Nella più complessa operazione di marketing che ogni 4 anni si celebra negli Stati Uniti, Hillary Clinton ha ottenuto più voti di Donald Trump, ma il sistema elettorale statunitense ha premiato il secondo. La contesa si è giocata sulle questioni del diversity management e dell’inclusività, con un effetto di chiara polarizzazione dell’opinione pubblica rispetto a questi temi: immigrazione, donne al potere, disabilità, assistenza sanitaria ecc. Trump ha vinto nonostante o forse in virtù di un’assoluta negazione del “politicamente corretto”. Certo ai candidati politici basta ingaggiare anche poco più di un quarto del corpo elettorale (cioè metà più uno dei votanti, se l’affluenza supera di poco il 50%, come accade spesso negli Stati Uniti). In un contesto assai diverso, le marche che desiderano coinvolgere e ingaggiare i loro dipendenti, le loro reti commerciali, i loro attuali clienti e fornitori non possono permettersi il lusso di polarizzare queste comunità attraverso un conflitto culturale interno per ottenere alla fine l’engagement solo di un quarto della loro community di riferimento. Per questo, nonostante il vento politico contrario, le imprese continueranno il loro percorso di lavoro sull’inclusività e sul welfare con la sfida di coinvolgere le persone più resistenti al cambiamento.
Condividere il marketing multiculturale
L’Ana, Association of National Advertisers, aveva già annunciato la formazione della Alliance for Inclusive & Multicultural Marketing (Aimm) per creare una voce unitaria utile all’avanzamento del marketing multiculturale. il lavoro iniziato da Aimm ha lo scopo di condividere esempi di marketing multiculturale e di creare strumenti di misurazione dell’efficacia di questo approccio. “Se il mercato è sempre più ricco di differenze, l’Ana riconosce che l’evoluzione strategica del marketing multiculturale diventa ancora più importante per i brand”, ha detto il presidente Ana-Ceo Bob Liodice.
Pregiudizi e stereotipi inconsapevoli
Sul piano globale nel 2017 il focus dell’attività di diversity&inclusion sarà la ricerca dedicata ai pregiudizi e agli stereotipi inconsapevoli: molto spesso le persone stesse che sentono di essere escluse dai circuiti della comunicazione e del potere sono portatrici di pregiudizi autoriferiti, di cui sono vittime. Che senso ha chiedere alle donne di votare per una donna, se queste alla fine pensano che un uomo sia in ogni caso un candidato più adatto per un ruolo di responsabilità? Un ulteriore piano di interesse è l’intersezionalità delle differenze: clienti e persone di una azienda sono portatrici e portatori di tante unicità. Non ha quindi senso focalizzare un programma di diversity management su specifiche differenze considerate una alla volta: il marketing per l’inclusività della donna, per le persone over 60, per quelle che affrontano un problema di salute ecc. Una logica quindi non polarizzata d’intervento sarà utile per mettere a fuoco il valore di ogni cliente e di ogni collaboratore. Sul sito Glassdoor i collaboratori delle imprese raccontano e condividono con tutti le loro esperienze di lavoro nelle aziende. Ricercando sul sito il nome di alcuni dei brand di vostro interesse, scoprirete tutto quello che accade nelle imprese raccontato dai loro collaboratori, i quali esprimono una valutazione ad esempio con un rating rispetto alla capacità dei loro superiori di motivare le persone. Sono tutte narrazioni che le aziende non possono proprio permettersi, in termini di reputazione complessiva. Meglio allora che le persone abbiano modo di esprimere il loro disagio prima di renderlo pubblico.