Autorevoli, quando si parla di alimentazione di qualità

Coverstory Mark Up 306 2022
Fonte: Ice, Coldiretti, Nomisma, Federalimentari, Emp Advisory
L’agroalimentare italiano vola oltreconfine, proprio grazie all’incremento di domanda del prodotto alto di gamma: salutare, sostenibile, innovativo. Lo raccontano le aziende protagoniste all’estero. Si guarda a nuove sfide in Cina e nel Far East, ma anche al consolidamento nei mercati storici maturi del Made in Italy

La pandemia ha paradossalmente fatto da catalizzatore delle esportazioni italiane. Ha ampliato la base dei consumi e aperto nuovi mercati. Continua l’onda lunga e si guarda molto al Middle e Far East. In base ai dati di Federalimentare nei primi nove mesi del 2021 le esportazioni dell’industria alimentare sono aumentate del 10,3 % rispetto al 2020. Il Patto per l’export mira ad aiutare le imprese a internazionalizzarsi e la comunicazione è uno dei sei pilastri. L’internazionalizzazione, soprattutto delle Pmi, è alla base della strategia di Ice che punta in particolare al digitale: in meno di due anni ha messo in campo 31 accordi con marketplace ed eTailer, che diventano vetrine del made in Italy all’estero (uno degli ultimi ha favorito l’accordo tra Amazon e Regione Marche per sostenere le tipicità marchigiane). Si guarda ai finanziamenti del Pnrr come strumento per colmare alcune lacune strutturali, come quelle legate alla logistica. Ma rimangono sul tappeto altre criticità. La prima è la frammentazione delle imprese. Il 90% dell’export è realizzato da meno del 5% delle aziende agroalimentari; venti aziende del vino fanno il 40% delle esportazioni e quelle con fatturati superiori ai 50 milioni di euro oltre la metà (il 54%), secondo un rapporto dell’Osservatorio di Federvini. Le piccole cantine hanno perso in media il 20% di export durante la pandemia (dati Nomisma). Il salutismo, nei suoi eccessi, potrebbe avere poi risvolti pericolosi in sede di decisione europea. Il contestato Nutriscore, la nuova etichetta sugli alcolici, che si lega a doppio filo al Piano di lotta contro il cancro sviluppato in sede europea e quello dell’Oms, che intende ridurre del 20% il consumo di alcol entro il 2030, rischiano di determinare pesanti ricadute sui nostri prodotti. C’è poi la tutela del made in Italy, contro l’italian sounding e la difficile difesa delle Dop e Igp. A medio termine va poi monitorata la strategia Ue di promozione del novel food in chiave di sostenibilità: i successi del plant-based sono sotto gli occhi di tutti, ma si guarda oltre. Fanno già discutere i finanziamenti europei a due aziende olandesi che lavorano per la carne da laboratorio (Nutreco e Mosa Meat), un settore su cui ci sono forti investimenti a livello globale.

IL PERCEPITO DEL MADE IN ITALY
Roberto Morelli, Cmo di illycaffè

Il caffè è uno degli emblemi del made in Italy all’estero: +12,6% la crescita delle esportazioni nei primi nove mesi del 2021 (dati Federalimentare). Per illycaffè, presente in oltre 140 Paesi, l’export genera circa i due terzi dei ricavi: nel 2020 sono stati 446,5 milioni di euro. “Nella fase iniziale del lockdown, lo scorso anno, in tutti i mercati si è sviluppata una tendenza a premiare il ‘consumo nazionale’, inteso come un naturale e diffuso senso di tutela dei prodotti e dell’economia di ciascun Paese -racconta Roberto Morelli, chief marketing officer di illycaffè-. Allentatesi le restrizioni, gli scambi internazionali sono tornati progressivamente alla norma-lità e oggi le opportunità per il made in Italy sono ancora più ampie”.

