ADM fa i conti in tasca alle promozioni

Il presidente dell'associazione, Giorgio Santambrogio, affronta i temi caldi (e controversi) della distribuzione senza peli sulla lingua (da Mark Up n. 255)

Giorgio Santambrogio è l’amministratore delegato di Gruppo VéGé e da qualche mese anche il presidente di Adm, Associazione  Distribuzione  Moderna;  Mark  Up l’ha incontrato in quest’ultima veste. “La nostra prima attenzione è mantenere la netta distinzione tra ruolo e posizionamento  delle  diverse  federazioni  -precisa subito Santambrogio-. Adm è un’associazione  che  integra  le  attività  di  Federdistribuzione (per le aziende private) e di Ancc e Ancd per il sistema cooperativo, ma mentre queste associazioni separatamente  hanno  l’obiettivo  di  essere  rappresentativi verso la politica, i sindacati e tutti gli altri stake holder, Adm è la rappresentatività della distribuzione italiana verso l’industria di marca. Come si esprime questa rappresentatività? Quasi  esclusivamente  attraverso  Gs1,  il  cui  ruolo è quello di facilitatore, non di decisore, delle politiche di Adm o di Ibc”.

Quali  sono  i  programmi  2017  per  Adm?
La missione per il 2017 è terminare l’ottimo  lavoro  che  ha  fatto  Francesco  Pugliese, nell’ambito della fiera Marca, che rappresenta l’apoteosi del ruolo di Adm. Poi il progetto Immagino e in parallelo Allineo. Infatti, se il ruolo di Adm consiste  nel razionalizzare  e  ottimizzare  i  rapporti fra distribuzione e industria, uno degli strumenti principali per farlo è un uso intelligente e saggio della tecnologia, controllata da Gs1. Adm si deve impegnare a garantire il numero maggiore possibile di insegne e di imprese partecipanti e siamo sulla buona strada perché il 95% ha aderito al progetto Immagino, anche se c’è ancora un po’ di resistenza da parte dell’industria. L’obiettivo sarebbe di terminare entro il 2017 sia il pilota in  corso  su  Coop  e  Conad  con  Allineo  sia il progetto Immagino: qui, per ora ci sono circa 70 mila referenze, su un database complessivo di 290 mila secondo Nielsen. La strada è lunga  e bisogna anche tenere conto delle private label.

Parliamo di promozioni ...
Partiremo  a  breve  con  un  progetto  per  la  verifica  dell’impatto  delle  promozioni,  ovvero  un’analisi,  con  Nielsen  e  Iri,  della  loro  non  efficacia,  Il  presupposto  di base è un dato Bain che afferma che, ogni  anno,  vengono  bruciati  8  miliardi  di euro in margine. Da retailer non sono contrario alle promozioni e come sistema Italia non possiamo ancora permetterci l’edlp dappertutto, perché è una gestione che non consente recuperi in caso di perdite. In seconda battuta, il sistema dell’industria  è  fatto  in  modo  che  il  retailer  faccia  le  promozioni:  tra  percentuali  sull’incremento  delle  attività promozionali,  o  delle  referenze  a  pari  attività promozionali, o della profondità promozionale a pari referenze e pari attività,  è  complesso  per  il  retail  rifiutare  le  promozioni. Il tarlo del sistema consiste nel fatto che molte promozioni, in tante categorie, non servono a niente; inoltre, non c’è cultura della misurazione per esempio del potenziale incremento del taglio da 30 punti a 40. In alcune categorie e per certe promozioni il 10 in più è sprecato perché l’elasticità sarebbe uguale con uno sconto del 30%. Ma non c’è ancora un interesse diffuso su questi temi: le promozioni piacciono alla clientela e il sistema preferisce perdere miliardi.

Che  cosa  dovrebbe  fare  la  distribuzione?
Il  primo  servizio  dei  retailer  per  i  loro  clienti  sarebbe  la  cernita  di  un  assortimento  mirato,  ma  con  la  logica  dei  listing fee non è possibile.

Si ha la sensazione di una distonia tra le strategie retail a livello centrale e la loro ricaduta sul mondo del buying ...
È  vero.  Si  buttano  via  mesi  di  margine  pieno per lottare su un quid che si chiama listing fee. E la distonia si percepisce dalla lunghezza della negoziazione commerciale. Prenderne atto è già un primo passo. Per questo, sia come Adm sia come retailer, ritengo che ciò che serve davvero dovrebbe essere la creazione di una cultura di legame fra l’obiettivo che hanno gli uomini e quello che ha crea beneficio all’azienda.

Chiudiamo sulle liberalizzazioni.
Ovviamente siamo a favore. Auspichiamo un minor potere alle Regioni a favore di un potere centralizzato con la possibilità, in un’ottica competitiva, di decidere di non aprire la domenica o le festività.

Ha collaborato Barbara Trigari

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