Creare valore aiutando le donne e cambiando la cultura locale

Le Ghiottonerie di Casa Lorena, un progetto per l’inserimento lavorativo delle vittime di violenza che si integra con la società locale (da Mark Up n. 274)

“Abilitare l’empowerment delle donne imprenditrici e aiutarle ad avere successo non richiede una motivazione altruistica”. Dietro alle parole contenute nel report 2016 di Coca-Cola Company dedicato alla “5by20 Initiative”, si nasconde la formula di un’attività Csr di successo. L’azienda di Atlanta con la sua operazione, intende trasformare, entro il 2020, 5 milioni di donne nel mondo in imprenditrici della filiera di Coca-Cola. Un progetto con un enorme impatto sociale, senza dubbio, ma che serve al tempo stesso all’azienda per creare un ambiente favorevole al proprio business: “per realizzare il suo pieno potenziale imprenditoriale -spiega il documento- Coca-Cola ha bisogno di donne competenti ed esperte in affari per produrre e fornire ingredienti, e per distribuire, vendere, acquistare e consumare le sue bevande”.

Un esempio perfetto di “creazione di valore condiviso”, l’approccio che prevede di integrare le necessità dei beneficiari con quelle del donatore e realizzare progetti funzionali anche alla profittabilità e alla posizione competitiva dell’azienda. Un’idea ben lontana dalle semplici attività di social washing finalizzate unicamente a migliorare la propria reputazione.

Proprio per la necessità di ottenere un risultato concreto e più ampio possibile, Coca-Cola ha scelto di intervenire su uno dei fattori più critici per l’emancipazione femminile: l’autonomia economica. Fin dal 1995, con la Conferenza mondiale di Pechino sulle donne, questo elemento figura tra gli obiettivi strategici per restituire alle donne un ruolo centrale nella società. Ma è soprattutto nel contrasto agli abusi e alla violenza di genere che la promozione dell’indipendenza economica risulta essenziale. I risultati di un recente progetto dedicato al rapporto tra indipendenza economica femminile e opportunità di crescita (We Go!) confermano che “le donne con basso reddito sono soggette con maggiori probabilità a violenza economica, abusi sessuali e psicologici”. Un nesso che non si limita ai Paesi poveri o alle aree marginali. Il rapporto 2016 dell’Osservatorio Regionale Antiviolenza (O.R.A), per esempio, rivela che in Lombardia il 41% delle donne che si rivolgono ai centri antiviolenza “non ha verosimilmente un proprio reddito da lavoro, il 12% ha dichiarato un reddito sotto i 5 mila euro annui e il 19,6% un reddito tra i 5 e i 12 mila euro annui”.

L’indipendenza economica è talmente importante che la sua assenza può vanificare anche il lavoro dei centri antiviolenza. Secondo la ricerca “Violence Against Women and Economic Independence” voluta dalla Commissione Europea, vi sono “prove convincenti che i centri specializzati che ospitano donne vittime di violenza possono paradossalmente generare povertà o allungarne la durata”. I ricercatori raccomandano di abbinare “policy personalizzate dove alle vittime viene offerta protezione, ma anche cure complete e un’efficace assistenza nella ricerca di lavoro”. Indicazione condivisa dai relatori di We Go! che suggeriscono ai Centri antiviolenza di aumentare le attività di advocacy con servizi pubblici e privati per attivare percorsi di impiego e di housing. Ma individuare le giuste opportunità di collaborazione non è sempre semplice.

“Lorena casa delle donne contro la violenza” è un centro per donne vittime di violenza situato a Casal di Principe in provincia di Caserta. Dopo anni di deludenti tentativi per reinserire le donne del proprio centro nel mondo del lavoro, le sue responsabili hanno avviato un’iniziativa imprenditoriale ad hoc cercando di offrire uno sbocco professionale in piena legalità e nel rispetto dei diritti delle lavoratrici. L’impresa si chiama “Le Ghiottonerie di Casa Lorena”, offre servizi di catering e produce confetture, marmellate, conserve di alta qualità realizzate con prodotti locali e naturali. I risultati finora sono incoraggianti, spiega la responsabile Daniela D’Addio, ma per compiere il salto di qualità che serve sarebbero necessari partner commerciali adeguati.

Perché avete deciso di avviare un’attività in proprio anziché tentare un reinserimento nel mondo del lavoro?

Perché dobbiamo fare i conti con la realtà del nostro territorio: in passato abbiamo tentato di percorrere strade diverse attraverso la ricerca di offerte di lavoro e con progetti di orientamento ed accompagnamento, ma con risultati abbastanza scarsi poiché viviamo nella provincia con il più alto tasso di disoccupazione femminile in Italia. Ci sta molto a cuore l’inserimento lavorativo delle donne vittime di violenza, cardine indispensabile per aprire la porta all’indipendenza e ricostruire l’autostima. L’esperienza decennale di gestione di centri antiviolenza nel territorio regionale campano e le difficoltà incontrate nel nostro contesto territoriale a forte deprivazione socio-culturale e con i tassi di disoccupazione femminile tra i più elevati d’Europa nel sostenere i percorsi di autonomia e di indipendenza economica delle donne, ci ha spinte a investire fortemente nell’ambito degli interventi di inserimento lavorativo. Da tutto questo nasce “Le Ghiottonerie di Casa Lorena”, laboratorio di confetture e servizio di catering che prende vita all’interno di un bene confiscato alla criminalità organizzata a Casal di Principe e che riesce a garantire attualmente occupazione ed autonomia a 6 donne in uscita dai percorsi di violenza. Dal 2013, anno di nascita delle Ghiottonerie, sono state coinvolte oltre 40 donne in uscita dai percorsi di violenza, tutte regolarizzate con contratto, anche se naturalmente non abbiamo potuto integrarle tutte in maniera definitiva.

