Next gen: Matteo Parisi. Vinhood, da tech a taste company

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La bussola del gusto per guidare e conoscere il consumatore, Vinhood, partita dal vino, ora sta esplorando nuovi mondi

Un nuovo modo per approcciarsi a un prodotto creando percorsi a partire dal gusto, uno strumento molto apprezzato dai retailer e brand che possono soddisfare un bisogno dell’utente finale ma anche prendere decisioni sull’assortimento, “Noi non aiutiamo a vendere, ma a far comprare”, sintetizza in una frase la mission di Vinhood il cofounder Matteo Parisi, 33 anni, che abbiamo incontrato nella sede di Milano.

Come si è evoluta l’avventura nei gusti di Vinhood?

Ci avete conosciuto nel 2017 a Seeds and Chips ed eravamo in 5 persone al lavoro sul primo progetto del vino con Esselunga che stava andando bene e allora ci siamo trovati a decidere cosa fare: abbiamo abbandonato l’idea di essere un player nell’eCommerce del vino per diventare una realtà capace di unire il mondo della filiera con il consumatore, lavorando su logiche di comunicazione e marketing per riuscire a far diventare i prodotti più comprensibili agli utenti finali. Mi piace dire che diamo le parole alle persone per parlare del prodotto, per ordinarlo e sceglierlo, migliorando così l’esperienza di acquisto. Siamo quindi una taste company ma non dimentichiamo il lato tech, creiamo la mappa e una geografia dei caratteri gustativi e cluster di prodotti con determinate caratteristiche. La bussola per navigare in queste mappe sono i nostri algoritmi di profilazione gustativa basati su logiche di neurogastronomia, che abbiamo testato con diverse università con caschetti e skin conductor e con risultati tra l’80 e il 90% di affidabilità rispetto all’instradamento tra un prodotto e l’altro.

Siete nati con il vino ma ora spaziate anche in altre categorie

Abbiamo capito che il vino era solo uno dei punti di arrivo possibili, il nostro core era il gusto e così ci siamo divertiti a fare esplorazioni sul caffè, sulla birra, il pane, amari e ora stiamo studiando il té e nel futuro amplieremo ad altri prodotti che abbiamo già fatto testare ai nostri sensory expert interni e alla nostra rete di esperti esterni per comprendere meglio il prodotto e la maturità del prodotto nei vari paesi e la percezione che ne hanno i consumatori. Partiti nel 2017 da 5 persone, il team a oggi è composto da 35 persone e abbiamo superato i 30 paesi nei quali siamo presenti. 

Pensi che anche le categorie dei freschi possano entrare nel paniere di Vinhood?

Oltre al pane, di cui abbiamo disegnato una mappa, ci è stato chiesto di fare test su diversi prodotti, per esempio le mele, i formaggi, le carni, penso che sarà la nuova frontiera, su due prodotti in particolare siamo in una fase avanzata e credo che già dall’anno prossimo seguiranno il té. Siamo nati dal bevibile e passiamo all’edibile, con caratteristiche e problematiche diverse, ma anche curiosità, nel pane è per esempio richiesta la scarpettabilità…

Perché è così importante focalizzarsi sul gusto?

È un mondo molto spesso sconosciuto, messo al centro dalle cronache recenti, pensa all'emergenza Covid che lo ha fatto perdere a molte persone. È una nuova scoperta per il consumatore che grazie a un percorso sa valutare e prendere decisioni consapevoli. Abbiamo per esempio fatto un evento di degustazione con l’Unione Italiana Ciechi, che ci ha fatto comprendere come descrivere al meglio un prodotto, utilizzando solo quattro sensi. E scopri che quanto ciò che sai tu è "bias" e risente della tua esperienza pregressa.

Che approccio al digitale vedi in Italia

L’ho sempre visto come il tema portante per giungere al consumatore, in una logica b2b2c. Il costo maggiore è l’adozione, che passa dall’educazione a utilizzare la tecnologia, se si comprende il reale valore. A livello manageriale nelle aziende serve una visione, all'estero c'è più consapevolezza, ma finalmente anche in Italia stiamo incontrando nuove persone, e non dico solo giovani, in posizioni chiave che aprono le porte alla tecnologia perché ne intravedono le potenzialità e gli obiettivi da raggiungere in un percorso condiviso.

Che rapporto avete con i retailer

Abbiamo un rapporto consulenziale per comprendere come rivedere l’assortimento, lavorare sulle rotazioni o aprire un nuovo store. Ci basiamo sui nostri dati e sulle iniziative che facciamo instore. Ma lavoriamo anche a supporto del category: con i nostri esperti creiamo sinergie non tanto per scegliere l’etichetta del vino, ma quali caratteristiche deve avere rispetto a un trend di clientela o di periodo dell’anno o anche di posizionamento. Abbiamo anche un ecosistema di più di 50 cantine che sul proprio sito di eCommerce installano il nostro widget e che coinvolgiamo nei nostri webinar informativi. 

Come si è evoluto il consumatore?

Affianchiamo sempre di più la parte di gusto palatale e nasale anche a quella più personale, cercando di scoprire chi è il consumatore e qui entrano in scena tematiche come l’etica e la sostenibilità, che sono sempre più presenti nelle decisioni di scelta. Sta salendo anche il tempo che il consumatore spende nell’informarsi sul prodotto: nelle nostre schede prodotto abbiamo il “be cool”, tre righe con la chicca sul prodotto, che nessuno sa e che serve per far bella figura per esempio per regalare il prodotto. Molte volte sono i produttori che devono inseguire una domanda di informazioni, la sostenibilità per esempio non emerge dal prodotto o dal pack, seppure sia presente nelle pratiche di produzione, il nostro compito è farlo emergere, e renderlo visibile al retailer e di conseguenza al consumatore. Stiamo lavorando per esempio nel pane per creare un contenuto da raggiungere con un QR Code sulla busta del pane, per spiegare ingredienti, consigli e modi di uso, sempre nel modo più semplice possibile.

E quali sono i touchpoint per intercettarlo

Non è semplice dirlo perché se ne scoprono sempre di nuovi, avendo noi un largo spettro di clienti alla ricerca di esperienze sempre più fluide e phygital. Ma suddividendoli in modo classico, online abbiamo il widget integrabile nei siti, banner o floating button e smarter footer, qui creiamo lead con il consumatore da cui poi partono i percorsi. Anche i social non sono da sottovalutare, vista anche la velocità con cui entrano in gioco nuovi player, non abbiamo fatto in tempo ad essere su Instagram che dobbiamo già pensare a Tik Tok.Nel lato offline abbiamo i nostri chioschi con tablet instore assistito o non assistito, un guided trial con iniziative o con i brand con stewart o hostess in occasione di eventi e fiere.

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