Comunicare agli under 30? Poco utile se non consumano

È un cambiamento epocale quello che sta affrontando oggi il mondo della comunicazione, sempre più elaborato, digitale e smart, nonché predisposto al dialogo con gli individui. Si tratta tuttavia di un’evoluzione che va a scontrarsi contro lo scoglio dell’attuale situazione economico-sociale, che nel nostro Paese vede i giovani under 30 anni senza un lavoro o comunque in una posizione poco retribuita, che li obbliga a consumare poco.

stipendi_risparmio_potere d'acquisto_soldiUno scenario delineato dall’esperto di marketing Massimo Costa, Country Manager Italy della multinazionale WPP (adv e pr), che in una video-intervista ad OVO.com ricorda: “Il problema grosso della comunicazione e dei nostri investitori è di poter dialogare con le singole persone: profilare è fondamentale, targettizzare altrettanto. Ma se io ho bisogno di interagire con persone oggi al di sotto dei 30 anni, e queste non hanno capacità d’acquisto, in termini di business non è rilevante”.

L’efficacia della strategia perde così almeno in parte di significato in rapporto al reale potenziale su cui si sta facendo leva, per quanto sia proprio questo il principale segmento capace di fruire appieno di una comunicazione digitalizzata e potenziata.

Prima ancora che di una questione economica o politica si tratta di un impasse culturale, come ribadisce Costa, dipingendo il quadro di un'Italia tendenzialmente vecchia, che non fa crescere i giovani, in ritardo nel comparto digitale e dove anche il mercato della comunicazione, che dipende fortemente dalle aziende e dai consumi, resta conseguentemente legato a certi stilemi.

Parlando degli ulteriori nodi da sciogliere in tal senso, Costa evidenzia come il problema oggi non sia più solo una contrapposizione tra Nord e Sud, ma anche un problema giovani meno giovani, donne e uomini, insieme al progressivo assottigliarsi del ceto medio, bacino privilegiato del largo consumo, che ora deve pertanto rivedere la propria prospettiva.

 

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