Dai concept della Gdo emerge il business model

IN PRIMO PIANO – Il retailing sta evolvendo con paradigmi trasversali ai format, cercando valore nelle peculiarità di insengna (da MARKUP 213)

Secondo gli esperti del settore il format vincente da qui fino a idee rivoluzionarie è il superstore. Un supermercato più grande, con un assortimento in grado di soddisfare qualsiasi consumatore, ma spogliato di tutte quelle referenze non food che fanno precipitare il valore di fatturato per mq a causa delle basse rotazioni. Negli ultimi anni, un'ampia schiera di esperti a vario livello ha considerato in modo implicito (ma a volte anche esplicito) lo "spazio di relazione" del punto di vendita come il parametro principale di valutazione. In altre parole è stato privilegiato da molti analisti un modello che evidenzia il rapporto con il consumatore: come il "negozio" appare, i servizi offerti, gli spazi di disimpegno e molti parametri, spesso soggettivi, che nella valutazione finale consentano di dire se un punto di vendita è più o meno bello, più o meno funzionale. L'importanza della relazione, di come il consumatore vive nel punto di vendita, è senza dubbio importante ma secondaria e funzionale alla traduzione concreta del modello di business dell'insegna definito da precisati concept. Ogni retailer ha punti di forza e punto di debolezza, ha dichiarato una mission più o meno nitida e coerentemente deve impegnarsi a raggiungerla. Se i format principali individuano di per sé un business model differente, oggi all'interno degli stessi format si possono ricavare dei concept anche molto distanti. E su questi che appare utile fare alcune considerazioni che tengano in primo piano gli aspetti strategici attuali e futuri.

Metodi analitici
Gli aspetti correlati alla gestione dello spazio esterno, alle attrezzature, al display ecc. non rientrano nelle questioni che si vogliono affrontare in questo articolo. Il focus è sul valore delle aree del punto di vendita rispetto al punto di ingresso e di uscita e sul posizionamento delle categorie e reparti (o mondi) all'interno della superficie stessa. In altre e semplici parole, quanto un reparto è ampio e dove è posizionato rispetto all'ingresso e all'uscita del punto di vendita. Questo approccio, pur se semplificato, consente di effettuare alcune analisi di modello di business interessanti che caratterizzano le diverse insegne. Come detto le variabili da considerare sono due: l'area assegnata alla categoria e la posizione "geografica" all'interno della superficie. La letteratura classica sul retailing moderno individua almeno due criteri di assegnazione alla dimensione: il primo è la proporzionalità tra fatturato atteso dalle categorie rispetto alla porzione di superficie assegnata; il secondo si basa sul margine di contribuzione che le categorie possono potenzialmente ricevere. Questo secondo aspetto non assume la stessa importanza in tutti i Paesi europei ma in Italia ha il suo peso perché è figlio del modello negoziale in essere. Tuttavia, può essere interpretato come un criterio che esprime debolezza dell'insegna, che tendenzialmente dovrebbe lasciare il passo al primo. Per quanto riguarda posizionamento delle categorie all'interno della superficie di vendita, la letteratura sul retiling moderno dice che il valore dell'area occupata in termini di posizione (non di dimensioni) è il rapporto tra la profondità del punto di vendita (distanza tra ingresso e retro) e distanza tra il reparto e l'ingresso. Questa semplice relazione (semplificata in quanto non tiene conto delle geometrie delle superfici) afferma un concetto banale ma inoppugnabili: ciò che è vicino all'ingresso è visto e visitato da tutti in quanto si tratta di un passaggio obbligato; allontanandosi dall'ingresso, la visibilità delle categorie diminuisce e quindi l'area nella superficie assume un valore inferiore. Tuttavia se i criteri di ampiezza di superficie per categoria sono oggettivi e traducono il business model dell'insegna, il valore di posizione ha connotazioni strategiche e non lineari come la relazione indicata qualche riga più sopra esprime.

