Da Conad a Barilla: il punto sulla csr oggi con gdo e industria food

Conad, Carrefour, Unes, Barilla, Lavazza, Granarolo e altri protagonisti del Salone della csr hanno parlato di sostenibilità, comunicazione...

Quello che è certo è che la csr oggi è imprescindibile non solo per una questione etica quanto per una questione di ritorno economico generato sia direttamente (il consumatore la chiede e la sceglie) sia indirettamente (siamo tutti parte di un ecosistema sociale e ambientale che più è sano più genera valore per tutti).

La responsabilità d'impresa è un ampio ombrello sotto il quale stanno temi altrettanto vari ma sempre più legati primariamente a sostenibilità ambientale e sociale, con tutte le diverse priorità e sfide associate. C'è la questione della lotta allo spreco, quella dell'innovazione del packaging, della comunicazione efficace e veritiera, ma anche del give back alle comunità e così via.

"Lo scoglio di sostenibilità per la gdo è scegliere bene le priorità e farle diventare un tema alto e strategico. Non in tutti negozi, ad esempio, si riescono a portare avanti le stesse azioni ed iniziative", ha sottolineato Giuseppe Zuliani, direttore customer marketing e comunicazione di Conad nel corso del suo intervento al Salone della csr e dell'innovazione sociale 2021.

La due giorni di evento, che ha visto la partecipazione anche della direttrice di Mark Up e Gdoweek Cristina Lazzati, è stata un'occasione di confronto tra le aziende del largo consumo (e non solo) sulle diverse prospettive, accezioni e azioni in essere in ambito di responsabilità sociale e sostenibilità. Il fil rouge emerso, tuttavia, è ancora una volta quello degli ecosistemi di partnership e del pensare in grande (verticale e orizzontale): le alleanze e il fare rete sono infatti imprescindibili per rendere la sostenibilità sostenibile anche a livello economico, dati gli investimenti richiesti e il necessario efficientamento.

Vediamo a seguire alcuni punti salienti estrapolati dalle diverse tavole rotonde e relativi primariamente ai protagonisti retail e food, ripartendo da Conad.

Tra le priorità di sostenibilità indicate da Giuseppe Zuliani, direttore customer marketing e comunicazione di Conad, c'è il "lavoro sulla mdd, che rappresenta il 30% nostro fatturato (800 fornitori) ma la parola chiave resta «filiera»: da soli la sostenibilità non la faremo mai. Bisogna riorganizzare i flussi con il demand planning e fare scelte logistiche di efficienza. Un esempio? Ci impegniamo per far viaggiare gli autotreni che trasportano i prodotti pieni e non al 40% come da media generale. Nel 2020 l’efficientamento della logistica ha infatti consentito, a fronte di un incremento delle merci movimentate del 19%, di contenere l'aumento delle emissioni al 9%".

Per chi fa cibo, soprattutto con shelf-life da fresco, non è così scontato passare da un materiale all’altro per il confezionamento. Questa la visione portata da Raffaele Bombardieri research & development manager Granarolo: "Il packaging è un tema importante, che richiede tanto lavoro sullo sviluppo tecnologico anche solo per allungare di pochi giorni la durata a scaffale e quindi migliorare lato sprechi. Bisogna coniugare sicurezza, riciclabilità e tanto altro. Noi lavoriamo in questa direzione e continueremo a farlo nei prossimi anni".

"Io mi occupo di ricerca di nuovi materiali e negli ultimi anni su questo fronte abbiamo lavorato - e continueremo a farlo - sul miglioramento green legato a tre azioni: riduzione, riuso e riciclo", gli fa eco Giacomo Canali, packaging research and sustainability senior science manager di Barilla: "L’utilizzo di risorse rinnovabili a partire dalla carta (badando di non andare in competizione con quella che è la catena del food e con la sua possibilità di produrre cibo per le persone) è ad esempio un punto centrale. Lato riciclo, quello chimico sarà sempre più importante e lo sforzo si associa al riutilizzare gli stessi materiali riciclabili all’interno della medesima filiera, sempre con attenzione alla sicurezza".

"Abbiamo tre marchi private label rivolti in particolare a chi è più attento alla sostenibilità e a certi tipi di valori, che già nella stessa confezione devono essere ben visibili", spiega Marta Casella, csr manager di Carrefour Italia: "L’esame del ciclo di vita del prodotto e del suo impatto ambientale è composto da tantissime variabili che richiedono di darsi obiettivi concreti e selezionati. Uno di questi per noi è quello di avere entro il 2025 il 100% di packaging riciclato, o riciclabile o compostabile. Ma sostenibilità significa anche attenzione alle persone in ottica inclusiva, per questo puntiamo a rendere un cibo di qualità democraticamente accessibile a tutti".

"Se siamo diventati così popolari in poco tempo è perché la sensibilità degli italiani sul tema della lotta allo spreco è forte e le persone sono pronte ad agire", sottolinea Giulia Luciani, key account manager di Too Good To Go, B Corp e app contro gli sprechi alimentari: "Fare azioni concrete tutti insieme è l’unico modo per raggiungere risultati significativi su temi così importanti e impegnativi: ad oggi ormai abbiamo salvato 5 milioni di pasti. Il nostro modello prevede una triangolazione virtuosa che è vincente per tutte le parti: questo è importante perché una barriera alla scelta sostenibile è che spesso non è conveniente per tutti gli attori".

