Customer Success: il ruolo fondamentale della cultura aziendale

La diffusione di figure come il “Chief Happiness Officer” e di nuove visioni sui Purpose aziendali fanno emergere come il contesto attuale stia archiviando i vantaggi competitivi tradizionali

Il digitale ha esplicitato quello che era un trend economico-commerciale sempre più evidente: la vendita – la “conversion” – non costituisce più il punto di arrivo di un business, bensì il suo punto di partenza. Ciò avviene perché oggi quello che più conta è avere un proprio Purpose, scopo distintivo, che animi tutti i processi aziendali e che sia il fondamento per la sua definizione di successo. A questo proposito, il libro “Customer Success. Perché saranno i clienti a guidare il futuro della tua impresa”, riporta un modello interessante che offre un punto di vista diverso sul tema, a partire da cosiddetto “Customer Success. Quest’ultimo “è un framework organizzativo cross-funzionale (determinato da continui scambi tra diverse funzioni aziendali), derivato dai modelli Software As A Service (XaaS) e dalla Subscription Economy, grazie al quale tutti i dipartimenti dell’azienda, lavorando in modo integrato, generano maggior valore per i clienti”. […] Il concetto di “Customer Success nasce nel 1996 nella Silicon Valley come un modo alternativo di sviluppare le organizzazioni. Per la prima volta nella storia del Marketing e del Customer Service, l’attenzione si sposta dall’acquisizione aggressiva di nuovi clienti alla protezione e al mantenimento di quelli esistenti”. Un modello come quello ispirato al Customer Success, che è indubbiamente legato alla famosa “Customer Centrity” mira sì a portare valore al cliente, ma muove da un concetto di successo più omnicomprensivo. È evidente come la trasformazione digitale stia appiattendo i vantaggi competitivi tradizionali, anche perché la complessità è aumentata. Se si pensa che in ogni touch point avviene uno scambio di dati e informazioni che impattano sulla percezione generale di un brand nella mente di un cliente, dato che ogni punto di contatto e relazione con il cliente deve trovare un assetto organizzativo aziendale responsive. È stata, ad esempio, ormai sdoganato il concetto di Phygital Customer Experience, dove analogico e digitale si integrano senza soluzione di continuità.

Tuttavia, bisogna tener presente che il Customer Success è una vera e propria metodologia aziendale, che per essere effettiva presuppone una trasformazione culturale. I collaboratori sono le persone che devono tradurre in azioni quotidiane questa visione strategica, e come tali sono vero patrimonio aziendale da tutelare, molto più di quanto si è fatto fin ora. Il successo, infatti, è proporzionale all’impegno di ogni risorsa sul raggiungimento di tale scopo. In questi anni la stessa definizione di successo (seppur da sempre relativa) ha cambiato i suoi connotati, guardando alla “big picture”. Il Customer Success, in pratica, è solo realistico se rapportato ad una visione di lavoro nuova, dove si incrociano benessere, felicità ed etica. Secondo i dati riportati Maria Luisa Bionda e Patrizia Musso nel libro “Brand Renaissance. Nuove tecniche per rivoluzionare la comunicazione organizzativa” (2020, Franco Angeli Edizioni), in Italia, in media, si trascorrono al lavoro 1.725 ore all’anno, circa il 30% della vita attiva di una persona adulta, lavorando 243 ore in più dei francesi, 354 ore in più dei tedeschi. Questi volumi lavorativi intensi hanno ovviamente una correlazione diretta con i fenomeni depressivi e di stress che affliggono i lavoratori, demotivandoli ed impattando sulla loro produttività. Non è un caso che negli ultimi tempi siano emerse in ambienti più innovativi figure come il “Chief Happiness Officer”, con il compito di vegliare e mediare sulle insoddisfazioni dei lavoratori. Nel corso del tempo sono stati portati avanti diversi studi e iniziative sul Roi dell’Happiness Management, a ulteriore conferma della stretta connessione tra felicità/benessere dei collaboratori e la loro efficienza/produttività.

Tra le iniziative citabili in tal senso vi è stato pure la seconda conferenza internazionale organizzata da Fifth Beat, studio di design indipendente co-fondato dall’attuale CEO Raffaele Boiano nel 2014, che adotta metodi e tecniche di ricerca antropologico-sociologica, soprattutto qualitativa, che consentono di innestare processi di innovazione continua. La due giorni in oggetto ha visto alternarsi una moltitudine di speaker che hanno contribuito ad arricchire il dibattito su design e cultura aziendale. È emerso anche in questa sede un richiamo al concetto già esplicitato di “cross-funzionalità”, volto a mettere al centro una vera e propria contaminazione di competenze trasversali. Tra i tanti insight di rilievo, inoltre, vale la pena citare anche il framework di studio e apprendimento per sviluppare competenze trasversali che ben accompagna il concetto di Customer Success, ed anzi ne è la premessa. Infatti, Daniel Szug e Josephine Wong, i co-foundatori di Apogee Asia, hanno sviluppato Make Meaningful Work, uno spazio in cui possono emergere criticità legate al contesto aziendale e affrontarle costruttivamente. In termini pratici, sono stati  identificati i problemi negli ultimi 10 anni nei posti di lavoro, raccogliendo le frasi più utilizzate per esprimerli: “mi sento impegnato tutto il tempo”, “non ho tempo per pensare o riflettere”, “mi sento stressato, stanco e affaticato”, “non adotto uno stile di vita salutare”, “mi manca l’energia”, “non ho tempo per imparare o leggere”, “non mi sento legato alla missione e ai valori aziendali”, “continuo a concentrarmi sulla cosa sbagliata”. L’approccio costruttivo allora scelto per poter alleviare il malessere individuato ha posto l’accento sulla necessità di spostarsi dal “transactional”, inteso come l’atto di lavorare al “reflective”, un momento dove viene dato spazio alla riflessione e alla condivisione di storie. Questo, di fatti, permette di diventare  “practical” e “humans”, sviluppando una serie di soft skill che consentono di produrre un lavoro che sia realmente significativo.

Ulteriore elemento degno di nota è stata la modalità di condivisione dei feedback sul posto di lavoro adottata dal Government Digital Service (GDS) britannico, che si concretizza nei cosiddetti Design Crits. Si tratta di una modalità di condivisione di riflessioni sul lavoro in corso utile a costruire una comprensione che sia universalmente condivisa, a fornire punti di vista innovativi e freschi, ad imparare a fare realmente user-centered design e a lavorare, come in questo caso, in diverse aree del settore pubblico.

Infine, una spinta verso una migliore cultura aziendale può arrivare dalle cosiddette comunità di pratica, con le quali si intendono gruppi di persone che condividono la passione per qualcosa che fanno e che, grazie ad una regolare interazione, imparano a farlo meglio. Con l’accortezza di contrastare la formazione di eventuali silos, le comunità di pratica, anche solo in termini di ispirazione e motivazione reciproca, costituiscono asset di traino per tutta l’azienda.

In conclusione, il Customer Success ingloba oggi una nuova visione del business che deve essere autentico in termini di mission e valori, e il cui punto di partenza per fare bene non può che trovarsi in costanti sforzi e attenzioni volte al rafforzamento di una cultura aziendale coerente e che non perde mai di vista quello che è il Purpose (uno o più) dell’azienda stessa, su cui è saldamente imperniata.

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