Da Diego Piacentini a Steve Kessel: gli anni sabbatici che fanno bene ad Amazon

Dalla prossima estate Diego Piacentini, vice president di Amazon, prende due anni di aspettativa per occuparsi pro bono della digitalizzazione del Paese. Ma prima d lui, due anni furono concessi a Kassel, cui è ora affidato un progetto di massima innovazione

Gli anni sabbatici, o i lunghi periodi di aspettativa, non sono un tabù per una azienda come Amazon, che sembra ben disposta a concederli anche ai manager di alto livello, probabilmente nella certezza che molto di buono ne deriverà al termine del periodo di “leave”.
È il caso della notizia di ieri sera, quando il Presidente del Consiglio Matteo Renzi, al termine del Consiglio dei Ministri, ha annunciato che sarà Diego Piacentini, vice president di Amazon, a ricoprire l’incarico di Commissario del Governo per l’innovazione e la digitalizzazione.
Una conferma arrivata subito dopo anche con uno scambio di Tweet tra Jeff Bezos e di nuovo Matteo Renzi: l’uno si congratula con un “Kudos”, l’altro ringrazia per l’opportunità.

Piacentini Commissario all'innovazione per il Governo Italiano

In effetti per Diego Piacentini a partire dalla prossima estate si apre un periodo di due anni nel corso dei quali offrirà pro bono la sua consulenza al Governo sui temi dell’innovazione e della digitalizzazione.
Sarà di stanza a Roma, anche se preannuncia una sorta di pendolarismo con Seattle dove risiede la sua famiglia – pendolarismo al quale per altro dichiara di essere ben abituato -, e si dice convinto di poter portare parte della sua esperienza maturata nei sedici anni di Amazon, oltre a quelli precedentemente spesi in Apple, al servizio del Paese nel quale è nato e vissuto per 40 anni.
Nella nota con la quale Amazon ha presentato la notizia sul proprio sito, Piacentini dichiara che la prima lezione che vuol portare in Italia è il “Mai dire non funzionerà mai”.
Lo disse quando Jeff Bezos gli sottopose il progetto Kindle ed è chiaro che il tempo gli ha dato del tutto torto.
La seconda lezione che intende portare con sé in Italia è la necessità di una ferrea organizzazione quando si tratta di grandi idee o progetti. Ci vogliono pensiero innovativo, trasparenza, autocritica, visione di lungo termine, sostiene: “Mai farsi ossessionare dai risultati di breve termine. E soprattutto, mettere sempre il cliente al primo posto”.

Il progetto segreto di Steve Kessel

Diego Piacentini non è rara avis nella storia di Amazon.
Un periodo sabbatico di due anni fu concesso nel 2012 a Steve Kessel: allora lavorava da oltre 10 anni in Amazon ed era il braccio desto di Jeff Bezos. Kessel, Vice President Worldwide Digital Media era l’uomo dietro il successo del Kindle, non certo una figura di secondo piano.
Torna due anni dopo e con lui rientra in azienda anche Jennifer Cast, protagonista degli albori di Amazon, poi fuoriuscita dall’azienda per perseguire progetti di vita e sociali legati in particolare al riconoscimento del matrimonio gay nello stato di Washington.
A lei viene affidato il ruolo di vicepresidente della divisione Amazon Books, a lui un progetto segreto, anzi segretissimo.
La prima mossa si gioca nel nel mese di novembre dello scorso anno: è la prima libreria fisica di Amazon.
Ed è in quel momento che il progetto viene alla luce, per lo meno nella sua denominazione: Amazon Store.

Un negozio liquido?

Ci si domanda se Amazon abbia intenzione di ampliarlo e le speculazioni fanno in fretta ad esplodere, soprattutto quanto un poco accorto gestore di centri commerciali ventila l’ipotesi di aperture diffuse: centinaia di punti di vendita fisici per l’emblema dell’ecommerce mondiale.
Ma la cosa potrebbe non fermarsi qui.
Perché al progetto Amazon Store non partecipano solo Kessel e Cast, ma una lunga schiera di manager di lungo corso, a cominciare da Dilip Kumar, dodici anni in Amazon, technical advisor di Jeff Bezos o ancora Gianna Puerini, VP Product Management & User Experience.
Uomini e donne troppo legati a Jeff Bezos perché il progetto Amazon Store sia “solo” un prgetto di una catena di librerie.
E poi c’è quel brevetto, “Transitioning items from a materials handling facility”, depositato un anno fa.
Ed ecco che si fa strada l’ipotesi di un nuovo modello di punto di vendita, senza casse, senza scanner, ma nel quale tutto ruota intorno al riconoscimento del cliente e della costruzione della sua storia.
Un negozio liquido, chissà.
E se questo è il frutto di due anni sabbatici, forse, anche questa volta, Jeff Bezos ha tutte le ragioni per concederli.

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