Umberto Villa, Responsabile Export di Monini

Un prodotto di base che ha avuto un grande exploit è l’olio di oliva, altro simbolo tricolore. L’export pesa per il 47% del fatturato di Monini, che nel 2020 ha raggiunto i 73,6 milioni di euro, con una crescita del 18%.

“L’italianità nel food vive un momento di grande attrattività, perché la pandemia ha contribuito ad accendere ancora di più l’attenzione di tutti a livello globale su ciò che mangiamo e sulla necessità di nutrirsi di prodotti qualitativi, salutari e sostenibili" conferma Umberto Villa, direttore export Monini.

E l’Italia è sicuramente il Paese che gode di più autorevolezza a livello mondiale quando si parla di food di qualità”. Sulla qualità del prodotto italiano c’è piena convergenza dei mercati.

 

L’altra faccia della medaglia è la difesa dalle imitazioni, una delle maggiori criticità su cui Il Consorzio del Parmigiano Reggiano Dop è in prima linea. Il suo giro d’affari al consumo è di 2,35 miliardi di euro e 1,35 miliardi alla produzione. Ha chiuso il primo semestre 2021 con risultati eccezionali, con le vendite a volume cresciute del 12,5% rispetto al periodo pre-pandemia.

Il Consorzio Parmigiano Reggiano registra ampi spazi di crescita in mercati lontani, come Cina e Sud America

“Il Parmigiano Reggiano ha una brand awareness altissima -spiega il Consorzio-. In comunicazione stiamo lavorando per esplicitare per quale motivo il consumatore dovrebbe spendere qualche euro in più per acquistare il Parmigiano Reggiano invece di un similare. È importante raccontarne la storia, i motivi per i quali il nostro formaggio può essere prodotto solo in zona di origine, i valori nutrizionali che lo rendono unico. Da sempre è garanzia di naturalità, genuinità e viene consigliato dai medici nella dieta dei bambini, dei giovani adulti, degli anziani e degli sportivi per le sue qualità nutrizionali”. L’italian sounding rappresenta il “primo nemico”. Il Consorzio stima che il giro d’affari del falso Parmesan fuori dall’Unione Europea, dal Parmesao brasiliano al Reggianito argentino, fino al Parmesan diffuso in tutti i continenti, sia di 2 miliardi di euro. Tutti gli accordi di libero scambio costituiscono pertanto dei passi avanti: “Sono tappe intermedie verso il nostro traguardo: il raggiungimento della totale protezione del nome e delle sue traduzioni”.

Per i prodotti a denominazione d’origine, che valgono 10 miliardi di euro di export, Coldiretti, Filiera Italia e Origin Italia-Associazione italiana consorzi indicazioni geografiche, hanno chiesto la loro esclusione da sistemi di etichettatura nutrizionale, come è stato fatto con il decreto nazionale che ha istituito il Nutrinform battery. Il Consorzio del Parmigiano Reggiano Dop si sta impegnando, insieme con le altre Dop, contro l’adozione del sistema Nutriscore: “Una misura svalorizzante per l’immagine dei prodotti a indicazione geografica, nonché sistema di classificazione fuorviante e ingannevole per il consumatore”.

PASTA SUPERSTAR

La pandemia ha determinato un vero boom dei consumi di pasta. De Cecco ha chiuso il 2020 con una forte crescita mentre nel 2021 vi è una marginale e naturale flessione su alcuni mercati.

