Brevetto Unitario: se non ora quando?

Il brevetto unitario comporta indubbi vantaggi per le imprese e per lo Stato. L'Italia dovrebbe aderire senza indugi al nuovo sistema di protezione e contenzioso brevettuale.

La mancata adesione dell’Italia al nuovo sistema europeo di protezione e contenzioso brevettuale porta un indubbio svantaggio economico alle imprese e allo Stato italiano.

È ormai da oltre un quarto di secolo che si lavora alla costruzione di un Brevetto Unitario per l’intero territorio dell’Unione Europea (come è noto, l’attuale Brevetto Europeo è infatti solo un fascio di brevetti nazionali, concesso unitariamente ma poi “nazionalizzato” in ciascuno Stato a cui il titolare voglia estenderlo, previa traduzione nella lingua locale, ed è quindi equiparato a un fascio di brevetti nazionali) e di una Corte Europea dei brevetti (la Unified Patent Court) che assicuri unità e coerenza nella protezione di essi.

I vantaggi dell’unificazione sono tanto più forti per le piccole e medie imprese, che soffrono in modo proporzionalmente maggiore dei costi della brevettazione e della difesa giudiziaria contro la contraffazione: basti pensare che attualmente il solo costo delle traduzioni dei brevetti concessi nelle lingue nazionali ( che il sistema del Brevetto Unitario consentirebbe di evitare) è stimato in 270 milioni di Euro l’anno di cui si calcola che il 20% sia sostenuto dalle imprese italiane, le quali da questo risparmio di spesa libererebbero preziose risorse da destinare all’innovazione. A questo costo si deve aggiungere quello della difesa giudiziaria dei brevetti, che oggi in Europa dev’essere gestita Stato per Stato, moltiplicando le cause e il rischio di giudicati contrastanti.

Il sistema della Unified Patent Court, Corte che deciderà sulle controversie brevettuali per tutta l’Europa è in fase di organizzazione: è già stata decisa la creazione di una Corte Centrale a Parigi e due altre Corti Centrali a Londra e Monaco con divisioni di competenze per tecnologie.

E l’Italia? Dopo avere fatto opposizione alla Corte di Giustizia europea per ragioni procedurali ed averla persa, oggi ancora medita sul da farsi al punto che “schizofrenicamente” ha aderito al Sistema della Corte brevettuale senza aderire alla cooperazione rafforzata.

Il Ministro Guidi nella seduta parlamentare del 5 di maggio 2014 ha dichiarato che “il Governo sta ancora valutando gli impatti economici e finanziari per lo Stato e le imprese connessi all’adesione al brevetto unitario e al Tribunale unificato …solo quando maggiori informazioni saranno disponibili in tali complessi ambiti potrà essere presa una decisione finale sui dossier”.
I dati sono al contrario più che noti e portati a conoscenza del sistema politico anche dalla stessa Confindustria: per le imprese, il vantaggio è quantificabile in quasi 12 milioni di euro all’anno, mentre per le casse dello Stato il vantaggio è stimabile in quasi 19 milioni di euro all’anno. Da ciò deriva che una posizione attendista non giova a nessuno tranne forse che a qualche studio brevettuale che teme con l’avvento del BEU di perdere i proventi delle traduzioni necessarie per nazionalizzare e cioè validare in Italia i brevetti concessi in sede europea.

Preoccupazione forse giustificata ma miope: quando il Sistema europeo della UPC sarà in vigore il titolare del brevetto farà a meno della traduzione per il semplice motivo che se l’Italia farà parte del sistema, sarà coperta anche senza traduzioni, se non farà parte del sistema il titolare si accontenterà di una protezione sul resto d’Europa.

Gli Studi brevettuali perderanno i proventi delle traduzioni semplicemente perché perderanno i brevetti e con loro perderà l’Italia intera.

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