La proposta di tenere aperti i punti di vendita 26 domeniche su 52 contiene anche deroghe per i centri storici e turistici. Cosa ne pensano i retailer, l'industria, i centri commerciali

Sembra si sia giunti, se non a un epilogo, a un punto di convergenza tra Pentastellati e Lega nel romanzone delle chiusure domenicali e festive: la proposta giunta in Commissione attività produttive della Camera parte da 26 aperture domenicali su 52 e prevede chiusura degli esercizi commerciali nelle 12 festività nazionali, ma con una deroga per 4 giorni di apertura festiva e un massimo di 26 per le domeniche da stabilire su scelta delle Regioni. Rispetto al disegno legge del 2013 (vedi iperlink sopra) che prevedeva solo 12 chiusure obbligatorie domenicali, l'attuale soluzione è una bella botta per la distribuzione moderna che passa dalle sperate 40 alle 26 aperture domenicali possibili. Tutti ormai sappiamo che la domenica è diventata per i centri commerciali e la grande distribuzione il secondo giorno di fatturato.

Per un gruppo distributivo come Conad, che è il secondo in Italia per giro d'affari aggregato, su 3.149 punti di vendita, le aperture domenicali hanno riguardato nel 2017 1.334 negozi (il 42,3% del totale), richiedendo l’impiego di circa 25.000 addetti, circa il 47% del totale. Su 1.334 punti vendita attivi la domenica, 820 sono rimasti aperti solo al mattino, per corrispondere un servizio alla clientela ritenuto indispensabile. Il fatturato realizzato durante queste giornate ammonta a 1.476 milioni di euro/anno, che corrisponde all’11,3% del totale del fatturato 2017. Nello stesso anno il fatturato maturato la domenica è aumentato del 16%.

Altra deroga per i centri storici e i negozi di vicinato che potranno rimanere aperti tutto le domeniche dell’anno, eccetto le festività. Per le zone turistiche (mare, laghi, montagna) le 26 domeniche potranno essere concentrate in alta stagione.

Per chi viola le nuove norme sono previste sanzioni amministrative da 10.000 a 60.000 euro, con raddoppio in caso di recidiva. I proventi saranno reinvestiti in azioni per contrastare l’abusivismo commerciale e per il decoro urbano.

Il testo, depositato in commissione alla Camera dal relatore Andrea Dara (Lega), rappresenta una mediazione a tra M5s e Lega: Di Maio puntava a tenere aperto il 25% degli esercizi commerciali, mentre Salvini proponeva un tetto di 8 aperture l’anno tra domeniche e festivi.

Le Regioni decideranno come distribuire o concentrare le 26 domeniche: così, per esempio, al mare le domeniche di apertura saranno nei mesi estivi, da aprile a settembre, in montagna nel periodo invernale, da dicembre a marzo e nel periodo estivo, da luglio ad agosto. Ci sono poi deroghe per tutti i centri storici e per i negozi di vicinato, con possibilità di apertura tutte le domeniche eccetto le festività. Nei comuni fino a 10.000 abitanti saranno aperti i negozi fino a 150 metri quadri. Nei comuni con più di 10.000 abitanti saranno aperti i negozi fino a 250 metri quadri.

Resteranno sempre aperte le rivendite di generi di monopolio, i negozi nelle stazioni, le rivendite di giornali, rosticcerie, pasticcerie, gelaterie, negozi di fiori e articoli da giardinaggio, mobili, libri, dischi, nastri magnetici, musicassette, videocassette (ma esistono ancora?), opere d’arte, oggetti d'antiquariato, stampe, cartoline, articoli da ricordo e artigianato locale. Così come le stazioni di servizio autostradali e le sale cinematografiche (art. 13, comma 3, D.Lgs. 114/1998) e in aggiunta gli autosaloni e gli esercizi commerciali nei parchi divertimento, negli stadi e nei centri sportivi.

E su Internet? Per ora non se ne parla.

Secondo Federdistribuzione, in un commento al quale si allinea tutta distribuzione food e non food, questa bozza di disegno di legge non potrà che aggravare il già complesso quadro che il Paese dovrà affrontare, nel giorno in cui l’Istat annuncia che l’Italia è tornata in recessione. Per quanto noto al momento, gli effetti riguarderanno;

  • la diminuzione dei livelli occupazionali di 30.000 unità;
  • il calo dei consumi per oltre 4 miliardi di euro;
  • il peggioramento delle aspettative delle imprese, con riduzione degli investimenti;
  • l'erogazione di meno servizio ai consumatori, costretti a modificare le proprie abitudinidi acquisto ormai consolidate da oltre 7 anni di aperture domenicali;
  • sia la creazione di distorsioni nella concorrenza tra imprese sia la disparità di trattamento tra i cittadini per il potere dato agli enti territoriali.

