Coldiretti, 84% vuol salvare indicazione stabilimento

L’obbligo di indicare nell’etichetta degli alimenti, la sede e l’indirizzo dello stabilimento di produzione o di confezionamento, insieme alla provenienza degli ingredienti impiegati, è un valore aggiunto per l’84% dei consumatori, secondo la consultazione on line del Ministero delle Politiche Agricole. È quanto afferma la Coldiretti in riferimento alla inapplicabilità delle norme nazionali che prevedono di riportare sulle confezioni in il luogo in cui è avvenuto il processo di lavorazione secondo la decisione del tribunale di Roma.

La tracciabilità degli alimenti aiuta i consumatori a fare scelte di acquisto consapevoli ma è importante anche in caso di emergenze alimentari per individuare i prodotti a rischio e sottrarli al consumo più facilmente. Insieme allo stabilimento di lavorazione – sostiene la Coldiretti – va però prevista l’indicazione obbligatoria in etichetta per tutti gli alimenti anche dell’origine degli ingredienti che è di gran lunga considerato l’elemento determinate per le scelte di acquisto dal 96% dei consumatori. Una battaglia per la trasparenza condotta dalla Coldiretti che ha portato molti risultati anche se – continua la Coldiretti – oltre 1/4 della spesa degli italiani è ancora anonima con l’etichetta che non indica la provenienza degli alimenti, dai salumi ai succhi di frutta fino alla carne di coniglio.

Per questo la Coldiretti ha promosso insieme ad altre nove organizzazioni l’Iniziativa Europea dei Cittadini EatORIGINal – Unmask your food per estendere l’obbligo di indicare in etichetta l’origine di tutti gli alimenti nell’Unione Europea. Un’iniziativa autorizzata dalla stessa Commissione con la Decisione (UE) 2018/1304 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea L 244 del 28 settembre 2018 che gode del sostegno di numerose organizzazioni e sindacati di rappresentanza al fianco della Coldiretti: dalla Fnsea (il maggior sindacato agricolo francese) alla Ocu (la più grande associazione di consumatori spagnola), da Solidarnosc (storico sindacato polacco) alla Upa (l’Unione dei piccoli agricoltori in Spagna), da Slow Food a Gaia (associazione degli agricoltori greci), da Campagna amica a Fondazione Univerde, fino a Green protein (ONG svedese).

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