Ascoltare il suono dei brand

Tradurre l’identità di marca in un’esperienza sonora coerente e consistente in grado di influenzare il consumatore (da Mark Up 299 - maggio 2021)

Fare branding significa dare vita alle marche. Lavorare alla creazione di un’esperienza unica e rilevante, progettare un’identità distintiva che venga recepita e percepita. Spesso si pensa che questo lavoro sia unicamente visivo, esistono invece altri sensi con cui interpretiamo e valutiamo la realtà che ci circonda come, per esempio, l’udito. Oggi, il marketing non ha ancora sviluppato appieno il potenziale del suono ed è un peccato perché un’attenta gestione dei suoni può produrre vantaggi rilevanti a livello di comunicazione e di engagement. Proviamo a vedere quali:

  • Il suono è uno degli stimoli che ci influenza più rapidamente. Si stima che bastino meno di 30 secondi perché una musica agisca sul nostro stato d’animo.
  • È universale, non necessita di traduzioni e non ha confini.
  • Il suono ha un impatto emotivo, influenza il nostro mood.
  • Il suono agisce a livello inconscio. È sia attivo che passivo e non richiede la nostra attenzione per essere efficace.
  • Non è confutabile, non può essere contraddetto né smentito.
  • È omnicanale, può essere applicato in qualsiasi touchpoint di marca, dal sito fino al retail.

La definizione

Tutto questo rende il suono uno strumento molto potente per l’affermazione di un brand. Ogni strumento, però, ha le sue regole. Cominciamo dalla definizione. Il sound branding è il suono del brand e deve riflettere l’identità della marca traducendola in un insieme di suoni, note, melodie, ritmi, tonalità e strumenti. Il punto di partenza è sempre lo stesso: il posizionamento della marca, i suoi valori, il suo purpose, la sua essenza. Si parla quindi di sound identity o audio Dna. Una volta definito questo asset di base, si procede a declinare il suono, i suoni più coerenti e rappresentativi di quel posizionamento. Il touchpoint più rilevante e immediato a cui applicare il sound di marca è lo spazio fisico. A uno stimolo sonoro persuasivo può corrispondere subito una reazione: l’acquisto. Ma le potenzialità del sound in-store vanno molto oltre.
Se è vero che il suono influenza il nostro stato emotivo, allora il giusto mix sonoro che accoglie e accompagna il consumatore lo dispone in uno stato d’animo positivo, un mood in cui è più disposto a valutare un acquisto, come dimostrano le ricerche dedicate a questo campo. Secondo una ricerca di Kantar “Happy Shoppers Spend More”, i consumatori tendono a spendere il 9% in più quando sono felici.
Un altro effetto che nasce dall’uso consapevole della musica in-store si evidenzia nella percezione del tempo da parte del consumatore. Con la musica, il tempo di attesa risulta inferiore e meno noioso. Uno studio sostiene che la percentuale dei clienti che dichiara che la percezione dei tempi di attesa del servizio si riduce se si ascolta musica è del 76%. L’impressione temporale alterata non si limita ai tempi morti, ma in generale alla durata della visita nello store.
Infine, la musica migliora l’esperienza del cliente e il suo senso di lealtà. Secondo il Mood Media & Sacem Study, il Net Promoter Score, vale a dire il tasso di passaparola di un brand, aumenta del 30% quando nel negozio si ascoltano playlist musicali rispetto allo stesso negozio senza musica. I test condotti hanno dimostrato che arricchendo la customer experience con una colonna sonora ad hoc, si aumenta la propensione dei clienti a tornare nello store. Esiste anche un altro aspetto interessante dei benefici del sound branding e riguarda lo staff. I dipendenti, soprattutto nel settore retail, sono infatti la categoria più esposta alle scelte musicali, e questa influenza non è solo una questione di gusti. Il tempo e il ritmo della musica dentro lo store possono avere un impatto anche sulla produttività dei dipendenti. Uno studio statunitense a cura di Adrian North e David Hargreaves dal titolo “Music Tempo, Productivity and Morale” ha coinvolto 72 dipendenti di una società di elaborazione buoni sconto per una catena di centri commerciali. Nel corso di tre settimane, il personale è stato esposto a musica dal ritmo sia veloce sia lento oppure fatta lavorare senza musica. Nei giorni in cui la playlist era veloce, la produzione è salita del 22% rispetto ai giorni in cui si ascoltava musica lenta. La percentuale era invece del 12% in più di buoni sconto elaborati nei giorni di musica veloce rispetto ai giorni in cui la musica era assente.

Un caso emblematico

È chiaro che le potenzialità legate all’uso dei suoni, dei messaggi vocali e della musica devono essere valutate e sviluppate attraverso uno studio strategico del sound branding, capace di tradurre l’identità di marca in un’esperienza sonora coerente e consistente in grado di influenzare il consumatore.
All’interno di uno store si può anche andare oltre, e progettare un sound design specifico per una particolare esperienza di acquisto. Il caso di Harrods è emblematico: ha affrontato un progetto di definizione della sua sound identity con The Sound Agency e ha sviluppato un’intera piattaforma sonora per tutti i suoi spazi commerciali. Il lavoro più interessante è stato svolto per Harrods Toy Kingdom, lo spazio dedicato ai bambini. Sono stati progettati diversi paesaggi sonori di sottofondo legati ad ambienti differenti, combinati con effetti sonori dal vivo. Mentre il bambino o la bambina passeggia tra gli scaffali, può scoprire e ascoltare sussurri di fate, piante parlanti, un’intera parete sonora, rumori di automobili e treni riprodotti dagli espositori. Insomma, uno spazio vivo che offre un’esperienza immersiva.
L’importanza del sound branding è destinata ad aumentare sia come veicolo del messaggio della marca sia come strumento per il raggiungimento di una brand experience davvero multisensoriale. Più l’esperienza diventerà omnicanale, più i brand avranno bisogno di strumenti per offrire coerenza e consistenza ai propri clienti. In Italia questo processo si sta svolgendo più lentamente, e molti brand sono indietro nello sviluppo di customer experience che coinvolgano tutti i sensi. Ecco un ottimo motivo per cominciare subito a lavorare sulla propria sound identity.

Una delle prime applicazioni del sound branding sono i jingle o audio-logo. Si tratta di brevi melodie di pochi secondi, suoni semplici e unici che istantaneamente evocano il brand. Anche questi elementi seguono la stessa regola: rappresentare l’identità marca. I jingle che funzionano hanno la forza di farci pensare subito al brand di riferimento. Chi non ha nelle orecchie i jingle di Mc Donald’s, Apple, Audi o Intel? Tra le novità, Mastercard ha di recente presentato un rebranding, che comprende anche il sound branding e un audio-logo interessante.

Sonorità

I primi cinque brand in classifica -Mastercard, Shell, Apple, Google e Amazon- hanno ottenuto il loro ranking adottando due diverse strategie: Mastercard e Shell hanno creato e sviluppato un’identità sonora olistica, riconoscibile e adattabile a tutti i touchpoint digitali e fisici compongono la customer experience. Mentre Apple, Google e Amazon, si sono guadagnati una posizione nella top five grazie alla forza del suono dei loro stessi prodotti, all’uso della voce e delle tecnologie vocali come veicolo dei valori del brand. Per contro, i brand che hanno ottenuto un punteggio più basso, scontano la minore efficacia della strategia adottata e, cioè, puntare tutto su un solo audio-logo o jingle per comunicare all’interno di più canali.

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