Confimprese, in audizione alla V e X Commissione della Camera, chiede un piano di rilancio che includa un nuovo patto sociale per incentivare il part time generazionale

Un piano di rilancio che includa un nuovo patto sociale per incentivare il part time generazionale e modificare la normativa sui contratti a termine acausali. Queste le proposte di Confimprese durante l’audizione in V e X Commissione della Camera sul PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza), che partono dall’attuale stato dell’arte del retail: con un fatturato di 445 miliardi euro, 1 milione e 290.000 imprese e 3,4 milioni di occupati, è un motore dell’economia e un serbatoio occupazionale decisivo per il Paese.

"Abbiamo apprezzato il documento elaborato dal Governo in merito al PNRR e in particolare le premesse sono assolutamente condivisibili -commenta Mario Resca, presidente Confimprese-. L’auspicio è che possa essere realizzato efficacemente, la quantità e la qualità degli interventi previsti dal piano richiederanno capacità non sempre espresse in passato. Tuttavia, chiediamo che ristorazione e commercio, icone del made in Italy nel mondo, siano considerate parte integrante del sistema turistico. Il settore non può essere lasciato solo a fronteggiare nei prossimi anni le complesse sfide della transizione sociale, ecologica e digitale che lo attendono. La ripresa italiana non dovrà riportarci al tempo di prima, ma costruire un’Italia nuova, cogliendo le opportunità connesse alla transizione sociale, ecologica e digitale".

La prima proposta di Confimprese insiste sul part time generazionale per ridurre le ore di chi è a fine carriera, creare lavoro per i giovani e fare dell’Italia un paese che favorisce e incentiva il lavoro (job friendly). È necessario un cambio di passo in un sistema in cui la popolazione aziendale sta progressivamente invecchiando, la vita media dei lavoratori si allunga e il fattore tecnologia incide sempre più sulla capacità produttiva e sulla qualità della condizione di convivenza intergenerazionale. Il sistema può reggere soltanto se si trovano soluzioni win-win, che attenuino la perdita salariale di coloro che riducono l’orario di lavoro, non aumentino il costo aziendale e non si gravi eccessivamente sulle casse dell’Inps. La soluzione potrebbe risiedere nello storno dei contributi pagati dal giovane entrante direttamente al collega che diminuisce l’orario di lavoro. Ovviamente tale soluzione non dovrebbe in alcun modo impattare sulla quantificazione finale del trattamento pensionistico del lavoratore anziano.

Revisione a livello legislativo dei contratti a termine acausali

Anche su questo punto Mario Resca è molto dettagliato: "Il Decreto Dignità 2018 ne ha ridotto sia la durata da 3 anni a 1, sia la platea dei beneficiari degli sgravi contributivi  (solo under 35) e l’entità dello sgravio triennale (dal 100% con massimale di 8.000 euro al 50% con massimale annuo di soli 3.000 euro), penalizzando fortemente le aziende del settore commercio. È errato pensare che il contratto a termine sia abusato, la verità è che le aziende retail hanno bisogno di un serbatoio di flessibilità per la natura stessa del business che risente di picchi giornalieri e stagionali".

Confimprese chiede dunque le seguenti modifiche sui contratti a termine:

  1. Estendere nuovamente il contratto acausale fino a 2 anni, ipotizzando di aumentare l’aggravio contributivo e/o fiscale per il 2° anno recuperabile in caso di trasformazione del contratto a tempo indeterminato
  2. Sgravi contributivi incrementali in base alla percentuale di conferma nell’anno sui tempi determinati
  3. Istituzione di un fondo, sulla falsariga di quello previsto per i lavoratori somministrati, da utilizzare al termine del contratto a tempo determinato, per la riqualificazione professionale
  4. Riduzione costi a carico dell’azienda nei primi mesi sulla falsariga di quanto già avviene per l’apprendistato

 

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