Aquiliano Carlo De Cecco
Carlo Aquilano, Responsabile Commerciale di De Cecco

“Stiamo osservando un’ulteriore accelerazione internazionale della centralità della pasta nell’alimentazione delle famiglie proprio perché combina gusto e nutrizione equilibrata” fa notare Carlo Aquilano, direttore commerciale. È però interessante constatare che il mercato chiede al prodotto italiano qualcosa in più: tutela dell’ambiente, tracciabilità, sicurezza alimentare. Recentemente De Cecco è stata insignita del sigillo Green Star-Sostenibilità nell’ambito della più grande ricerca sul tema mai condotta in Italia, realizzata da Itqf (Istituto tedesco della qualità e finanza) in collaborazione con l’Imwf (Istituto per il management e la ricerca economica di Amburgo). Lo sviluppo di un pack primario 100% riciclabile nella plastica e nella carta, come la riduzione della volumetria, sono sempre più un messaggio importante che va di pari passo con la tracciabilità e la sicurezza. “Abbiamo una filiera italiana e internazionale tracciata e salubre così come dichiariamo i tempi certificati della lenta essiccazione a bassa temperatura su ogni singola confezione. Sul fronte della sicurezza gli ultimi test in Italia e in Germania confermano la qualità di De Cecco sul tema caro ai consumatori del ‘glifosate zero’. Sta poi emergendo anche quello delle contaminazioni della pasta da altri prodotti fitosanitari, come il piperonyl butoxide, e da micotossine come il deossinivalenolo: anche su questi valori De Cecco è risultata nei test al primo posto, con l’assenza totale di queste sostanze”.

All’Italia è riconosciuta anche la capacità di sapere selezionare. La dimostrazione è il successo che sta avendo Compagnia dei Caraibi nel mondo spirits. L’azienda piemontese, nata a Vidracco (To) nel 2008, importa e distribuisce prodotti premium e super premium da tutto il mondo: rum, whisky, brandy, agavi (tequila, mezcal), gin, vodka, liquori, fino alle sode.

LA CORSA AL MIDDLE E FAR EAST

In base ai dati di Federalimentare (primo nove mesi del 2021), a crescere di più sono i mercati asiatici, con in testa la Corea (+42,2%), Cina (+44,1%), Malaysia (+37,0%) e Vietnam (+21,6%); più contenuta la performance con il Giappone (+4,5%). Non è un caso che l’Agenzia Ice, abbia recentemente avviato un nuovo accordo con Amazon a sostegno dell’internazionalizzazione di piccole e medie imprese con l’obiettivo di portare almeno 600 nuove Pmi nella vetrina del made in Italy del marketplace sui siti esteri di Emirati Arabi Uniti e Giappone. Corre anche il mercato Usa (+16,2%). In Europa spicca il +21,8% verso la Russia (nonostante l’embargo), il +19,5% con la Polonia, la crescita sui mercati maturi come Germania (+6,5%) e Francia (+6,2%). Nota negativa per Uk (- 0,5%), dove pesa l’effetto Brexit. “Guardiamo, non da breve tempo ma in un’ottica di sviluppo a medio e lungo termine, sia ai mercati tradizionali, come quello europeo, sia a quelli più lontani come gli Usa e l’Asia -fa sapere Morelli-. Riteniamo che gli Stati Uniti continueranno a essere un motore chiave dell’economia e dei consumi, anche e soprattutto per il caffè di qualità”.

I numeri del 2021 premiano l’export con la Cina. Un caso interessante riguarda l’olio d’oliva: nel 2019 ha importato 6 milioni di litri di olio di oliva di origine italiana, dei quali 4 milioni di extravergine. Il mercato è quasi totalmente in mano alla Spagna. Monini punta ad aprirsi una “via della seta” attraverso un lavoro di promozione culturale del prodotto e dello stile alimentare italiano. Il made in Italy viene percepito come brand di lusso e i target sono, pertanto, i consumatori culturalmente aperti, abitanti di città come Pechino, Shanghai, Guangzhou e Shenzhen. L’obiettivo è triplicare il fatturato e i volumi di vendita entro il 2024. “Per i prossimi anni abbiamo un importante piano di sviluppo focalizzato sul mercato cinese -rivela Villa-. Nel 2020 sui mercati esteri siamo cresciuti a doppia cifra registrando un +20% a volume rispetto al 2019. I più performanti sono stati quelli europei, in primis Russia, Polonia, Francia e Svezia. Ma anche mercati extraeuropei come l’Australia e la Corea del Sud”. L’azienda ha aperto più canali di dialogo, inserendosi sui principali social made in Cina. Sul fronte commerciale, l’iniziativa viene supportata dall’apertura, in collaborazione con un distributore locale, di un Flagship Store su JD.com, il più grande retailer online in Cina (oltre 360 milioni di clienti). A partire da febbraio 2022 Monini sarà presente con un suo Flagship store anche su Tmall, colosso del commercio online, appartenente al gruppo Alibaba. I primi prodotti proposti sono “mainstream”: accanto al Classico, l’extravergine portabandiera dell’azienda umbra, sono stati introdotti l’olio di oliva e l’olio di vinacciolo, capace di integrarsi facilmente nella cucina asiatica.

