L’export italiano di beni di consumo attraverso i canali digitali cresce in doppia cifra anche nel 2018, raggiungendo un valore di 10,3 miliardi di euro, con un incremento rispetto al 2017 di 1,1 miliardi (+12%). Il ritmo di crescita è un po’ più lento di quello registrato l’anno precedente, quando l’aumento era stato del 23%. Nonostante il trend positivo, le esportazioni digitali rappresentano però una quota ancora marginale del totale, pari ad appena il 7% dell’export di beni di consumo (144 miliardi di euro) e a poco più del 2% se si considera l’export totale (463 miliardi).
Il settore più importante è ancora il fashion (abbigliamento e accessori), che vale 6,7 miliardi di euro e incide per il 65% delle esportazioni online (il 12,7% dell’export totale di settore). Seguono il food (prodotti agroalimentari e bevande), con il 12% d el mercato (1,2 miliardi, il 2,8% delle esportazioni del settore), e l’arredamento, che pesa per il 9% e vale più di 900 milioni di euro (il 9,5% dell’export complessivo di mobili). Chiudono, con quote marginali, l’elettronica, la cosmetica, cartoleria, giochi, articoli sportivi. Più contenuta la crescita delle esportazioni online nel segmento b2b, pari all’1,5%, per un valore di 132 miliardi di euro, che corrispondono al 28,5% del totale delle esportazioni.
L’eCommerce sta diventando sempre più rilevante nell’accesso ai mercati internazionali, ma in Italia non si riescono ancora a sfruttare pienamente le opportunità che i canali digitali offrono a livello globale. Il mercato mondiale nel 2018 è cresciuto del 20% e ha raggiunto un valore di 2.500 miliardi di euro. L’Europa e gli Stati Uniti, con un mercato di circa 600 e 620 miliardi di euro e una crescita in linea con quella del mercato italiano (+12%), assorbono infatti rispettivamente la metà e un quarto del nostro export digitale, che invece è poco presente in quei mercati in maggiore espansione, come la Cina (1.000 miliardi nel 2018, +20%) e negli altri mercati emergenti. Esportare in Cina, però, non è così semplice: bisogna sostenere investimenti e costi elevati per entrare attivare una presenza sulle piattaforme cinesi di eCommerce, serve offrire un prodotto di grande valore e con un livello di servizio elevato.
Il ritardo nell’adozione di soluzioni di export digitale è particolarmente evidente nelle pmi, fra le quali emerge una forte preferenza per i canali tradizionali: l’80% esporta online ma sempre in affiancamento agli strumenti offline e ben il 56% sostiene che all’eCommerce è legata una quota marginale del fatturato prodotto all’estero.
Sono alcuni dei risultati della ricerca dell'Osservatorio Export Digitale della School of Management del Politecnico di Milano, presentata a Milano al convegno “Export digitale: quanta strada c’è da fare!”. “Nonostante il rallentamento dovuto alle incertezze dell’economia globale, le vendite attraverso i canali digitali continuano a crescere a ritmi sostenuti, ma la loro incidenza sul totale delle esportazioni è ancora limitata e denota un certo ritardo culturale delle imprese italiane, soprattutto da parte delle pmi, nell’adozione degli strumenti digitali a sostegno dell’export — afferma Riccardo Mangiaracina, direttore dell’Osservatorio Export Digitale—. Per cogliere le grandi opportunità offerte dall’eCommerce in ambito internazionale, le imprese devono guardare con più attenzione ai mercati e mergenti, soprattutto la Cina, adattando la propria strategia alle specificità dei vari paesi”.