Nuovo appello di Ovs, Coin e 50 brand del non-food alle istituzioni

(Aggiornamento al 10 aprile) Numerosi player di moda, profumeria e casa hanno sottoscritto la lettera al Governo con proposta di misure immediate

Aggiornamento al 10 aprile 2020

Continua l'attività del settore non food e delle sue rappresentanze per chiedere al Governo misure decise a supporto della crisi data dall'emergenza coronavirus. In una lettera inviata alle istituzioni, pubblicata sui principali quotidiani e sottoscritta da 50 brand di moda, profumeria e casa, tra cui Ovs e Coin, si chiedono una serie di interventi a supporto.

Come si legge nella nota: "Non chiediamo soldi a pioggia. Chiediamo misure. Noi, esclusi dal decreto “Cura Italia”, vorremmo indicare una strada. Il solo settore retail non food rappresenta 110 miliardi di fatturato, un milione di lavoratori, quasi 5 miliardi di contributi versati ogni anno. Oltre 20 miliardi di Iva. Almeno 15 miliardi di affitti (...) A causa di questo squilibrio finanziario, in assenza di misure immediate molte delle nostre aziende saranno costrette in breve tempo a cessare definitivamente l’attività, con effetti devastanti non solo per noi e per i nostri dipendenti, ma per l’intero sistema, vista l’enorme filiera alla quale garantiamo sbocchi a valle.".

LE PROPOSTE
Per la fase di emergenza

1. Tutte le aziende che realizzano la maggior parte del proprio giro d’affari attraverso negozi, ad eccezione dei settori non interessati dai provvedimenti di chiusura, devono essere assimilate alle filiere in crisi, come definite dal decreto “Cura Italia”.
2. Gli obblighi di pagamento devono essere congelati o resi cartolarizzabili. Non cancellati, ma posticipati almeno sino a settembre. Nessuna azienda deve fallire per questa crisi.
3. Per gli affitti è necessaria una revisione delle condizioni contrattuali anche post riapertura, data la lentezza prevedibile della ripresa: non pagamento del canone per i periodi di mancato utilizzo dei negozi e una riduzione almeno proporzionale alle perdite di fatturato nei mesi successivi; cartolarizzazione dei canoni sospesi con garanzia dello stato e sgravi fiscali per i proprietari mediante credito d’imposta in proporzione agli sconti concessi.
4. Slittamento almeno a settembre dei termini di pagamento dell’Iva e dei contributi. Cancellazione Imu e Tari per il periodo di crisi. Riduzione aliquote Ires almeno sino a tutto il 2021.
5. Depenalizzazione reati tributari per dichiarazioni regolari ma mancati versamenti.
6. Immediata immissione di liquidità tramite le banche per compensare la mancanza di capitale circolante. Garanzie prestate dallo Stato a fronte di anticipazioni su magazzino o altre forme di collaterale.

Per la ripresa

7. Sgravi contributivi pari al 50% sino al 2021 tali da incentivare il minor ricorso possibile a licenziamenti. Priorità assoluta per noi imprese.
8. Detrazioni fiscali maggiorate sugli investimenti e spese di marketing.
9. Facilitazione del credito al consumo e di soluzioni di pagamento differito, specie attraverso strumenti di pagamenti digitali.
10. Detrazioni d’imposta e voucher a favore di persone fisiche per acquisti di beni e servizi dalle aziende operanti nei settori in crisi.

Aggiornamento al 3 aprile 2020

Dopo la lettera per la richiesta dello stato di crisi inviata al Governo (sotto), Federdistribuzione sottoscrive con le organizzazioni sindacali una nuova denuncia per la "gravità della situazione in cui versa la distribuzione moderna non alimentare", come dichiara il presidente Claudio Gradara:

Un quadro davvero drammatico: negozi chiusi; fatturati pari a zero; crisi di liquidità senza precedenti; merce in casa da pagare ai fornitori o già pagata e non vendibile; paralisi del traffico commerciale ma con costi fissi di struttura quali tasse centrali e locali, canoni di locazione, fornitori. Insieme ai Sindacati abbiamo denunciato questi danni economici che potrebbero portare a conseguenze disastrose nei prossimi mesi. Riteniamo necessaria l’adozione di misure incisive per aiutare le imprese a superare la situazione contingente ma, soprattutto, per consentire alle stesse di tornare ad investire, dare occupazione e intraprendere un nuovo percorso di crescita.

Nell’avviso comune si legge come sia importante semplificare gli attuali ammortizzatori sociali dando certezza e semplicità alle procedure. Inoltre, le parti ritengono di comune interesse e non più rinviabile un intervento normativo che riconosca lo “stato di crisi” del settore della distribuzione non alimentare al pari di quanto è stato fatto per altre realtà di impresa nella stessa situazione e che, in conseguenza di ciò, anche al fine di consentire il mantenimento degli attuali livelli occupazionali, sia garantita alle imprese un sistema organico di interventi in termini di liquidità finanziaria - anche attraverso l’ampliamento delle linee di credito con garanzie dello Stato - e di benefici in termini di agevolazioni contributive e fiscali.

A titolo esemplificativo, basti pensare che H&M ha congelato i nuovi ordini e stimato un secondo trimestre 2020 in perdita dopo un mese di marzo chiuso con vendite a ben -46%. A titolo cautelare il brand aveva già fatto dietrofront sulla distribuzione dei dividendo e preso alcune misure, mentre negli Stati Uniti, come tantissimi altri, si passa a congedi che sanno di preludio a ingenti licenziamenti.

La lettera di fine marzo
Il comparto del commercio al dettaglio non alimentare rappresenta un settore economico fondamentale per lo sviluppo del Paese, con i suoi 110 miliardi di fatturato e più di un milione di dipendenti. Così inizia la lettera inviata da Federdistribuzione al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, al quale si chiedono aiuti immediati per fronteggiare lo stato di crisi indotto dalla situazione coronavirus.

Un appello che si unisce a quello lanciato da Stefano Beraldo, Ad Ovs, per il settore della moda.

"Siamo di fronte ad un settore in crisi, al pari e più di altri che già sono stati dichiarati tali: questa condizione deve essere riconosciuta urgentemente dalle istituzioni, per evitare il peggio. Lanciamo un accorato appello al Governo e alle forze politiche per alcuni interventi immediati e imprescindibili", continua la lettera, che prosegue elencando in particolare 5 interventi necessari:

"1. Sospensione immediata di tutti i versamenti fiscali e contributivi in scadenza a partire dal mese di marzo e almeno fino al mese di settembre, nonché la sospensione di mutui, finanziamenti, leasing ecc. Vanno estese anche al nostro settore le misure già previste per le pmi e le aziende sotto i 2 mln di fatturato: la crisi sta colpendo indistintamente tutte le aziende, grandi e piccole.

2. Attivazione di misure straordinarie e linee di credito specifiche per la liquidità delle imprese, nonché forme di finanziamento, dirette e indirette, per agevolare le stesse nei pagamenti relativi a import e export, attraverso l’attivazione di risorse europee e la disponibilità di Cassa Depositi e Prestiti. Serve una iniezione economica importante con garanzia pubblica totale.

3. Adozione di misure specifiche di de-contribuzione e di riduzione degli impatti fiscali nei periodi di chiusura e nei mesi immediatamente successivi, che saranno caratterizzati da importanti riduzioni di fatturato.

4. Moratoria di sei mesi (marzo – settembre 2020) per tutte le obbligazioni di pagamento gravanti sugli imprenditori appartenenti alle categorie merceologiche più penalizzate, con adeguate coperture di garanzia statali.

5. L’ultima e fondamentale cosa che chiediamo è di fare presto. Dobbiamo agire con massima sollecitudine e correggere il tiro in corso d’opera. Agire come un vero sistema, che si integra, si corazza e si aiuta. Solidali e capaci di far sì che, con un enorme sforzo da parte di tutti, la nostra economia si rimetta in moto. Rapidamente ed efficacemente. Remiamo tutti dalla stessa parte e mettiamo le imprese maggiormente colpite nelle condizioni di sopravvivere. Tutti i settori in crisi devono essere sostenuti, per poter superare la fase d’emergenza e tornare a creare valore, sviluppo e occupazione per il Paese".

LE PROPOSTE AL 10 APRILE DI CENTERGROSS e CNA FEDERMODA

Centergross di Bologna ha presentato in un decalogo di 10 punti proposte e azioni per la ripartenza economica del settore moda, in condivisione con CNA Federmoda.

1) Equiparazione della filiera della moda alle filiere in crisi inserite nel decreto “Cura Italia”. La moda non è una filiera di serie B;

2) Concessione della cassa integrazione Covid-19 anche oltre le nove settimane previste, se necessario;

3) Garanzia dei pagamenti lungo l’intera filiera per evitare blocchi di liquidità che provocherebbero fallimenti;

4) Attribuzione anche ai contratti d’azienda tipici di tutti i centri outlet, e non solo, della legge del Governo che concede ai negozi di categoria C1 un credito di imposta del 60% sul pagamento dell’affitto;

5) Sospensione del pagamento dell’imposta Ires sul bilancio 2019 in attesa del bilancio 2020, sicuramente in perdita, per compensare gli imponibili dei due anni, che può portare a un credito o debito di imposta da dichiarare a maggio 2021;

6) Sospensione per il 2020 di Tasi e Imu su capannoni, depositi, negozi;

7) Messa in atto di condizioni migliorative per le società di moda che hanno sede in Italia, che producono in Italia, e che fanno operare realtà sul territorio nazionale: è questo il vero Made in Italy;

8) Riduzione, se non azzeramento, delle aliquote Iva fino al 31 dicembre 2020 per far ripartire la filiera e i consumi;

9) Riduzione delle aliquote sui contributi fino al termine del 2021 per mantenere i lavoratori a costi sostenibili e favorire la ripartenza;

10) Concessione di finanziamenti agevolati con bonus fiscali per investimenti sul digitale.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome