Cibus Forum 2020: il Made in Italy alimentare alla sfida della digitalizzazione

Secondo Nomisma è sul versante dell'agricoltura 4.0 che l'agroalimentare italiano deve migliorare per mantenere il suo vantaggio competitivo

Il traguardo della neutralità climatica che l'Ue si è posta entro il 2050 costituisce un'opportunità o una minaccia per il sistema agroalimentare italiano? Stiamo parlando -come sottolineato da Nomisma a Cibus Forum 2020- del comparto economico che “ha tenuto in piedi la baracca” in tutte le settimane del lockdown e della fase 2 post-emergenza. Il comparto sul quale il sistema Made in Italy conta di costruire l'intera ripartenza a livello internazionale.

Sistemi a confronto

Denis Pantini ne ha evidenziato punti di forza e debolezza, mettendoli a confronto con i principali sistemi agroalimentari europei, chiamati ad affrontare la sfida del new Green Deal al pari degli italiani e, parallelamente, competitor all'interno del grande mercato unico europeo e nell'export verso mercati di Paesi terzi. Un punto di forza comune (o, meglio, un incentivo comune per tutti) è stato rilevato da Nomisma nella netta accettazione dei consumatori di tutti quelli che sono i caposaldi della strategia che l'Ue si è posta: prodotti di filiera, produzioni corte - possibilmente nazionali, biologico, riduzione/abbattimento della chimica di sintesi in ambito agricolo e nei prodotti finiti. La sostenibilità è vista dagli acquirenti quale valore premiante: tanto che, secondo Pantini, ritardi o impegni blandi nel raggiungimento dei traguardi europei 2050 porteranno a sensibili riduzioni di quel vantaggio competitivo che il prodotto alimentare italiano vanta oggi a livello globale. Questo perché, in effetti, il prodotto italiano è già oggi ben avviato verso quei traguardi, motivo per cui gode dell'attuale ottima considerazione internazionale. Ma se non si passa interamente il guado -ed altri fra spagnoli, francesi, tedeschi o polacchi dovessero farlo- quel vantaggio competitivo verrà meno.

Vantaggi e miglioramenti

A livello “tabellare” il principale vantaggio italiano sta nell'avere già sviluppato in maniera solida tutta una serie di riconversioni complesse (frutteti, orti, allevamenti) e di essere ancora estremamente basso nell'adozione di riconversioni semplici ed estensive (foraggi, pascoli, mangimi). A livello strategico, invece, c'è la predisposizione naturale a lavorare su sistemi di filiera anche piccoli e a salvaguardia della biodiversità. L'ambito in cui migliorare e trovare la solidità necessaria per le sfide del prossimo decennio sta nel potenziamento della produzione agricola di base per le principali trasformazioni agroalimentari nazionali, dalla pasta al riso, dalle olive alle carni, dagli altri cereali (mais, in primis) all'ortofrutta. Per quanto la bilancia commerciale import-export stia già dando risultati confortanti in questa direzione.

Il ritardo da colmare

Dove, invece, si rischia il tracollo e la possibilità di perdere l'intera partita è nel ritardo accumulato nella cultura digitale. Trasversale su tutta la linea e impietosa nei benchmark con Germania e Francia, essa risulterà in tutta la sua evidenza nella prossima implementazione dell'agricoltura 4.0. La digitalizzazione del sistema agroalimentare italiano non è -secondo Nomisma- più rinviabile perché senza di essa i traguardi di sostenibilità ambientale Ue non sono più raggiungibili. È allora in questa direzione che il sistema è chiamato a lavorare in profondità e con convinzione.

  • Obiettivo Biologico UE 2050: 25% del sistema
  • Attuale livello bio in Italia: 15% del sistema
  • Attuale livello foraggere nel bio italiano: 48%
  • Attuale livello foraggere nel bio Svezia e Germania: 70%
  • Attuale livello di assenza residui sintetici Italia: 60%
  • Attuale livello di assenza residui sintetici Germania: 50%

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