Brand Urbanism un nuovo dialogo tra marchi, istituzioni e cittadini

Ripensare le città partendo dalla condivisione dei valori e da un nuovo patto di fiducia. Nascono così progetti che cambiano quartieri e centri urbani per renderli posti migliori in cui vivere e riconoscersi con il purpose del brand

La relazione tra brand e città ha radici profonde e complesse. Pensiamo, ad esempio, agli storici murales che Armani e Gucci realizzano da anni nel centro di Milano che riflettono una relazione solida con il capoluogo insieme al desiderio di condividere il purpose nella valorizzazione di angoli di città. Questo è solo il punto di partenza di un rapporto che, negli ultimi anni, è diventato un dialogo a tre voci tra brand, centri urbani e persone.

Obiettivo: rendere le città posti migliori in cui vivere, aumentandone l’attrattività. In una definizione: brand urbanism. A coniarla è, nel 2019, JCDecaux, indicando quelle attività a scopo benefico promosse e finanziate dai marchi mirate a forme di collaborazione con la città e i suoi abitanti. Le radici di questa tendenza, già in atto da diversi anni, si sono consolidate durante la pandemia quando, come indicato nel Trust Barometer di Edelman, la fiducia è diventata un aspetto centrale nella vita delle persone e i consumatori hanno chiesto ai brand di prendere posizione rispetto a temi sociali, manifestando una forte attrazione nei confronti di realtà impegnate nel cambiamento. I brand, per soddisfare le aspettative dei consumatori in mercati più local che global e sperimentare nuove e più ingaggianti forme di comunicazione, vengono incontro ai bisogni di città ma anche di piccoli centri che stanno affrontando nuove sfide sociali e ambientali e desiderano rendere più attrattivi i territori e rigenerare le periferie anche a fronte di budget ridotti.

Ecco perché il brand urbanism è anche una forma di corporate philantropy e neomecenatismo. Il dialogo con le realtà locali diventa parte della strategia di marketing e di un’analisi trasversale dei bisogni e delle caratteristiche dei centri coinvolti in un’unione virtuosa tra brand, istituzioni e cittadini. Il brand urbanism non può trascendere da questa relazione. Le declinazioni, invece, sono molteplici e fantasiose, proprio perché si adattano alle caratteristiche che rendono uniche le città, spaziando dalla definizione di nuove abitudini alla rigenerazione dei quartieri, fino a interventi di sostenibilità ambientale.

Rigenerazione collettiva

La parola d’ordine è rigenerazione, intesa come una modalità per elevare contesti urbani attraverso forme artistiche e di partecipazione collettiva. Tra i pionieri, Nike con progetti dedicati alla mobilità urbana, come Biketown a Portland (una rete di bike sharing) e all’ideale dello sport che ha portato alla rinascita del campo di pallacanestro nel Pigalle Duperrè Court, a Parigi. Sulla stessa linea anche Vans che a San Paolo ha creato il primo skatepark dell’America Latina e Decathlon che a Lille, nel nord della Francia, ha allestito delle cabine doccia in una zona di uffici per incentivare le attività sportive anche per i più sedentari. In Belgio, la Dulux Paints, con la campagna “Let’s colour”, ha donato 15mila litri di pittura a Charleroi che, nominata come “la città più brutta del mondo” ha ricevuto in regalo un coloratissimo restyling. La street art rappresenta una delle forme più immediate di brand urbanism. Tra i progetti più recenti, quello di Vivident che ha ripensato il quartiere Isola, a Milano, con un format realizzato in sinergia con le associazioni locali, lanciato in occasione della Design Week 2021 e rinnovato nel 2022 con tre giorni di incontri, mostre e street art per dar voce alle attività imprenditoriali del quartiere. Isola Vivident nasce per ricreare delle occasioni di incontro post pandemia ed esprimere l’anima di un quartiere “dove tutti si conoscono” e in cui gli “spunti di dialogo”, che decorano la fermata Isola diventano un pattern artistico in continuo dialogo con i cittadini.

L’arte è la forma d’elezione per condividere messaggi importanti. È il caso di Hendrick’s, che in occasione del lancio del nuovo Neptunia Gin by Hendrick’s ha portato il mare a Milano, grazie all’installazione dell’artista Matteo Cibic. L’opera contiene al suo interno un sistema fluido di microalghe in grado di convertire il carbonio in ossigeno con una capacità equivalente a 500 alberi. L’evento, infatti, fa parte di un progetto di sostenibilità attivo nella riforestazione di 100 mq di tratto di fondale marino in Sardegna con il trapianto di 2500 piante di posidonia, fondamentali per l’ecosistema marino e il benessere dell’ambiente. Più legate alle strategie di hyper local, sono due campagne dedicate ai quartieri. Gorillas, l’app di spesa online, ha realizzato 23 advertising per gli altrettanti quartieri delle città in cui il servizio è attivo, rafforzando il concetto di supermercato on demand di stampo iperlocale dove ogni zona ha il proprio stile di vita, abitudini e tipicità.

Zalando facendo leva su un collante universale, la musica, in occasione di Sanremo ha chiesto a tre artisti di interpretare la loro versione di “Nessuno mi può giudicare” nei quartieri delle città d’origine. BigMama da NoLo, a Milano, Laila Al Habash alla Garbatella di Roma e Livio Cori nei Quartieri Spagnoli di Napoli, con la campagna “Voce allo stile” e forti dello slogan “Le strade sono il nostro palco” sono stati protagonisti di 3 video e 3 advertising dedicate a intrecciare musica, brand e unicità locali.

Espressione del territorio

Le attività di brand urbanism diventano parte di un racconto corale che coinvolge, insieme, grandi città e piccoli centri. Un esempio è le Cabine d’Autore di E-Distribuzione, un progetto di riqualificazione delle cabine elettriche che sta creando un museo a cielo aperto che attraversa tutta l’Italia.

Le cabine elettriche diventano tele per la street art, coinvolgendo writers, artisti di strada, scuole e associazioni culturali locali. Il risultato sono opere d’arte che diventano espressione del territorio: le Cabine in Rosa raccontano le tappe del Giro d’Italia; a Fossò, in Veneto, si celebra la tradizione dei calzaturifici; a Castell’Arquato l’impronta medievale; a Pozzuoli Totò; a Sferracavallo, in Umbria, Aldobrando Netti, originario di Narni, pioniere nel campo della produzione di energia.

Nell’ex villaggio minerario dell’Argentiera, in Sardegna, la cabina è realizzata in AR e, grazie a un’app dedicata, permette di dialogare con il minatore ritratto e ripercorrere la storia della comunità.

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