È quanto mette in luce l’Osservatorio del Politecnico di Milano sul tema: ma in Italia le Pmi rimangono indietro
Vale 905 milioni di euro il mercato degli analytics in Italia con una crescita del 15%, 2016vs2015. Il dato, rilevato dal Politecnico di Milano nell’Osservatorio Big Data Analytics & Business Intelligence, presenta anche interessanti insight se disaggregato nelle componenti più importanti: 722 milioni di euro vale la business intelligence mentre i big data generano 183 di euro di giro d’affari. Una cifra il cui valore assoluto non stupisce, ma che presenta una la derivata più elevata con una crescita del 44% anno su anno.
Uno stacco netto
Nell’ambito degli analytics il tessuto imprenditoriale italiano si spacca: ne fanno uso quasi esclusivamente le grandi imprese che generano l’87% degli investimenti rispetto al 13% residuale in essere alle Pmi. Nel 2017 gli investimenti cresceranno: lo conferma il 37% del campione dei Cio che ha dichiarato la volontà di muoversi in questa direzione come priorità. A tal proposito la ricerca del Politecnico ha coinvolto 950 Cio e 300 player dell’offerta con interviste dirette o fonti secondarie.
Un altro dato rilevante è quello degli skill che il mercato richiede: non solo servono figure come i data scientist, ma urge adeguare il parco competenze interne alle imprese e con esso adottare un modello organizzativo che sappia privilegiare progettualità di lungo respiro basati su questi strumenti statistici. L’Osservatorio del Politecnico parla di “big data enterprise”, identificando appunto quelle imprese che hanno implementato un modello in grado di trarre vantaggio dagli analytics e big data.
Il valore della conoscenza
Le grandi imprese (con oltre 249 addetti) utilizzano i descrittive analytics correntemente (89% del campione). L’ambito di maggiore interesse sono i predicative analytics che però sono ristretti a precisi ambiti applicativi (30%) o in fase di progetto pilota (29%). Si tratta di una famiglia di applicazioni che operano su base statistica che a partire dall’analisi corrente e dello storico di un dato fenomeno complesso o serie di processi, determinano uno scenario di previsione utile per le pianificazioni in diverse aree di business. Questo tipo di applicazioni stanno anche guadagnando l’ingresso delle tecnologie di machine learning, la capacità di utilizzare algoritmi che apprendono automaticamente. Come accennato, tali strumenti sono impiegati solo dalle grandi aziende e i settori di applicazione ne sono una conferma: bancario (29%), manifatturiero (22%), telecomunicazioni e media (14%), PA e sanità (8%), altri servizi (8%), Gdo (7%), utility (6%) e assicurazioni (6%).
Sui Big Data
Tranne gli addetti ai lavori, il resto del mondo non dimostra di avere le idee chiare sul concetto di Big Data. Non si tratta di dati provenienti dall’attività aziendali propria, ma dati derivanti da fonti esterne, spesso poco raffinati ma massivi, che in vari modi hanno punti di contatto col target degli obiettivi aziendali. Secondo l’Osservatorio del Politecnico di Milano, il 32% delle imprese acquista dati da integrare con quelli aziendali, utilizzano data provider o altri soggetti. La vendita dei dati è un’opportunità di business interessante per le imprese, ma solo il 7% del campione dimostra di esserne consapevole.
Il fatto che questo settore rappresenti una delle più interessanti frontiere di innovazione, lo dimostra il fervore che sta attorno alle startup che si occupano a vario livello di big data e analytics: dal 2012 a oggi, gli investitori istituzionali hanno allocato un monte finanziario di 3,18 miliardi di dollari nel mondo.