Aceto, prodotto jolly fortemente in fermento

Dalla buona riuscita di una cena alle pulizie di casa, dalla cura del metabolismo alla skin care: la segmentazione si fa fine e rincorre molteplici target di riferimento. Anche nella comunicazione

La natura è in fermento e così è anche il mercato dell’aceto. A osservare cosa sta succedendo intorno a questo prodotto jolly, sembra di aver a che fare con il nettare degli dei. Una volta acetificata la natura sembrerebbe risolvere tutti i nostri problemi: dalle pulizie di casa, alla buona riuscita di una cena, dalla cura del metabolismo alla skin care. Tutto questo in una nuova cornice identitaria, in cui benessere e turismo si abbracciano tra filari di ulivi, percorsi tra le vigne e acetaie. L’aceto è anche occasione di un’economia virtuosa in cui non si butta via niente, come nel caso dell’aceto di kiwi (ricco di polifenoli) nato dal surplus produttivo che non si riusciva a sistemare su un mercato troppo schizzinoso, che rischiava di far buttare il 40% del raccolto. Anche per l’aceto di mele è immaginabile risolva la stessa disfunzione di mercato.

La conquista del terroir

Il tema è quello dei brutti ma buoni e dei batteri alleati dell’uomo, un tema che rende moderna l’altra narrazione, quella delle botti in barrique, del ritorno alla terra e alla tradizione e alle cose fatte con cura, tanto da meritare lo stesso linguaggio prima dei vini, poi dell’olio. Anche aceto oggi significa terroir e terroir significa entrare in contatto con i benefici della terra, in una congiunzione tra lavoro della natura e comunicazione della poesia. Il Terroir Italia è riconosciuto nel mondo anche grazie all’aceto balsamico, che sta cercando di restringere i suoi confini a Modena e soprattutto difenderli dall’attacco arrivato dalla Slovenia, in cui già è in produzione un prodotto definito “balsamico” attraverso quello che il consorzio considera un aggiramento delle leggi europee, un precedente, secondo Federico De Simoni del Consorzio di tutela, che potrebbe far varcare una soglia pericolosa per tutto il sistema di certificazione di tutela del territorio.

“Il tentativo sloveno di raggirare, attraverso il meccanismo della cosiddetta norma tecnica, il sistema di tutele garantite dai regolamenti comunitari e dallo stesso Trattato è grave e allarmante non solo per il nostro comparto, ma per tutti i prodotti DOP e IGP dell’enogastronomia italiana ed europea; è dunque necessario attivarsi con decisione. Siamo certi che l’azione congiunta del nostro Consorzio e del nostro Governo saranno in grado di raggiungere questo obiettivo”.

In Slovenia, si sa, sventola la bandiera della new economy: terra di startup attente a qualunque miniera, sia essa di dati o di reputazione e l’aceto balsamico è un oro bruno molto apprezzato nel mondo, prestigio che fa uscire dal nostro paese il 92% della produzione per un valore di 891 milioni di euro, che rappresenta, secondo il rapporto Qualivita 2020 di Ismea, quasi un quarto del totale delle esportazioni dell’agroalimentare italiano DOP IGP. L’Italian Sound, insomma, ha in questo affair internazionale un possibile tallone d’achille.
L’industria dell’aceto vede nascere nuove realtà e nuove narrazioni anche all’interno dei suoi confini. L’elemento disruptive che può scardinare le abitudini nel consumo dell’aceto, è Agro Kiwi, che interpreta in maniera contemporanea il mix cibo, benessere e territorio facendo operazioni glocal e partecipando alla rivisitazione turistica della zona dell’Agro Pontino come “Piccola Nuova Zelanda” (il brand di marketing territoriale si chiama Cethegus) importando un frutto da altre tradizioni: si cerca così di costruire una nuova tappa della tradizione italiana con tanto, dal 2004, di IGP Kiwi Latina.

Se l’Italia ha fama di terra di qualità della vita, quale può essere il genius loci degli alimenti per il ben vivere? La comunicazione è asciutta e apparentemente non studiata, in cui alle parole si sostituiscono i numeri: Aceto di kiwi n.2 per l’aceto giovane e Aceto di kiwi n.5 per l’invecchiato. Quello di trattare l’aceto come un’essenza e come un prodotto di lusso è una delle tendenze che si possono notare sia nelle esperienze più piccole, come l’Acetaia Pahontu, ospite dell’Azienda agricola Le Volpi (per sottolineare un concetto di turismo degustativo), sia in realtà ormai storiche e pionieristiche come Mengazzoli.
L’Acetaia Pahontu interpreta l’Aceto di vino in una confezione che riporta a quella della più classica profumeria, con tre uve: aceto moscato, aceto prosecco, aceto di pinot nero. Di contrasto, a stuzzicare l’interesse del consumatore in cerca dell’autenticità, è il metodo primitivo, che, sottolinea l’azienda, si affida al tempo e a una temperatura dell’acetaia che non scende sotto i 20 °C e non supera i 30 °C, ma senza forzature in modo che la seconda fermentazione acetica sia accurata e completa.
Anche per Mengazzoli, realtà che da tempo ha inserito anche per l’aceto i profili sensoriali e le categorie che faranno forse da traccia a quelle in arrivo nel Consorzio, il packaging è il modo per far percepire in maniera differente un prodotto per molti classico: la confezione natalizia degli aceti nobili Mengazzoli si veste ad esempio di Glitter. “Sono prodotti con un packaging scintillante e di tendenza che secondo la nostra opinione possono essere molto apprezzati sulle tavola nel periodo di festa. Sono aceti di altissima qualità, densi, da materie prime selezionate e sapientemente lavorate in confezione di pregio ed incartati a mano”.