"Quello che cerchiamo di fare è accompagnare il consumatore alla scoperta della sostenibilità nel lungo periodo con tante piccole iniziative educational che creano dei loop virtuosi. Anche perché, con la pandemia sono sicuramente scattati nuovi modelli di consumo e una diversa sensibilizzazione, ma che è ancora più teorica che pratica", racconta Rossella Brenna, Ad Unes: "Siamo stai pionieri anche solo nel mettere anzitempo le ante nei reparti frigo in gdo, che solo successivamente sono diventate uno standard condiviso. Sul fronte interno, poi, ci stiamo ad esempio attivando ad esempio con un’offerta sul fresco sempre più sostenibile lato packaging e stiamo lavorando sul rendere le etichette delle nostre mdd sempre più chiare, corte e semplici”.

"La sostenibilità oggi ha ancora un costo alto perché è poco condiviso. Faccio parte di quella generazione molto attenta ai temi della sostenibilità e della classe manageriale di domani: il profitto come lo intendiamo noi non sarà più finalmente l’unica leva e non acquisteremo più guardando solo al prezzo. Il consumatore non usufruirà più solo del prodotto ma diventerà driver del cambiamento", preannuncia Marianna Palella, Ceo & founder di Citrus l’Orto Italiano: "Il settore dell'ortofrutta tradizionalmente fa grandi volumi e poi la guerra sui prezzi. Un modello che noi abbiamo cercato di scardinare per portare maggiore valore di filiera, non puntando sulle promozioni di prezzo ma di altro tipo e inglobando anche la sostenibilità. Abbiamo ad esempio eliminato il ricorso alle cassette monouso in plastica e introdotto il bollino compostabile che può essere gettato insieme alla buccia della frutta".

Dalla produzione alla comunicazione

Attenzione però, quando si parla di collaborazione e lavoro lungo tutta la filiera lato sostenibilità è necessario allargare lo sguardo. "Se guardo al mondo del food penso che ci debba essere una filiera oltre che di consumo di comunicazione", sottolinea Cristina Lazzati, editor in chief di Mark Up, Gdoweek e Fresh Point Magazine: "Oggi i media si sono moltiplicati, non c’è solo la televisione. Un punto di vendita è ad esempio un medium efficace e da valorizzare. I giovani oggi si informano online e vogliono sapere quali sono i comportamenti e le attività che li rendono davvero più sostenibili. Lato giornalistico, noi che facciamo questo lavoro riceviamo migliaia di comunicati sulla csr ed è nostro compito discernere. Oggi se pianti 5 alberi oggi non puoi mandare un comunicato stampa: andiamo oltre. Dall’altro lato, noi giornalisti non siamo esperti tecnici di ogni aspetto di sostenibilità, quindi necessitiamo di supporto. Bisognerebbe comunque partire con il dire quello che si sta facendo sulla sostenibilità in concreto e che si farà nei prossimi 6 mesi. Gli obiettivi al 2050 sono molto belli ma molto lontani".

"Mai usare la comunicazione sulla sostenibilità per edulcorare quello che non c’è o quello che si vorrebbe essere", puntualizza Stefania Romenti professore associato di comunicazione strategica e delegato del rettore alla sostenibilità Università Iulm: "Abbiamo visto tanti esempi fallimentari di chi non ha seguito questo principio basilare. Le imprese che risultano di maggior successo dai nostri casi studio sono quelle che restano coerenti al proprio dna e ammettono anche di dover migliorare su dati aspetti green. Purtroppo, la nostra ricerca scientifica ci dice anche che i grafici dei bilanci di sostenibilità aziendali usano alcuni trucchetti di colori e forme per far apparire le performance migliori".

"L’aspetto fondamentale anche nella comunicazione è lavorare insieme e parlare di ciò che si fa con grande coerenza e autenticità. Nessuno può fare tutto questo da solo, servono alleanze e in questo la comunicazione è un acceleratore che allarga la propria funzione oltre il marketing. L’anno della pandemia è stato ad esempio quello del rilancio delle funzioni HR, che hanno dovuto svolgere un fondamentale ruolo di unione e supporto interno alle persone. Anche in quest’ambito abbiamo fatto sistema", rileva Alessandra Bianco, corporate communication director di Lavazza: "All’esterno, invece, durante l'emergenza sanitaria abbiamo scelto di raccontarci in modo nuovo sul digitale, venendo meno altri tipi di touchpoint. Questo canale ci ha insegnato tanto, come la capacità di sfruttare l’evento in streaming. Nelle nostre strutture trasformate in hub vaccinali abbiamo offerto oltre 100mila caffè a tutti coloro che si erano vaccinati dando impulso ai consumi in tutta l’area circostante. Abbiamo raccontato anche questo. Si tratta della già rilevata differenza tra storytelling e storydoing. Nel momento in cui, invece, con la sostenibilità ci si permette di dire cose che non sono vere si spezza il legame di fiducia con le persone e questo ha un impatto economico negativo significativo, che non vale 100 campagne di marketing".

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