Clima e sprechi: il ruolo-guida chiesto dai consumatori a industria e gdo

Orientare, non assecondare. Dal settore le persone si aspettano di essere aiutate a fare scelte sostenibili ogni giorno. L'indagine di Tcc e Nutrifresh

"Si può fare di più, senza essere eroi". Questo quello che i consumatori, italiani ma non solo, chiedono alle aziende rispetto a tutte le battaglie odierne legate alla sostenibilità. Lo ha rilevato l'Osservatorio Civic Brands di Ipsos e l'ulteriore conferma arriva da una nuova indagine della società di fidelizzazione internazionale Tcc e Nutrifresh condotta in Germania, Francia, Russia, Cina e Italia.

Dallo studio emergono dati importanti per il mondo del food e della gdo rispetto alle aspettative delle persone sul loro ruolo nella lotta agli sprechi e al cambiamento climatico. Nello specifico, il 90% delle persone ritiene che i supermercati possano aiutarli a fare scelte sostenibili ogni giorno, mentre l'89% sostiene che i marchi debbano fare lo stesso. Il 61% ha infatti dichiarato di sentirsi personalmente impotente nella lotta al cambiamento climatico, da qui un rivolgersi agli attori esterni della loro quotidianità, ai quali si chiede così di rinsaldare quel legame di fiducia che l'atto d'acquisto sottende. Nota incoraggiante: tre quarti degli intervistati ha affermato di credere alle insegne della gdo quando queste ultime dicono che stanno cercando di essere più rispettose dell'ambiente.

L'87% dei consumatori ha affermato di essere aperto ai negozi al dettaglio e ai marchi che forniscono più idee e prodotti che li aiutino a utilizzare gli avanzi efficacemente. Non solo. Il 78% sceglie attivamente prodotti ecologici quando visita il negozio locale e la ricerca mostra altresì una generale predisposizione positiva alle nuove referenze che hanno la sostenibilità in primo piano. A conferma concreta, basti pensare al successo di (semplici) iniziative anti-spreco come Too good to go, che in Italia grazie alla collaborazione con la gdo ha venduto oltre 2 milioni di box. Ma sul tavolo ci sono anche cambiamenti ben più strutturali come le etichette climatiche e una nuova "cittadinanza alimentare". Il mondo della gdo, poi, si troverà a dover affrontare presto o tardi questioni anche molto più delicate e polarizzanti di plastica e spreco, come quella della carne, o meglio degli allevamenti intensivi, responsabili di un'importante quota di inquinamento e della diffusione di batteri antibiotico-resistenti e virus. Si tratta, come su altre questioni spinose, di prendere posizione e offrirsi al consumatore come quella guida che lui si aspetta: orientare, dunque, e non assecondare.

Si tratta di tendenze internazionali che riguardano tutti, pur sottendendo come ovvio alcune specificità territoriali. I consumatori cinesi hanno ad esempio più fiducia nelle aziende che cercano di apportare cambiamenti ecologici, con il 91% che crede alle affermazioni dei supermercati. Gli acquirenti francesi sono, invece, i più scettici: un terzo di loro non crede alle insegne gdo che affermano di aumentare le loro linee di prodotti ecologici. Escludendo il maggior "ottimismo" asiatico, comunque, negli altri Paesi esaminati, Italia compresa, la maggior parte dei consumatori (69%) mostra insoddisfazione per gli sforzi fatti da parte delle aziende di questo settore nell'affrontare il problema.

Per industria e retail, alimentari in primis, si apre insomma un nuovo imprescindibile fronte di azione che deve entrare a tutti gli effetti non solo tra le priorità su cui investire, ma diventare parte integrante di un nuovo modo di fare di business. Rispetto al tema della sostenibilità, infatti, greenwashing e socialwashing abbondano, rendendo arduo per gli acquirenti discernere tra chi parla e chi davvero fa (dati Ipsos a conferma). Non solo. Bisogna fare attenzione anche a non cavalcare trend dell'ultimo secondo senza validarne la fondatezza, ma agire a monte con un autovalutazione trasparente che anticipi le criticità e colmi gap eventuali gap di fiducia. Anziché "salire sul carro dell'ultimo claim da apporre su packaging e post social", restituendo l'eterna sensazione di arrivare tardi e con poca credibilità, molto meglio orientare i propri sforzi alla costruzione di una solida filiera responsabile e un'identità inattaccabile, per poi comunicarla successivamente e nel lungo termine.

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