Come si diventa un “love brand” che compete oltre il prezzo

Il mantra è: conoscere il proprio target in modo autentico e creare connessioni avvalendosi delle diverse leve strategiche a disposizione

Un love brand è un marchio in grado di creare una relazione unica nel suo genere con il proprio target, garantendosi la fedeltà e l'amore di quest'ultimo in pianta stabile e oltre l'aspetto razionale. Diventare un love brand è un traguardo significativo, ancora più nella complessità del panorama competitivo e di consumo odierno, perché significa riuscire a porsi al di sopra della "guerra dei prezzi" e beneficiare di una promozione a costo zero grazie all'advocacy.

Ad analizzare gli elementi centrali per accrescere l'attaccamento emotivo al brand, ma anche 1.200 brand per individuare quelli più amati durante il lockdown, è stata la piattaforma di social listening e conversational intelligence Talkwalker, che ha esaminato conversazioni e presenza su social media, news, blog, forum e altri canali per identificare i marchi da cui gli utenti si sono fatti coinvolgere, quelli che venivano criticati meno, con cui le persone avevano instaurato un legame positivo o che dicevano semplicemente di apprezzare

Partiamo subito dai risultati relativi all'Italia. Sul podio Armani, Parmigiano Reggiano e Ducati. Seguono nella top 10 Gucci, Prada, Bulgari, Pirelli, Lega Serie A, Barilla e Fila. Tra i nomi in classifica non stupisce la presenza di alcuni che, proprio in periodo di lockdown, hanno fatto parlare di sé per iniziative virtuose: dall'alta moda italiana, in particolare proprio da Armani, è partita infatti l'idea di riconvertire gli impianti per produrre mascherine e camici sanitari.
La parola chiave per diventare dei love brand è infatti la creazione di connessioni, ovviamente in linea con le esigenze e il pensiero del proprio target, da conoscere in modo autentico e approfondito. Leggere l'attualità e il relativo sentiment, agendo di conseguenza, diventa dunque imprescindibile. Una parte importante gioca, in questo contesto, anche la nuova frontiera del civismo di marca e dell'attivismo, con tutte le sue tematiche calde.

Sono diverse, nel complesso, le leve e i canali utilizzabili allo scopo: si va dalle sponsorizzazioni al coinvolgimento del fandom (per il quale è bene prevedere meccanismi di rewarding), passando per la parnership (intelligente) con influencer selezionati, il supporto dei dipendenti (la prima fonte di credibilità e reputazione) e un servizio clienti ottimale, che è spesso il punto più critico dell'esperienza di contatto con un marchio e, come tale, foriero di immediata disaffezione. Basti pensare, in proposito, a quanto è difficile in molti casi anche solo arrivare a parlare con un operatore umano per ricevere assistenza adeguata.

Lato "aspirazioni", è fondamentale ricordare come, oggi, un brand e a maggior ragione un love brand debba posizionarsi in modo chiaro non solo a livello valoriale, ma anche in quanto a stile di vita più ampio proposto e rappresentato. In questo senso, i trend sono sì da monitorare con costanza, ma anche da leggere correttamente e selezionare, evitando di cavalcarli prima di validarne la bontà e la sensatezza rispetto alla propria identità.

"Le conversazioni sui brand avvengono online, con o senza la presenza dell’azienda. Si può decidere di ignorarle o di assumerne il comando, per modellarle e accrescere l’amore per il brand", si legge nel report Talkwalker. Questo significa investire nell'ascolto e nel presidio dei canali, creando engagement anche in considerazione dei nuovi luoghi della presenza in rete (come Twitch) e dei nuovi formati (come i podcast).

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