Agricoltura e industria non hanno rappresentanza unitaria

È Federalimentare a parlare a nome di Confindustria: lo ribadisce il presidente Vincenzo Boccia che segnala come Filiera Italia non rappresenti il sistema industriale alimentare italiano

“Quando Ivano Vacondio parla, lo fa a nome di Confindustria” Così Vincenzo Boccia, presidente degli industriali italiani, chiude gli stati generali di Federalimentare e chiarisce ogni ragionevole dubbio sul ruolo di rappresentante della categoria da parte del presidente della Federazione delle industrie alimentari italiane, che nel corso degli scorsi mesi è stato, in un certo senso, doppiato, nell’interlocuzione con le istituzioni, da Filiera Italia, l’associazione, sostenuta da Coldiretti, che si propone come rappresentante unica del sistema agro-alimentare nazionale. È stato lo stesso Vacondio durante l’assemblea a chiedere a Confindustria di assumere una posizione chiara in merito.

Davanti al gota dell’industria alimentare italiana e al ministro delle Politiche agricole e del turismo Gian Marco Centinaio, il presidente di Federalimentare ribadisce che la rappresentanza del mondo agricolo e di quello industriale non può essere unitaria. Conferma l’interesse nel costruire delle filiere che diano valore aggiunto ai prodotti del made in Italy e l’apertura  al dialogo con tutte le organizzazioni di categoria per discutere di redditività. “Abbiamo però bisogno anche di materie prime d’importazione e non possiamo non ricordare che il prestigio del made in Italy nel mondo è merito in buona parte della capacità di trasformazione dell’industria”.

Il fatturato dell’export agroalimentare nazionale ha raggiunto lo scorso anno 41,8 miliardi di euro, di cui 35 generati dalla vendita di trasformati. Per centrare nel prossimo biennio l’obiettivo dei 50 miliardi il presidente di Federalimentare sottolinea l’importanza degli accordi bilaterali e la necessità di lavorare sulla riapertura del mercato russo. “Abbiamo delle grandi opportunità di crescita nei mercati emergenti, dove l’italian style alimentare è per la nascente classe media un simbolo di affermazione del proprio status. Alla politica non chiediamo soldi, che non ci sono e che non ha senso prendere generando debito, ma di essere accompagnati. Si dovrebbe per esempio potenziare il ruolo delle ambasciate inserendo dei referenti che si occupino di food&beverage. Lungo la strada verso i 50 miliardi anche alcune minacce: i dazi e le etichette a semaforo”.

Rispetto alla politica economica del governo, Vacondio chiede la rimozione delle clausole di salvaguardia: “L’aumento dell’Iva sarebbe una sciagura per il mercato interno con i consumi che vanno male e finirebbe per acuire il divario sociale. Nella stessa Confindustria comincio a sentire qualche spiffero di apertura in cambio della riduzione del cuneo fiscale che mi vede contrario. È anche il momento di iniziare un lento, ma serio risanamento del debito pubblico. La ricchezza prodotta in Italia serve per pagare gli interessi sul debito e non abbiamo le risorse per fare investimenti, una situazione ormai insostenibile. L’industria, come generatore di ricchezza deve essere considerata un interlocutore centrale”.

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