Dalla creazione dei bisogni all’empatia: il caso Veet

Dicendo alle donne che "possono anche non depilarsi" la nuova campagna del brand porta libertà di scelta e inclusione a un nuovo livello

La cosiddetta "body hair positivity" celebra il ritorno in auge dei peli femminili come norma estetica socialmente accettata. Una tendenza che si colloca nel più ampio movimento della "body positivity", che promuove la varietà di corpi, forme e scelte di bellezza in controtendenza con lo standard, in particolare proposto dai media.

Tante le giovani donne, ma anche i ragazzi, che vi aderiscono con spirito di ribellione al canone, pubblicando immagini social a sostegno. Ma sono sempre più numerosi anche coloro che rispondono dal mondo beauty e fashion, tra copertine di giornale e campagne con testimonial inusuali per le rispettive storie di marca (in linea con i nuovi mantra della comunicazione 2021).

Se in questi casi, tuttavia, parliamo di una tendenza che si può facilmente sposare per compiacere la propria audience e vendere di più, per un brand come Veet, che basa tutto il proprio business sulla depilazione, si tratta di un potenziale "trend antagonista". Eppure, nella sua nuova campagna "Yes We Can", Veet ha scelto di celebrare in modo autentico la libera scelta sul tema con un approccio inclusivo che sostiene tutte le diverse preferenze.

La comunicazione, che riprende lo slogan elettorale dell'ex presidente statunitense Barack Obama, con relativo tono "eroico", prevede spot e coinvolgimento di digital influencer di età e stampo diverso. La novità comune, tuttavia, è che invece di presentare i peli come il classico "nemico da combattere" li si trasforma in una delle tante scelte plausibili e non giudicabili. I fantomatici peli, normalmente associati a un certo senso di disgusto e disagio nei messaggi pubblicitari, diventano così una normale scelta che non è solo estetica ma identitaria.

Veet, con empatia di marca, mostra di aver capito che le giovani ragazze sono stanche di sentirsi suggerire da ogni pulpito cosa fare con il loro corpo e non si ostina a restare ferma sulla propria posizione di venditore "a tutti e a tutti i costi". Il messaggio è: "Fate quello che volete, potete anche non depilarvi e non comprare i nostri prodotti, ma se volete farlo sappiate che vi offriamo le migliori referenze per ogni tipo di esigenza". E questo diventa il miglior modo per parlare e vendere a tutti.

Detta così, sembra quasi facile e banale, ma se si guarda al panorama degli spot odierni (quello di Veet lo vedete in alto), la differenza con il posizionamento mainstream è evidente. Sono pochi coloro che hanno il coraggio di non concentrarsi con insistenza sulla creazione del bisogno per un target sempre più esteso, ingigantendo a dismisura quello che alla fine "è un semplice pacchetto di cracker" o "una bevanda zuccherata" (che, tanto per dire, un vero sportivo non berrebbe mai e che dunque è inutile provare ad associare al suo volto).

Scegliere di porsi sul mercato con un dialogo dove prevale l'onestà e la risposta a un bisogno che tratta l'altro con rispetto intellettuale è una strada vincente per il futuro, nonché un must per diventare un love brand. Un orientamento che richiede, d'altro canto, una certa coerenza e allineamento interni rispetto a visione aziendale e di marketing. Vedremo se per Veet si tratterà di un'iniziativa one shot o di un vero percorso di rinnovoamento della brand identity a lungo termine, sulla scia di quanto fatto da altri come Barbie.

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