Il valore dell'apertura
Esselunga apre i suoi superstore con l'ortofrutta e utilizza un'ampia porzione di superficie per esporre questa categoria. La decisione di aprire con l'ortofrutta presenta delle insidie: il prodotto è delicato e marcescibile ma destinato a entrare nel carrello della spesa prima di ogni altra referenza. Tuttavia l'ortofrutta in apertura è il biglietto da visita di una retail machine che punta all'efficienza: freschezza e colori della categoria attirano l'attenzione dell'avventore. Secondo alcuni studiosi di dinamiche precettivo-psicologico, una delle necessità dei retailer è rallentare il tempo "celebrale" degli avventori. Il consumatore giunge nel punto di vendita spesso in automobile ed è animato da un ritmo mentale sostenuto, che mal si adatta al soffermarsi tra gli scaffali. L'ortofrutta in apertura favorirebbe una decelerazione dei ritmi operativi favorendo l'acquisto d'impulso. Tralasciando questi aspetti percettivi, l'ortofrutta in apertura dichiara freschezza e capacità del retailer di essere efficiente. Esselunga punta moltissimo su questo aspetto: "prezzi corti" e capacità di costruire le categorie in modo da generare le più efficienti rotazioni. Osservando le disposizione dei reparti si nota come la superficie di vendita sia caratterizzata dalla presenza di "punti forti", alternati a reparti tradizionali, quasi banali. I magneti posizionati in modo oculato valorizzano l'intera superficie perché spingono l'avventore a percorrere tutto o quasi lo spazio espositivo e sono l'enoteca e la profumeria assistita. Il concept di Esselunga per i superstore ha fatto scuola come dimostrano le ultime aperture di analogo format sotto l'insegna Famila. In questo caso il modello di business punta anche su soddisfare le esigenze di spesa quotidiana posizionando all'ingresso (e vicino alla casse) le categorie correlate. Analogo modello lo si può riscontrare anche in superfici più piccole. Tra i supermercati presi in considerazione in questa sede, U2 adotta una logica simile mentre Eurospar declina la quotidianità in senso cronologico: apre con l'ortofrutta ma poi presenta la prima colazione e procede con le categorie di consumo quotidiano. In Symply si osserva un elemento di diversificazione importante rispetto ai punti di vendita finora citati: il pdv apre con l'ortofrutta ma a ridosso e prima dell'area posiziona un banco per la spesa veloce che può essere consumata nell'area caffetteria a lato. Ancora dopo l'ortofrutta l'area assistita. Evidentemente il business model di Symply punta molto sulla propria capacità di rendere un servizio a valore aggiunto. Una scelta strategica che non tutti i retailer hanno dimostrato di saper far propria.Passando agli ipermercati le aperture mostrano alcuni aspetti interessanti. Il Gigante ricalca e migliora il concept tipico dell'ipermercato che nasce aprendo con le promozioni sul non food. In questo caso, l'area promozionale è estesa a numerosissime categorie anche alimentari. Il Gigante si presenta anche come specialista del fresco ed è uno dei pochi reailer a sviluppare al proprio interno i laboratori e l'annessa area assistita. Una caratteristica così riconosciuta dalla propria clientela che è possibile spenderla in un'area lontana dall'ingresso ottenendo in questo modo una magnete in grado di far transitare il consumatore in molte aree del pdv.

Concept nuovi e seminuovi
Si è scritto molto sulla crisi dell'ipermercato. Troppo lontano dal centro urbano e troppo esposto alla pressione delle Gss, ha visto una forte riduzione della redditività delle aree non food. Come rispondo le insegne? Il Gigante con location urbane e metrature medie. Altri devono fare i conti con quanto hanno in portafoglio. È il caso di Carrefour con l'enorme iper di Assago-Milano con 16.000 mq di superficie di vendita. Il concept Planet introdotto da Carrefour può essere criticato per non essere rivoluzionario ma introduce quasi una logica industriale all'interno del commercio: l'iper come una grande azienda suddivisa per rami di business (i mondi) in cui ognuno opera come se avesse un proprio conto economico autonomo. In questo modo l'alimentare può esprime il massimo del potenziale attraverso le aree assistite che possono contare sull'organizzazione del secondo retailer al mondo.
Allo stato attuale, il concept sviluppato da Esselunga non ha trovato ancora un degno erede in grado di scalzarlo. Ha dalla sua la razionalità, la capacità di presentarsi al consumatore in modo efficace aprendo con un reparto "fresco" e può essere upgradato facilmente con reparti a valore. Tuttavia un segnale forte di innovazione viene da Iper. Il retailer ha sviluppato un concept che, come avviene per Il Gigante, porta il concetto di prossimità nell'ipermercato. Tuttavia separa nettamente l'offerta che per il progetto del punto di vendita appare "banale" (grocery, freschi confezionati, casa, abbigliamento e bazar generico), dal core del modello di business. Un core che comprende categorie del food e del non food con un'elevata profondità di assortimento, assecondate da un servizio assistito per molte categorie. Un modello di business che, in teoria, sembra puntare sul valore aggiunto con marginalità elevata oltreché alle rotazioni promozionate tipiche degli ipermercati. Iper da anni sta sviluppando questo tipo di concept che però è esigente in termini di richieste di sistema: un'organizzazione alle spalle in grado di sostenere i costi e gli investimenti dei reparti freschi e assistiti. Tuttavia questa esperienza ha le potenzialità per aprire una strada: punti di vendita che aprono su un'area a isole detta mercato a marginalità più elevata con le categorie più standardizzate in seconda posizione. Anche piccole superfici possono adottare questo concept: un piccolo supermercato Conad di Gioia Tauro ristrutturato da poco lo implementa in modo esemplare.

 

Allegati

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