Come si inserisce questa iniziativa nel lavoro dei centri antiviolenza?

Di fatto si tratta di un continuum del lavoro di sostegno psicologico, orientamento e reinserimento lavorativo e sociale che si svolge nel centro. Per moltissime donne si tratta del primo inserimento nel mondo del lavoro. Un processo che a volte si rivela estremamente complesso: dopo anni di isolamento, queste donne hanno difficoltà non solo ad integrarsi in un gruppo di lavoro ma anche a seguire le regole più semplici: puntualità, rispetto degli impegni, orari.

Qual è l’impatto di questa iniziativa sulla comunità locale?

Il progetto nasce proprio con il doppio obiettivo di aiutare le donne e modificare la cultura locale. All’inizio non è stato affatto facile: l’aver avviato un centro antiviolenza proprio a Casal di Principe, terra di Camorra, e averlo fatto in un bene confiscato alla criminalità è stato simbolicamente dirompente ed abbiamo suscitato la curiosità della comunità. Dopo tanti anni di attività ormai ne siamo diventate parte integrante. Casa Lorena è ora un luogo aperto dove donne, ragazzi, associazioni, scuole, oratori hanno libero accesso e possono svolgere attività educative e formative. A nostra volta portiamo nelle scuole progetti di informazione e sensibilizzazione. Anche per noi si è trattato di una apertura nuova rispetto ai centri antiviolenza che, come luogo di protezione, devono necessariamente essere inaccessibili.

Siete riusciti a modificare anche l’atteggiamento degli abitanti?

Il nostro impatto sui comportamenti è stato importante. Ne abbiamo avuto un esempio con le forze dell’ordine che fino a pochi anni fa avevano abitudini scorrette persino nei confronti delle donne che denunciavano: erano soliti rabbonirle e rimandarle a casa, non vedevano la violenza e sminuivano il portato di sofferenza che le donne raccontavano. Dopo anni di relazione e di specifiche attività formative, ora la situazione è completamente diversa. Adesso non solo gli agenti accorrono immediatamente a una segnalazione, ma sono in grado di riconoscere i segnali di violenza e intervenire autonomamente. Noi su questo abbiamo lavorato molto con loro e i risultati si vedono. Un lavoro analogo è stato fatto con gli ospedali. Tutto questo fa sì che, seppur lentamente, l’atteggiamento generale verso le donne vittime di violenza stia cambiando.

Come vi sostenete in questa attività?

Cominciamo a dire che finalmente ci autososteniamo: nei primi mesi del 2018 abbiamo festeggiato il traguardo dell’autonomia economica, ora ci reggiamo da sole senza dover ricorrere al sostegno della cooperativa che per ovvi motivi ha un conto a parte. Siamo anche riuscite a recuperare moltissimi stipendi arretrati per le nostre lavoratrici. Questo grazie alla crescita del fatturato che in breve tempo si è triplicato soprattutto per effetto della grande attenzione mediatica che ultimamente si è concentrata sul nostro progetto. Al momento le entrate sono sostenute in gran parte dalle attività di catering mentre per le vendite di prodotti attendiamo ancora il salto di qualità.

Di cosa avreste bisogno per fare il salto di qualità?

Senz’altro di nuovi canali di vendita per i nostri prodotti: al momento abbiamo un accordo di fornitura con la catena di ristoranti Rossopomodoro che ha contribuito a incrementare le vendite ma siamo ben lontani dalla piena produzione. Praticamente sfruttiamo solo il 10% della nostra capacità produttiva. Naturalmente per adesso la nostra forza lavoro è limitata e si concentra sul catering, che porta introiti. Se ricevessimo una commessa importante per i nostri prodotti confezionati potremmo invece assumere più donne, investire in un ambiente dedicato e in attrezzature più moderne. E soprattutto investire in competenze: abbiamo molto bisogno di espandere le nostre conoscenze in termini di capacità di gestione e sviluppo commerciale.

Quali caratteristiche hanno i vostri prodotti?

Sono realizzati con attrezzature artigianali, ma con procedure altamente professionali; tutto è a norma e certificato. Abbiamo scelto di realizzare prodotti di altissima qualità, senza coloranti né conservanti, utilizzando quando è possibile materie prime locali come il latte di bufala per la nostra crema spalmabile alla nocciola CioccoBù e prodotti di stagione e tipicamente casertani come la mela annurca per le confetture.

Anche le nostre lavoratrici, nel tempo, hanno acquisito conoscenze ed esperienza raggiungendo livelli di qualità molto elevati sia nella realizzazione dei prodotti alimentari sia nelle capacità di presentarli e confezionarli in modo piacevole e creativo. I nostri prodotti sono fatti con dedizione ed amore perché contengono tutta la voglia di riscatto e di libertà delle donne impegnate che, grazie a questo lavoro, hanno potuto riappropriarsi della loro autonomia.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome