno precedente): sono queste le principali evidenze del 2016 per il mercato del vino. Ciò si riflette positivamente anche sulla rischiosità finanziaria del settore, come testimoniato dai dati di Crif Ratings sull’andamento dei default.

 

“Se la dinamica delle insolvenze finanziare del settore risulta correlata all’andamento del mercato nazionale ed estero – precisa Paolo Bono, associate presso Crif Ratings - in ottica di rischio finanziario è necessaria un’analisi approfondita sul posizionamento di business dell’impresa. Mercati geografici, canali commerciali e composizione merceologica dell’offerta produttiva sono elementi imprescindibili per valutare il rischio di credito delle imprese del comparto”.

 

I tassi di default nel settore vinicolo italiano risultano ampiamente al di sotto della media registrata per l’intera industria alimentare e delle bevande. Ciò è evidente sia con riferimento a incagli e sofferenze bancarie (meglio noto come tasso Basilea ‘past-due 90’) che per i default pubblici (procedure concorsuali o pregiudizievoli). Nel 2016 i tassi di default Basilea e pubblico del settore Wine si attestano, nell’ordine, 2,8% e 0,5%, sensibilmente inferiori a quelli del complessivo comparto del Food & Beverage, rispettivamente 3,6% e 0,7%.

 

Il livello di rischiosità del comparto continua a ridursi nel 2016 come testimonia il calo dei default Basilea dal 3,9% del 2015 al 2,8% del 2016, un livello molto più contenuto rispetto agli standard pre-crisi (2007-2008). Allo stesso tempo i default pubblici si sono ormai stabilizzati attorno allo 0,5% (2016 e 2015), un livello sostanzialmente allineato a quanto rilevato prima dei difficili anni di crisi economica.

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