10 cose da fare e 4 errori da evitare

Cambiare è il verbo che ci accompagna da sempre. Siamo stati invitati a cambiare dai nostri genitori, dagli insegnanti, da amici, colleghi e dalle imprese ove lavoriamo. In un mondo travolto da profondi cambiamenti strutturali, cambiare è un imperativo. Con questa parola Matteo Renzi si propone di cambiare anche il nostro Paese.

Chi ha studiato i processi di trasformazione delle imprese ha rilevato che la gestione del cambiamento si articola nella successione disciplinata di 10 fasi. Un errore o la disattenta gestione di una di tali fasi può ridurne l’efficacia e la mobilitazione delle energie necessarie.
4 errori comportano invece il fallimento completo di tutto il processo di cambiamento e di innovazione. Matteo Renzi si è assunto la straordinaria responsabilità di cambiare non una impresa o una città ma l’intero paese e di riuscire a farlo entro la fine di questo mandato, nel 2018. Proviamo ad elencare cosa la dottrina suggerisce per cambiare con successo ed utilizziamo questa traccia per verificare cosa Renzi e il suo Governo dovranno fare e quali errori dovranno evitare. La prima fase richiede la diffusione di un senso di urgenza. Il cambiamento inizia sempre con una illustrazione delle ragioni e delle cause della crisi attuale per evidenziare le minacce potenziali e le gravi conseguenze se non si reagirà proattivamente.
Il senso di urgenza deve essere controbilanciato dalle opportunità che possono essere intraviste e dai sogni che dovremmo condividere. Il senso di urgenza che attanaglia il paese è drammaticamente diffuso e concreto da tempo. Renzi lo ha rafforzato e declinato, fornendo ispirazione ed un percorso per affrontarlo.
La seconda invita ad aggregare e creare il partito del cambiamento.
Per cambiare, nelle imprese, si deve creare un potente comitato guida. Comitato che si coalizza per progettare il futuro, definire il piano del cambiamento e gestirne l’esecuzione. Su questo punto la sfida è veramente ciclopica. Forse non esiste un vero partito del cambiamento neppure tra i cittadini del nostro Paese che sono spaventati e preoccupati da cambiamenti che potrebbero compromettere ulteriormente la loro vita personale e lavorativa. Ma la vera mancanza del partito del cambiamento è rilevabile nelle beghe interne dei vari partiti, nella loro resistenza nel riconoscere la necessità di passare rapidamente dalle dichiarazioni di principio all’azione. Forse anche tutti noi cittadini dovremo comportarci e lavorare quali attivisti e componenti del partito del cambiamento nazionale. Renzi cerca di comunicarlo anche nelle piccole cose, trainando a mano il trolley, guidando l’auto, accendendo la luce del suo ufficio a Palazzo Chigi alle 6.30.
La terza richiede la creazione di team di lavoro focalizzati. Il comitato per il cambiamento, il nostro governo, dovrà lavorare con grande metodo, creando team capaci di integrare competenze ed energie con quelle dei “migliori” dirigenti pubblici e di esperti esterni capaci di apportare da un lato contributi rivoluzionari e dall’altro assicurare un’efficace ed efficiente esecuzione.
La quarta fase è generazionale, la regola del 30%. E’ buona norma nell’organizzazione dei team del cambiamento integrarli con una quota del 30% di persone tra i 25 e i 35 anni. La capacità di innovazione non è anagrafica ma le sfide di oggi coinvolgono una generazione che può offrire prospettive differenti e La quinta impone metodo. Perseguire e gestire il cambiamento richiede oltre all’entusiasmo, alla passione e a grandi energie, molto metodo. Le cose da fare sono tante, spesso complesse e irrituali. Il metodo richiede ciò che in gergo è riferibile al problem setting, la capacità di identificare e definire con priorità i problemi da affrontare, al problem solving, rispondendo creativamente alle domande poste dai problemi per passare al decision making, decidendo come agire per attivare infine con il decision taking, azione ed esecuzione. Ogni responsabile dei team di lavoro ed i suoi componenti dovranno lavorare con questa La sesta fase ricorda che bisogna incessantemente comunicare il cambiamento. E’ necessario ogni mezzo possibile per diffondere la nuova visione e le strategie necessarie per realizzarla, assumendo comunque comportamenti coerenti rispetto al cambiamento sollecitato. La settima richiama invece l’assunzione di responsabilità. Senza il contributo di tutti non si cambia. Ricordando che devono essere per primi i cittadini ad essere disposti a cambiare è indubbio che senza la motivazione di tutto il personale della burocrazia statale, centrale e locale, non si va da nessuna parte. L’ottava fase è molto pragmatica, ottenere risultati nel breve e premiare i vincitori. E’ fondamentale il conseguimento di risultati tangibili e riconoscibili. E’ strategico acquisirli nel breve. Bisogna inoltre creare e identificare i vincitori, riconoscendo e premiando pubblicamente tutti coloro che hanno contribuito al La nona fase è orientata al consolidamento dei risultati e ad incentivare ulteriori cambiamenti. Bisogna saper utilizzare la credibilità dei risultati conseguiti per stimolare l’adesione al cambiamento di coloro che continuano ad opporre resistenza alla nuova visione. E’ utile inoltre rinvigorire il processo di cambiamento La decima fase infine invita ad ancorare i nuovi valori nella cultura del paese e istituzionalizzare i nuovi metodi. La passione per il cambiamento deve tradursi in valori profondamente condivisi e costantemente
Il processo di cambiamento del Paese è stato dichiarato da Renzi nella fase 1 e si è conclusa la seconda. Ora si sta lavorando per attivare le altre 8 fasi. Al di là dei segni politici che ci distinguono dobbiamo augurarci che Renzi non commetta più di quattro errori. Sarebbe non solo un peccato ma un’occasione perduta per rigenerare un paese comunque sempre incantevole.

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