Così il fashion costruisce la sua visual identity

MARK UP LAB – I brand fanno leva sulla forza evocativa delle fotografie senza sacrificare coerenza fra identità e immagine (da MARKUP 222)

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Sono ormai lontani i tempi in cui il pubblicitario Rosser Reeves dell'agenzia pubblicitaria Bates teorizzava la U.S.P. o Unique Selling Proposition (1961) come chiave strategica di comunicazione: il brand doveva presentarsi mostrando un unico beneficio forte e chiaro, in ragione di una scelta d'acquisto consapevole e razionale da parte del consumatore.
Nei tempi in cui viviamo, il brand ha assunto la consapevolezza che il consumatore ha cambiato il proprio approccio nei confronti della comunicazione pubblicitaria: è passato, infatti, da un approccio razionale a uno emotivo. E questo non perché il consumer si fa circuire più facilmente; piuttosto il contrario: consapevole dell'intento di vendita della pubblicità, non la assume come fonte d'informazioni ma piuttosto gode del gioco creativo che gli viene offerto. Per trovare informazioni su un prodotto, ciascuno di noi ha molte opportunità, in particolare offerte dalla rete e ciascuno di noi, come consumer, la utilizza.
Inoltre, quando il consumo è experience ed entertainment - come è in particolare, ma non solo - nel mercato del lusso, allora pensare alla pubblicità in un'ottica persuasiva sarebbe del tutto anacronistico.

Un processo emozionale
Il brand oggi deve sapere coinvolgere, sedurre, emozionare, trasportare in mondi lontani e immaginifici. Cosa che il fashion ha imparato a fare molto bene.
L'apparente natura de-strutturata della comunicazione di questo mercato ha facilitato questo processo, esaltandone le implicazioni positive. Osservando le campagne pubblicitarie del settore fashion appare evidente, infatti, la grande forza evocativa delle immagini senza sacrificarne la coerenza fra identità e immagine. Guardando le campagne spring/summer 2013 di due protagonisti del mercato come Versace e Red Valentino, alcune considerazioni sono immediate: entrambi ci trasportano in mondi lontani, popolati da eroi, eroine oppure da fatine e principesse, e lo fanno utilizzando codici differenti che rimandano in modo chiaro ai loro core values.

I valori fondanti

Ma quali sono quei parametri strategici, depositari del contenuto dell'immagine, responsabili della coerenza nel tempo della parte visual e riconducibili ai valori fondanti della brand identity?
Nel modello, di cui vediamo la rappresentazione grafica in questa pagina, la visual identity è risolta in tre variabili: Key concept, Ideal consumer, Mood. In particolare, il Key concept rappresenta l'evoluzione della U.S.P. in un concetto di natura simbolica e valoriale, che rimanda al mondo di riferimento del brand. In particolare nel fashion, il Key concept è la scelta da parte della maison di ciò che si ritiene strategico comunicare della propria brand identity, in relazione al contesto economico, sociale e culturale in cui si trova a operare il brand.
L'Ideal consumer corrisponde al modo in cui la maison interpreta il proprio consumatore modello nella comunicazione; la tecnica del lettore modello (U.Eco, 1979) viene ora riproposta con nuova forza: l'enunciatore empirico che sta al di fuori del messaggio e che lo produce (il brand, nel nostro caso) proietta all'interno del testo sia la propria immagine (che noi chiamiamo concept) sia quella del ricevente. La strategia della complicità è, infatti, tanto più efficace quanto più chi crea il messaggio sa adottare un linguaggio comprensibile a chi lo riceve. Di qui l'importanza crescente di conoscere molto bene il consumatore.
Per anni le aziende si sono avvicinate al consumatore riducendolo a profili schematizzati e rigidi: la grande massa di consumatori era ridotta a cluster, o categorie omogenee al proprio interno. Questo approccio consentiva di individuare il target group più adatto alla propria offerta, in una logica di comunicazione Top (il brand) Down (i consumatori). Oggi la comunicazione è diventata più democratica: il consum-attore di oggi va costantemente ascoltato, trattato come individuo unico, con una propria soggettività. Grazie anche al web, il flusso comunicativo è di tipo partecipativo e i brand, anziché mostrarsi superiori, tendono a presentarsi come membri della stessa tribù dei propri consumatori-interlocutori.

Carattere e stile
L'ultimo parametro è il mood che corrisponde all'atmosfera che sa creare una maison; è quella luce che la distingue dagli altri, quella suggestione che traduce i codici iconografici in carattere e stile.
Torniamo allora alle immagini delle campagne Versace e Red Valentino: nella prima abbiamo colori carichi, super uomini e dee, in una sorta di Olimpo un po' rock e un po' epico. L'abito per Versace conferisce alla donna (e all'uomo) forza e potenza, esaltando la perfezione del corpo su coloro che amano sentirsi al contempo glamour e sexy; notiamo il forte richiamo al classicismo greco-romano con futuristici dettagli, sperimentazioni di fibbie e metalli su basi total black, e una pelle che sembra seta tipica della griffe. In Red Valentino, la linea giovane creata da Valentino nel 2003, i colori sono molto tenui, c'è quasi un effetto di tono su tono, l'atmosfera è magica ed eterea e la modella sembra un personaggio delle fiabe, una moderna Alice nel Paese delle Meraviglie, dolce e avventurosa allo stesso tempo. Valentino da sempre crea sogni, fatti di emozioni e di grazia, di lusso e di opulenza, in cui protagonista è una donna al contempo estremamente femminile e decisamente forte.
In conclusione, possiamo affermare che questo modello rappresenta un valido aiuto con un duplice utilizzo: da una parte nella costruzione di una visual identity, in quanto individua quei parametri fissi che tutta l'azienda deve rispettare nella messa in scena del brand; dall'altra, offre una chiave di lettura e interpretazione dei competitor, si presenta cioè come una sorta di "cartella clinica" che mette a fuoco le caratteristiche visive distintive del brand.

Allegati

222_Fashion_language

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