Cultura mondiale

L’idea dell’aceto come veicolo di cultura e di territori, anche lontani, è stata invece l’occasione per sperimentare Gli Acidulati Mengazzoli World of taste . A base di ingredienti come riso, miele, malto, dattero, banana, ananas, sono una proposta che guarda all’aceto come un sapore adatto a una cucina fusion. L’innovazione attraverso nuove ricette e blending è la strada seguita da qualche anno da Ponti, che con Dolceagro continua a scommettere che le nuove generazioni si orienteranno su un gusto morbido e fruttato rispetto ai classici prodotti più alcolici, anche per la voglia di condimenti ritenuti più versatili. Ponti nella sua ricetta usa mosti e succhi, l’ultimo ai frutti rossi. Non manca, tra i succhi per dare aroma, quello al melograno, un frutto sempre più di tendenza per le sue qualità legate al benessere, tanto che sia Mengazzoli che De Nigris hanno tra le referenze anche un vero e proprio aceto di melograno, insieme, per De Nigris, all’aceto di cocco.

Ma è l’aceto di mele, sempre più ricercato dai consumatori per i suoi riconosciuti effetti sulla salute, ad essere il nuovo protagonista, per tutti i marchi e in diverse versioni: biologico, non filtrato con gli elementi “madre”o abbinato ad altri ingredienti come nel caso dello zenzero per De Nigris. Anche Ponti ha sviluppato un progetto di filiera “il nostro Aceto di Mele 100% Italiane ha ottenuto la certificazione di prodotto da parte di SGS, leader mondiale nei servizi di certificazione- spiega Paolo Marovello, marketing manager di Ponti- ad oggi il nostro controllo completo della filiera (dalla mela fresca alla bottiglia) rappresenta un unicum nella categoria e garantisce la qualità del prodotto, la stabilità nel tempo delle caratteristiche qualitative e il controllo su ogni aspetto della produzione. A partire da ogni bottiglia possiamo risalire al Comune di provenienza delle mele, alla data in cui sono state raccolte e alla loro varietà”. Tra i progetti in cantiere c’è una piattaforma per permettere al consumatore di seguire il percorso delle mele.

Lo stesso packaging è utilizzato anche per Brillaceto, aceto di alcol dedicato alle pulizie o per lavare gli alimenti, a cui Ponti ha dedicato uno specifico brand con una comunicazione focalizzata soprattutto su campagna social.

Un altro fronte di innovazione di Ponti è legato al packaging dell’aceto classico, quello che oggi più che mai è usato da chi ama pulire con prodotti naturali e che con la pandemia, anche per questo uso, ha avuto un forte aumento di vendite. “Abbiamo ridotto del 15% la quantità di plastica di ogni bottiglia di Aceto di Vino nel formato da 1 litro, e introdotto l’utilizzo al 30% di Pet riciclato (Rpet) nelle bottiglie da 1L e 0,5L. Questa innovazione, introdotta dopo oltre un anno di ricerca, lascia del tutto inalterata la qualità del prodotto, ma rappresenta un sensibile vantaggio per l’ambiente: 398 tonnellate di Pet vergine in meno immesse sul mercato e una riduzione delle emissioni di 784 tonnellate di CO2, pari a quelle assorbite da 52.300 alberi di città in un anno”.

La trasversalità

Il mondo dell’aceto è davvero trasversale e marchi storici come Varvello scelgono di abbandonare la comunicazione che punta alla tradizione, per rivolgersi a un pubblico più giovane e sottolineare i tanti mondi dell’aceto. Attraverso la creatività dell’agenzia Mosquito si passa dalla campagna in cui la bottiglia di aceto viene trasformata in spruzzino, ai consigli di skincare legati all’aceto di mele con miele. All’interno di Tuttofood Varvello ha proposto Sinergie Sabaude in collaborazione con la distilleria Affini, proponendo inediti drink a base aceto. Si cercano strade per raggiungere un pubblico più giovane e per far conoscere tutti gli aspetti di questo prodotto che è qualcosa di più di un condimento. Casa Mazzetti da qualche anno ha creato un centro polifunzionale aperto a turisti, scuole, aziende, professionisti e appassionati gourmet. La scelta è in questo caso di custodire e trasmettere una tradizione tipica, valorizzando, come è scritto nel museo biblioteca, duemila anni di oro nero. Anche De Nigris punta a un turismo familiare con il Balsamico Village, per consolidare un rapporto fra prodotto, cultura e territorio.

La consonanza dell’aceto balsamico con altri prodotti da degustazione e le sfumature di sapori verrà sottolineata dal Consorzio di tutela dell’aceto balsamico di Modena attraverso il progetto Consortium Profile, un marchio collettivo che prevede cinque diversi sigilli rappresentativi di caratteristiche organolettiche diverse, per valorizzare il prestigio del metodo. Perché, come dice De Simoni, la tutela arriva anche dalla comunicazione.

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