Proporre l’olio in Cina e nel Far East è una scommessa anche per la Compagnia Alimentare Italiana, per cui l’export vale il 70% del fatturato (35 milioni) e i cui marchi sono presenti in oltre 65 Paesi nel mondo. L’azienda, sede operativa a sud di Roma, ha fatto della ricerca e dello sviluppo la prima a ragione della propria mission. Dal 2012 commercializza Sprayleggero, un innovativo olio spray, 100% naturale. “Sicuramente il Far East e il Middle East sono le zone del mondo i cui mercati mostrano un interesse sempre maggiore nei confronti dei prodotti e delle produzioni che meglio esprimono l’italianità -fa sapere il direttore generale Adriano Mantova-. I Paesi che pesano di più nella percentuale del fatturato sono gli Stati Uniti, ma sono fondamentali alcuni Paesi del Medio Oriente e del Far East. Pertanto continuiamo a investire nella penetrazione del marchio Mantova in Cina e aprirne di altri in mercati emergenti e a forte crescita nel lungo periodo”.

LA SPINTA DI DUBAI 2020

Il Medio Oriente è uno dei mercati più promettenti: da Expo 2020 Dubai ci si aspetta un’ulteriore spinta. E non a caso uno degli ultimi accordi per la digitalizzazione delle imprese italiane tra Ice e Amazon riguarda una vetrina del made in Italy sulle piattaforme degli Emirati Arabi. Uno dei mercati in cui sta investendo il Consorzio del Parmigiano Reggiano (un prodotto sempre più internazionale, con quota export che supera il 44%), con campagne di comunicazione mirate. “Ci sono anche ampi spazi di crescita in mercati come Cina e Sud America dove la nostra presenza è ancora marginale -fa notare il Consorzio-. Tra i mercati più dinamici vi sono certamente quelli del Nord Europa, Stati Uniti e Canada, che registrano ottime performance, così come alcuni tra i mercati storici in Europa, in particolare Francia e Germania”.

Negli ultimi dieci anni l’export della pasta italiana è cresciuto del 67%. E i Paesi dove è aumentato di più sono Cina, l’Est Europa, come Ucraina e Romania, e l’Arabia Saudita. Decisa rotta verso Est anche per De Cecco che nel 2021 ha raggiunto una incidenza dell’export pari a quota 45% su una geografia di oltre 100 Paesi del mondo. “Il Middle East è in fortissima crescita, come la Russia, ma anche Germania, Spagna, Olanda, Svezia con un grande occhio di riguardo verso il mercato statunitense che si contraddistingue per una grande dinamicità” sottolinea Carlo Aquilano, responsabile commerciale. L’azienda è fortemente focalizzata sul segmento premium quality. “Andiamo prioritariamente a leggere i bisogni dei retailer e dei consumatori per mettere a punto un’offerta sartorialmente formulata che si concretizzi nel perfect shelf. Affianchiamo i retailer partner che vogliono realizzare progetti di category per intercettare le evoluzioni del consumatore e meglio costruire assortimenti ancor più vicini ai nuovi stili di vita”.

Edelberto Baracco, Ceo di Compagnia dei Caraibi

L’Est Europa è un territorio in grande crescita anche per Compagnia dei Caraibi, che da luglio è approdata in Borsa. E ha assunto una dimensione sempre più forte sui mercati esteri con l’apertura di due filiali, una in Spagna e l’altra a New York.

