Il petrolio schizza verso l’alto. Le conseguenze sull’economia italiana

prezzi petrolio
Sfondata quota 100 dollari al barile per il Brent, il rischio all'orizzonte è uno scenario di stagflazione per il nostro Paese

L’invasione delle truppe russe in Ucraina ha fatto schizzare le quotazioni del Brent (il petrolio europeo) in area 100 dollari al barile, dopo che già nelle scorse settimane i valori erano cresciuti sensibilmente proprio sulla scia delle crescenti tensioni con Mosca. Un andamento che avrà conseguenze fortemente negative anche sull’economia italiana.

L'andamento dei prezzi del greggio

I rialzi dei prezzi del greggio sono partiti in parallelo con la ripresa economica internazionale per la tradizionale pressione della domanda rispetto all’offerta che caratterizza queste situazioni. Fino a settembre, tuttavia, la situazione è rimasta tutto sommato sotto controllo con un valore intorno ai 70 dollari, per poi accelerare intorno ai 90 dollari nelle ultime settimane e fare un altro scatto poche ore all’annuncio della guerra in Ucraina e superare quota 100.

Le conseguenze per l’Italia

L’Italia importa quasi tutto il petrolio che consuma, per cui dipende fortemente dai prezzi internazionali dell’oro nero. Il caro-carburanti ha già innescato la protesta dei tir, che stanno bloccando importanti snodi infrastrutturali in tutto il Sud, dopo che nei giorni scorsi la situazione appariva critica nella sola Sicilia. In questo scenario numerose industrie hanno già fermato la produzione e i camion non escono da tre giorni dal mercato di Fondi, per cui presto si noteranno gli effetti sugli scaffali della grande distribuzione.

Non è un caso se le associazioni di categoria, da Federalimentare a Filiera Italia, da Fruitimprese a Italmopa - Associazione Industriali Mugnai d’Italia, hanno diffuso note per invitare le istituzioni a un intervento che allenti la tensione.

L’interscambio con la Russia

L’acuirsi delle tensioni tra Occidente e Russia produrrà inevitabilmente conseguenze anche su altri comparti dell’economia. La bilancia commerciale italiana nei confronti della Russia è negativa: esportiamo ogni anno merci per 8,5-9 miliardi e ne importiamo per circa il doppio. Il petrolio e il gas valgono circa l’80% dell’import, per cui se i prezzi rimarranno quelli degli ultimi giorni, o magari cresceranno ancora, il peso sarà consistente sulle bollette a carico delle imprese e delle famiglie italiane.

Quanto all’export, è più variegato e, anche se non dovesse venire proibita l'esportazione di determinati prodotti, le sanzioni potrebbero internazionali alla Federazioni avrebbero l’effetto di ridurre il potere di acquisto di imprese e cittadini russi, come ci ha spiegato Francesco Fiamingo di Magnit in questo intervento a poche ore dall'invasione russa dell'Ucraina.

Verso una nuova recessione?

In questo scenario, un forte rallentamento della crescita economica è quasi una certezza. L’ultima Congiuntura Flash diffusa da Confindustria nei giorni scorsi segnala il rischio di un Pil in calo dello 0,8% nel primo trimestre e, alla luce dei recenti sviluppi in Ucraina, il bilancio potrebbe essere anche peggiore. In questo scenario l’obiettivo indicato di riagguantare i livelli pre-crisi entro pranzo appare utopistico, e anche la stima di un 2022 con il Pil in progresso di almeno il 4% sarà difficile da raggiungere.

Il rischio è che si configuri uno scenario di stagflazione, caratterizzato cioè da un’economia stazionaria a fronte di un’economia galoppante che erode potere d’acquisto alle imprese e alle famiglie.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome