Aiuto, il gusto ha perso i sensi! Piccola guida per farlo rinvenire

Esperti – L’utilizzo dell’appetite appeal in pubblicità sembra aver subito un rallentamento. Eppure è una tecnica di grande effetto. (Da MARK UP 191)

1.
Bisogna saper trasmettere l'appetitosità

2. Occorre definirla
e saperla trattare

Il fenomeno dell'appetite appeal ha una sua rigorosa spiegazione scientifica e vale la pena conoscerla. Aiuta infatti a svelare per quale motivo gli investimenti in televisione, e - in misura inferiore - anche sulla stampa, risultano particolarmente efficaci quando si tratta di prodotti alimentari. L'informazione di fondo è quella che tutti conosciamo: i cibi dall'aspetto prelibato, se opportunamente fotografati e ripresi, scatenano l'acquolina in bocca nell'audience. In altri termini, accendono in chi si trova a osservarli il desiderio irrefrenabile di poterli gustare. La ragione di questo effetto è stata scoperta nello scorso decennio da un gruppo di ricercatori italiani, oggi diventati celebri nel loro campo. Questi neuroscienziati, va detto, avevano in mente ben altri obiettivi che non la spiegazione del mistero dell'acquolina. Tuttavia, dalle loro indagini è scaturita - indirettamente - anche questa scoperta.
Osservando il comportamento del cervello delle scimmie, l'équipe di studiosi ha scoperto l'esistenza dei “neuroni specchio”. In sostanza quando una scimmia mette in bocca delle noccioline, in un'area precisa del suo cervello si accende un cluster di neuroni. Ogni volta, in corrispondenza di quel piacere palatale quegli stessi neuroni si accendono, ripetendo l'analoga esperienza. Gli scienziati hanno scoperto che i neuroni specchio si accendono non solo quando la scimmia gusta le noccioline, ma anche quando osserva qualcuno (umano o simile) che le sta assaporando.

I problemi sulla stampa
I neuroni specchio - che i neuroscienziati ritengono presiedere anche ben altre e più elevate funzioni, quali per esempio l'empatia - sono dunque la ragione per cui i grps degli investitori del comparto alimentare risultano particolarmente efficaci.
C'è però un problema: quel tipo di neuroni, da qualche tempo, tende ad accendersi sempre più raramente e con intensità sempre minore (parliamo ovviamente dei neuroni degli umani, non di quelli delle scimmie).
Da un lato si direbbe che le scene di appetizing si siano diradate. E cioè che sia sceso il numero di investitori che nelle loro comunicazioni si affidano all'appetitosità per affermare la qualità dei loro prodotti. C'è poi un fatto oggettivo: negli spot gli attuali trend di montaggio spingono verso esecuzioni particolarmente serrate e frenetiche, fattore che ha portato a rarefare ulteriormente la presenza dei momenti di indulgenza palatale negli spot.
Insomma, quelle straordinarie scene al ralenti che hanno fatto di Vittorio Sacco il talento specchio (perdonate il gioco) di Ferran Adrià, sembrerebbero essere sul viale del tramonto.
Ma non c'è solo l'aspetto di una diminuita presenza in televisione. Lo stesso tema, sotto spoglie diverse, si propone sulla carta stampata, che è stata per lungo tempo un ottimo veicolo di accensione dei neuroni specchio. In questo caso si presentano due problemi: da un lato l'effetto appetizing è sceso perché, in generale, sono crollati gli investimenti sul mezzo stampa ivi inclusi quelli relativi al food; da un altro lato le nuove tecniche fotografiche e un certo nuovo gusto nel trattamento delle immagini hanno di fatto spiazzato i virtuosismi stilistici propri dell'appetitosità, mettendola “fuori moda”. Capita ogni tanto di vedere sulle varie testate scatti di food che seguono certamente i crismi delle nuove tendenze fotografiche, forse addirittura le anticipano.
Ma invece di accenderti i neuroni specchio fanno venire voglia di metterti un golfino.
E poi c'è internet, dove l'appetizing dà veramente il peggio di sé. Non tanto per una questione di risoluzione delle immagini. E nemmeno per il fatto che la qualità fotografica sul web è spesso sottotono. Il vero problema è che il web è troppo fast per premiare il food. Insomma, i neuroni specchio non fanno in tempo ad accendersi che devono subito spegnersi, perché l'utente nel frattempo è passato ad altro.
Siamo di fronte a un evento definitivo? A un punto di non ritorno? Ci sono molte probabilità che si tratti di un temporaneo calo di attenzione verso uno strumento di vendita straordinario per efficacia. Un elemento di persuasione mai invasivo, raramente di disturbo, e che in realtà è intramontabile. Come tutti gli strumenti della comunicazione ha certamente bisogno di una rinfrescata. Ma sopratutto ha bisogno che un investitore importante si accorga di questa trascuratezza e decida di cavalcarla.
Non c'è momento migliore per farlo e per farsi notare.

Non è giunta al capolinea
Dopo le scorpacciate degli anni '90 e di quest'ultimo decennio, l'utilizzo dell'appetite appeal in pubblicità sembra aver subito un rallentamento. Curiosamente, ciò avviene proprio ora che le tecniche di ripresa e di produzione, quanto mai affinate negli ultimi anni, sono diventate più disponibili e più accessibili.
Premesso che non si sbaglia mai a puntare il dito contro la crisi, quali altre possono essere le ragioni? Sfiducia nei confronti di questo strumento? Perdita di efficacia? Impossibilità di creare vera differenziazione? Disaffezione del pubblico verso immagini eccessivamente patinate? O semplice distrazione da parte delle aziende? Più che una ragione unica, probabilmente, si tratta di una somma di concause, forse anche incidentali. Sembra tuttavia difficile credere che una tecnica così efficace nell'affermare la qualità e farla recepire al pubblico sia giunta al capolinea.

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