Customer Experience nel b2b: stato dell’arte e potenzialità

Il focus sul cliente si realizza solo con tecnologie abilitanti e nel b2b si è ancora distanti dalla maturità. Lo studio del Politecnico di Milano

La Customer Experience (CX) nel b2b ha, ovviamente, destinatari diversi rispetto al B2c, ma potenzialità e prospettive di crescita parimenti (se non maggiori, in quanto molto ancora da esplorare) importanti. La CX b2b si focalizza sulla relazione cliente-fornitore all’interno della filiera di appartenenza e durante tutte le fasi del customer journey, dal primo contatto all’assistenza post-vendita. In assonanza a quanto avviene nel B2c, anche nel B2b il rapporto cliente-fornitore cambia, anche significativamente, sulla base della tipologica di cliente considerato, di variabili di contesto e delle caratteristiche del cliente. Tutto ciò influisce sui touchpoint, ovvero i punti di contatto tra le parti (cliente-fornitore, in questo caso). Di fatti, se gestiti in maniera sinergica, coerente e integrata, in una parola, omnicanale, rappresentano hub strategici per creare valore dall'interazione cliente-fornitore per entrambi gli attori in gioco.

In buona sostanza, i fattori abilitanti perché si possa profittare dei benefici di una buona CX nel b2b sono due: la cura della relazione cliente-fornitore e il livello performativo dell’infrastruttura tecnologica adottata. Questi due fattori, infatti, permettono di orientarsi e capire lo stato dell’arte delle aziende operanti nel b2b. A tal proposito, l'Osservatorio Customer Experience nel b2b della School of Management del Politecnico di Milano ha costruito una matrice al fine di valutare la maturità delle imprese italiane sulla Customer Experience b2b, basandosi sui dati raccolti da un campione di 546 imprese, rappresentativo di grandi aziende e PMI italiane, pubblicati ad ottobre 2022. Ne emerge, che il 32% delle aziende b2b italiane è “non attrezzata e immatura”. Ciò si concretizza in una scarsa visione cliente-centrica, in una ridotta collaborazione tra le funzioni aziendali che si interfacciano con il cliente e che, a livello tecnologico, è in grado di raccogliere solo un numero limitato di informazioni attraverso strumenti basici come Excel o Spreadsheet. Il 21% può essere definita “tecnologica”, perché dispone di un’infrastruttura tecnologica di gestione del dato, con un unico repository, ma con una scarsa attenzione alle esigenze del cliente. Il 23% è “in transizione”, con una propensione agli investimenti in progetti di digitalizzazione b2b simile a quelli dei cluster meno maturi. Dai dati raccolti spicca come “attrezzato” solo un 24%, dotato di un approccio al cliente migliore in entrambe le categorie, ma con una forte dispersione. Solo il 9%, infatti, si è mosso pienamente in entrambe le direzioni mostrando una maturità superiore in questo ambito.

Questi risultati, seppur non dei più entusiasmanti, si portato dietro però una maggiore consapevolezza sulla di necessità d’impegnarsi sul tema, rispetto al passato.

© Osservatorio Customer Experience nel B2b della School of Management del Politecnico di Milano (2022)

“Negli ultimi due anni, anche le aziende b2b,hanno compreso l’importanza di attuare un approccio ‘cliente-centrico’, volto a mettere al centro delle strategie aziendali proprio il cliente facendo attenzione alle sue esigenze e caratteristiche peculiari - spiega Paola Olivares, Direttrice dell’Osservatorio Customer Experience nel B2b -. Tale approccio consente di estrarre valore per il business sotto diversi punti di vista. Permette da un lato di ottenere miglioramenti della soddisfazione del cliente e dall’altro di sbloccare importanti benefici di efficacia ed efficienza dei processi aziendali interni con un impatto significativo sui risultati economici dell’azienda. Per ora, però, i risultati di questo interesse sono ancora molto limitati. Il settore inizia a muovere i primi passi e bisognerà aspettare ancora qualche anno per vedere i risultati di questo percorso”.

Il percorso verso la costruzione di un approccio cliente-centrico è ancora in divenire per la gran parte delle aziende b2b, ma una buona parte di esse dimostra di voler scattare dai propri ‘blocchi di partenza’ – dice Sara Zagaria, project manager dell’Osservatorio Customer Experience nel B2b –. Per raggiungere l’obiettivo però non è sufficiente essere teoricamente attrezzati a livello organizzativo e tecnologico: le aziende b2b devono comprendere appieno l’importanza e i benefici dell’ascolto di tutte le tipologie di clienti attivi, che siano end-user, distributori, retailer e professionisti, adeguando le proprie strategie alle peculiarità e alle necessità di ciascun attore”.

Nel concreto si tratta di puntare in maniera digital-first sulla velocità di risposta, sul costruire/alimentare fiducia con prospect e clienti acquisiti e offrire contezza dell’impatto sul roi del ricorso alla cx nel b2b grazie ad una parallela “Account Experience”.

Volendo declinare questi aspetti all’ambito retail, risulta sempre più centrale il sapersi rapportare alla cosiddetta “Retail Datafication” permessa dall’ingente mole di dati raccolti dal comparto, che – se si considera l’intera catena end-to-end (produzione, magazzino, vendita, consegna e reso) rappresenta  probabilmente l’industria che raccoglie più dati sulle abitudini dei consumatori.

Si assiste, sia a livello b2b che b2c, a quella che gli analisti di Gartner definiscono “shopping promiscuity”, per cui il rivolgersi con costanza agli stessi fornitori non è per forza un automatismo. Bisogna intervenire sul customer journey del cliente con nuove tecnologie supportano l’integrazione di canali off e online grazie a servizi digitali che facilitano e che siano quanto più personalizzate anche nel b2b.

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