    Cambieranno inoltre le dinamiche del mercato, dando ulteriore impulso all’eCommerce.Perché riproporre questo tema nel momento in cui il Paese avrebbe invece bisogno di misure espansive? Siamo da sempre contrari a interventi che creino ostacoli all’attività d’impresa e alla libertà dei consumatori; questo vale soprattutto in una fase economica nella quale questi fattori possono rappresentare un pilastro su cui costruire la ripresa dell’Italia.

Chiediamo che la voce del commercio sia nuovamente ascoltata, prima di prendere decisioni che potrebbero essere di danno irreversibile per la fiducia e l’economia del nostro Paese

Abbiamo anche raccolto alcuni commenti a caldo da parte dei protagonisti del retail italiano: la maggior parte sono contrari a questo disegno e preoccupati per le implicazioni su consumi ed occupazioni. Preoccupazioni condivise anche da Centromarca, che su questo tema si dichiara in sintonia con la gdo.

Solo Eurospin dichiara (anzi conferma) una posizione diversa rispetto alle aperture domenicali, coerenti con le loro dichiarazioni di sempre, pur ammettendo una preferenza per una bozza legge precedente.

Adm, Giorgio Santambrogio, presidente: "Il disegno di legge presentato alla Camera va proprio nella direzione contraria a quello che avevamo chiesto, vale a dire una regolamentazione nazionale solo sulle aperture domenicali, a fronte delle chiusure nelle festività e senza l’intervento di Comuni e regioni. Invece il disegno è il più inopportuno che potevamo immaginare: è opinabile in alcune sue indicazioni, specialmente quelle relative alle dimensioni dei negozi così come è un guazzabuglio nella verifica delle zone turistiche, oltre al fatto che sono state inserite troppe deroghe. In questo modo si creeranno sia contrazioni nei posti di lavoro sia diminuzioni delle vendite a favore dell’online. Per questo daremo battaglia, per ottenere soluzioni più adeguati per i clienti e i lavoratori”.

Ancd, Sergio Imolesi, segretario generale: Ill testo presentato dalle forze politiche di maggioranza, se approvato, determinerebbe un forte arretramento dello sviluppo e della ripresa del Paese che avrà effetti ulteriormente negativi sull’economia, già in fase di recessione. Non ne trarranno beneficio i consumi e, soprattutto, l’occupazione che potrebbe portare oltre 40.000 addetti in meno nel solo settore della grande distribuzione organizzata. Inoltre, la proposta di legge presenta anche alcuni aspetti di incostituzionalità. Riteniamo pertanto indispensabile che si proceda ad un nuovo ciclo di audizioni al fine di arrivare ad una soluzione condivisa da tutte le categorie del commercio”.

Assofranchising, Italo Bussoli, presidente: "Le nuove disposizioni del Ddl sulle chiusure domenicali rappresentano un’involuzione e un rischioso passo indietro rispetto alla libera concorrenza del mercato. Ci saranno pesanti ripercussioni a livello di fatturato, posti di lavoro e consumi, la cui portata non è ancora del tutto chiara, favorendo così un clima di incertezza oltre al rischio di danni per l’economia del Paese e la sua attrattività per investitori esteri. Inoltre, deroghe, distinguo e specifiche concessioni di opinabili interpretazioni potrebbero generare caos ed un aggravio di oneri burocratici alle imprese.

Assofranchising ritiene un diritto fondamentale, oramai acquisito, quello dell’esercizio della libera concorrenza, esercitata nel pieno rispetto dei diritti dei lavoratori, che devono vedersi riconosciute le condizioni previste e le compensazioni adeguate, a partire dalla giornata lavorativa della domenica e delle festività. Assofranchising si fa portavoce degli interessi dei suoi Soci, e di tutto il settore franchising, che in Italia vale oltre un punto percentuale di PIL, con un giro d’affari di oltre 24 miliardi di euro l’anno, 52.000 punti vendita e che dà lavoro a 200mila persone, tra cui numerosissimi giovani e donne. Numeri che questa misura, fuori dal tempo e dal buon senso, ostacolerebbe fortemente".

 

Centromarca, Ivo Ferrario, direttore relazioni esterne: “Non possiamo che esprimere una valutazione negativa rispetto all’ipotesi di regolamentare le aperture domenicali della gdo. Nel libero mercato ogni azienda deve poter decidere in funzione delle sue strategie commerciali. È peraltro singolare che nell’era delle vendite online, possibili 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, si possa pensare di introdurre vincoli per i negozi fisici. E che, in una fase di stasi dei consumi e dell’economia, si possano prevedere provvedimenti che frenano gli acquisti e penalizzano la ripresa. Più di 12 milioni di italiani nei punti di vendita della gdo generano la domenica l’1% dei consumi food e il 2% di quelli non non food. In gioco ci sono decine di migliaia di posti di lavoro in un contesto occupazionale complessivo già di per sé critico”.

Confimprese, Mario Resca, presidente: “Si tratta di una misura recessiva che fa solo danni al Paese già in recessione. Assisteremo a un ulteriore calo dei consumi, alla perdita di almeno 60.000 posti di lavoro, al blocco degli investimenti delle imprese del commercio. Avremo molte chiusure di negozi soprattutto a Sud dell’Italia. I negozi devono restare sempre aperti senza deroghe, perché già nell’attuale situazione facciamo fatica a contrastare il calo di fiducia delle famiglie”.

Coralis, Eleonora Graffione, presidente: “Nessun decreto dovrebbe sostituire la libertà imprenditoriale, che deve però essere corretta nel trattamento economico dei lavoratori”.

Eurospin : “Noi come gruppo eravamo favorevoli al disegno di legge precedente, che prevedeva l’apertura di 12 domeniche e la chiusura durante le festività, salvo deroghe per le zone turistiche e i centri storici. Scelte legate all’idea di poter salvaguardare in questo modo non tanto la gdo, quanto a quei piccoli esercizi famigliari, quell’imprenditoria alla base della nostra struttura economica, che ha garantito negli anni crescita del nostro Paese. Oggi questo non è più possibile, perché non ci sono più le stesse opportunità e questo tipo di aziende, un tempo destinate a diventare anche grandi imprese, è sempre più in difficoltà. Non solo: crediamo che per chiunque passare del tempo in famiglia e con i propri, la domenica o durante le feste, sia un momento essenziale della vita di ciascuno. Può darsi sia una posizione minoritaria, ma siamo convinti di questo.

Selex, Maniele Tasca, direttore generale: "Sono molto preoccupato di questo disegno di legge che riduce apertamente la libertà delle imprese e che avrà un’influenza negativa sull’intero comparto della gdo, non solo alimentare, ma soprattutto non food e centri commerciali. Recenti studi valutano di cali dell’occupazione compresi tra le 40mila e le 100mila unità, cui si aggiungono, in un contesto economico che diventa sempre più difficile (come conferma dati statistici recenti) riduzioni dei consumi. Un’altra criticità riguarda l’iniquità di trattamento nei confronti dell’eCommerce, che può continuare a raccogliere ordini, creando così lavoratori di serie A e di serie B. Infine, è assurdo riportare tutto alle regioni. Si tratta di scelte incomprensibili, basate su parametri non corrette, mentre invece si potevano prevedere degli interventi progressivi con sperimentazioni per capire le soluzioni più adatte. Da qualsiasi parte la si guardi, siamo di fronte a un’accelerazione che genera una grande preoccupazione". 

Todis, Massimo Lucentini, direttore generale: "Considero il provvedimento anacronistico rispetto agli sviluppi del commercio già a partire dalla Bersani (ndr dlgs 114/98 di oltre 20 anni fa). Ritengo che un provvedimento del genere sia recessivo, in quanto comprima i consumi e l’occupazione. Come ho dichiarato anche su twitter @masluce: (...), Almeno per noi di Todis la domenica è diventato uno dei giorni più forti della settimana in termini di fatturato. Non credo che i nostri affiliati gioveranno della chiusura, certamente non ne gioveranno i loro dipendenti

Unes, Mario Gasbarrino @mgasbarrino  Grazie x averci riportati nel ! Avevamo posto 1sola condizione: 1legge uguale x tutti non una legge che scontentasse tutti! @Federdis@gsantambrogio1@fpugliese_conad

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