3 grandi clichés del marketing distrutti dal Professor Ritson

Falsi miti pubblicitari duri a morire, che meritano una volta per tutte di essere banditi dal frasario del settore.

Slogan senza senso e frasi fatte per riempirsi la bocca in pubblico. Il professore di marketing Mark Ritson, vincitore del Business Columnist of the Year, non va leggero con i clichés del settore e dedica alla loro esistenza un’intera invettiva sulle pagine di Marketing Week.

L’invito dell’esperto, forse un pelino estremo, è quello di licenziare in tronco chiunque si occupi del vostro advertising e ricorra a tali banalità. Dando naturalmente per scontato che la casistica non riguardi nessuno dei lettori, le riportiamo rifacendoci a quell'ulteriore detto che individua nella prevenzione la migliore cura.

  • "Basta che se ne parli"
    Sarebbe interessante provare a vendere questo motto preconfezionato a Twitter, che al momento è sulla bocca di tutti come social che nessuno acquisterà (si è parlato di una trattativa poco riuscita con Google e Facebook) perché incapace di allargare la propria base utenti e di monetizzarla.
    Il risultato di tutti questi cattivi articoli e passaparola? Azioni crollate di un terzo nell’ultimo anno. Strano a dirsi, ma la cattiva pubblicità è esattamente quello che sembra: cattiva.
  • "Steve Jobs non ha fatto ricerche"
    E invece sì, solo che non voleva far sapere agli altri che le stava facendo e di che cosa si stesse occupando. La realtà è che, quando cinque anni fa Apple e Samsung iniziarono a farsi causa reciprocamente per le violazioni di brevetto, la corte fece sequestrare centinaia di tonnellate di documenti dall’azienda. L'esito? Spuntarono quantitativi pantagruelici di ricerche ed analisi sul mercato e sui competitor. In sintesi: Apple conosceva i clienti Samsung meglio di Samsung.
  • "Ci vuole una vita a costruirsi una reputazione e pochi secondi a distruggerla".
    Per costruirsi una reputazione, se si è capaci, servono dei mesi, al massimo qualche anno e molto raramente tempistiche superiori. Michael Dubin ha fondato il Dollar Shave Club quattro anni fa e nell’arco di questo periodo si è preso il 15% di share del mercato americano dei rasoi (apparentemente complessissimo all’ingresso) e ha rivenduto la company per miliardi di dollari. Tutto questo all’età di 38 anni.
    Stesso discorso per lo stereotipo della distruzione istantanea. Certo, Volkswagen dopo il massiccio scandalo dei motori truccati, che è uno dei più grandi degli ultimi anni, ha perso dei punti, ma non è colata a picco come il Titanic con l’iceberg. In Uk, ad esempio, è passata da una quota di mercato del 10% al 7%.

 

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