“Il mercato estero cresce del 100% rispetto al 2020: per noi è strategico. C’è stato un grande cambiamento: nel periodo pre-Covid era trainante per noi il Sud Europa, oggi forte attenzione arriva dal Nord ed Est Europa -fa notare Baracco-. Sono i mercati che stanno dando la miglior risposta rispetto a un prodotto comunicato, con valore aggiunto e una storia. E al fatto che noi rappresentiamo il concetto di eccellenza per la liquoristica italiana”.

LE NUOVE GENERAZIONI

L’innovazione di prodotto è un fil rouge mondiale, sospinto dalle nuove generazioni, attente alla sostenibilità e al benessere, in cerca continuamente di novità e sperimentazione. Il prodotto made in Italy deve pertanto cercare di mantenere la sua unicità ma rispondendo al nuovo lessico del food. È quello che fa illycaffè. “L’innovazione di prodotto è fatta di varietà e personalizzazione del consumo, che perseguiamo in coerenza con il nostro unico blend -continua Morelli-. La spinta alla sostenibilità è fortissima e si lega alla crescente coscienza dell’opinione pubblica mondiale, stimolata dalla salutare sensibilità delle giovani generazioni. Per un’azienda come la nostra, che ha sempre avuto nella sostenibilità sociale e ambientale una parte fondamentale della propria ragion d’essere, la sostenibilità è un modo di operare quotidiano, che discende dall’identità aziendale e dalla cultura del business”. Illycaffè è inserita tra le World’s Most Ethical Companies ed è la prima azienda italiana del caffè ad avere ottenuto la certificazione internazionale B Corp. “Manteniamo un rapporto diretto con i coltivatori, cui riconosciamo un prezzo superiore alla media del mercato grazie alla qualità in cui s’impegnano”. La sostenibilità è la parola chiave anche per Monini che si è posta così come apripista del settore in un percorso di carbon neutralità. “Siamo concentrati anche all’estero a implementare e trasferire i punti salienti del nostro Piano sostenibilità 2030, convinti che questo generi valore per il brand e l’intera categoria -dichiara Villa-. Nel 2020 siamo riusciti in diversi mercati export a consolidare la nostra leadership di marca, cogliendo opportunità importanti in termini di ampliamento di gamma e di distribuzione. Trend che abbiamo continuato a cavalcare anche nel 2021. Il nostro GranFruttato e il nostro biologico Bios ci stanno regalando soddisfazioni importanti in diversi mercati europei. Sono prodotti premium, organoletticamente eccellenti, 100% Italiani, la cui filiera è interamente tracciata. Abbiamo inoltre appena presentato, primi tra i grandi brand, gli extravergini carbon neutral: Classico e Delicato che rappresentano circa il 67% delle bottiglie prodotte in un anno dall’azienda. Recentemente abbiamo inoltre lanciato una novità assoluta: le olive biologiche 100% italiane in pouch, realizzate in house grazie a una linea produttiva dedicata. È un progetto su cui abbiamo grandi aspettative”. La pandemia ha premiato ulteriormente i consumi di Parmigiano, che gode di un vantaggio eccezionale: quello di essere un prodotto naturalmente privo di conservanti. Il suo gusto umami, tra l’altro, è riconosciuto e apprezzato dal consumatore orientale. “Il cliente dei supermercati ha orientato la sua decisione di acquisto verso prodotti rassicuranti, di valore e tradizione -commenta i Consorzio-. In questa direzione il comportamento ha premiato soprattutto le Dop e, in particolare, il nostro Parmigiano Reggiano, ma le abitudini sembrano consolidarsi”. Tutela dell’ambiente, tracciabilità e controllo della filiera sono ormai requisiti fondamentali.

LA PIRAMIDE ALIMENTARE

La pandemia ha giocato un ruolo importante sui mercati internazionali nella scoperta o riscoperta della pasta come alimento base della piramide alimentare; una meal solution pratica e versatile da preparare, economica e completa dal punto di vista nutrizionale. Ma anche un ingrediente base per assecondare il trend dell’homecooking, con un allargamento della base dei consumatori. “Al crescente ruolo della pasta all’interno dei consumi e degli stili di vita delle famiglie internazionali, si legano anche altri trend di consumo -spiega Aquilano-. Come la crescita della domanda di paste salutistiche, senza glutine, tradizionali e a connotato d’innovazione; dei prodotti dell’area delle specialità gastronomiche e regionali in seguito all’esplosione del trend ‘chef a casa’; la polarizzazione dei consumi (sul premium e sul primo prezzo più basso o discount) che tende ad accentuarsi anche su diversi mercati internazionali; la multicanalità di acquisto, in particolare l’eCommerce”.

La qualità è la carta di identità del prodotto made in Italy. E punta su quella Compagnia dei Caraibi che ha in portafoglio prodotti che rappresentano l’universo dell’aperitivo italiano da un punto di vista del posizionamento premium, in controtendenza rispetto a un mercato specifico che oggi sta vivendo un’anima prevalentemente di crescita a volume. Interessante è la crescente attenzione agli aspetti della sostenibilità. “Il mondo spirits è avanti nel concetto di impatto ambientale della produzione, consumo energetico, riciclo dei residui, supply chain. Il 2022 vedrà maggiore presenza di prodotti sostenibili nel portafoglio spirits”. Fondamentale per il brand è l’attenzione al dettaglio, alla comunicazione di storie di valori, una caratteristica molto apprezzata. “In questo momento le etichette sul mercato estero più performanti sono il Vermouth riserva Carlo Alberto e l’amaro Jefferson, due cavalli di battaglia, prodotti di punta all’interno di un portafoglio più ampio. Vogliamo anche inserire un percorso nel mondo vini (il recente progetto Elemento Indigeno consta di un catalogo di oltre 330 referenze da 27 Paesi), inteso come prodotto concepito nel rispetto del territorio, quindi vino con una forte connotazione sostenibile”.

Il made in Italy è anche innovazione di processo e su questo punta Compagnia Alimentare Italiana. “Il nostro focus è volto all’integrazione di nuove tecnologie produttive per migliorare la qualità e la sicurezza dei prodotti. Il motore propulsivo della nostra azienda è il viaggiare per il mondo per assorbire i bisogni e i trend dei consumatori in ogni parte del pianeta. Questa combinazione di forze motrici è stata ed è alla base dei nuovi prodotti iconici che sono stati immessi sul mercato” sostiene Mantova.

L'AUMENTO DEI COSTI

Una preoccupazione crescente, con la nuova ondata pandemica, arriva dal rialzo dei costi delle materie prime, energia gas, logistica. “Le aziende a forte vocazione internazionale sono le più penalizzate perché subiscono maggiormente l’incremento dei costi di trasporto. L’uscita dalla pandemia sta comportando un tipico ‘shock da domanda’, cui l’offerta e la capacità produttiva non riescono ad adattarsi nel breve termine -fa notare Morelli-. Ciò provocherà a mio avviso un incremento dei prezzi superiore a quello stimato, che inevitabilmente si rifletterà sui prezzi al consumo in tutti i settori, compreso quello del caffè. È probabile che il fenomeno non sia di lunga durata e si riassorba progressivamente nella seconda metà dell’anno, ma l’esperienza ci insegna che in casi simili i prezzi non tornano mai indietro fino al punto di partenza".

BENESSERE ANIMALE

Previsti incentivi economici per invogliare gli allevamenti della filiera del Parmigiano Reggiano (2.609 allevatori conferenti latte ai caseifici) a raggiungere standard ancora più elevati: in particolare, è stato messo in pista un grande progetto per il benessere animale sul quale sono stati investiti oltre 10 milioni di euro.

Coverstory Mark Up n. 306, febbraio 2022

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome