Data-driven talent management, quali prospettive di sviluppo in Italia?

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Il big data recruiting evidenzia in maniera predittiva le potenziali abilità dei candidati, consentendo di perfezionare il processo di ricerca dei talenti

Uno dei fenomeni di radicale trasformazione indotto dall’avvento dell’industria 4.0 riguarda l’innovazione della comunicazione aziendale. I big data e la digital analysis favoriscono la nascita di modelli di business basati sullo sviluppo di relazioni più efficaci e durature con gli stakeholder. Tra questi, è interessante concentrare l’attenzione sulle risorse umane d’impresa. Nelle organizzazioni impegnate nella digital transformation, la gestione delle risorse umane si avvale in misura crescente della people analytics. Sta emergendo il nuovo approccio di data-driven human resources che prevede la combinazione di dati tradizionali e non, con sistemi di analisi digitali, per creare processi finalizzati a identificare, selezionare, segmentare e valutare le risorse umane. Si presta particolare cura alla raccolta e all’analisi di tutti i dati relativi alla singola risorsa umana, dalla fase di recruitment alla gestione delle sue performance in veste di prestatore di lavoro, allo scopo di trarre informazioni utili per il successo d’impresa. Il big data recruiting evidenzia in maniera predittiva le potenziali abilità dei candidati, consentendo di perfezionare il processo di ricerca dei talenti (data-driven talent management). Si tratta di un processo che fa leva anche sull’analisi dei contenuti presenti nei social media. L’utilizzo combinato di big data, intelligenza artificiale e machine learning supporta le attività dei responsabili delle risorse umane nello sviluppare programmi di talent analytics.

UNA SURVEY ESPLORATIVA

Una delle prime ricerche esplorative condotte in Italia per comprendere la portata dell’adozione degli strumenti di big data recruiting, ai fini dell’implementazione di sistemi di data-driven talent management, ha offerto risultati interessanti. L’indagine empirica è stata condotta dal Dipartimento di scienze politiche e della comunicazione, Università degli Studi di Salerno nel periodo settembre 2019 - gennaio 2020 e ha preso in esame un campione di 45 aziende italiane classificate nel report di Mediobanca del 2018 nelle “Principali Società Italiane” (con fatturato annuo non inferiore ai 50 milioni di euro). La web survey ha raccolto 35 risposte (sulle 45 selezionate) da parte dei manager di comunicazione e di digital marketing di imprese appartenenti a diversi settori merceologici (auto, sistema moda, alimentare, editoria e stampa, meccanica, legno/mobili, banche, assicurazioni, retail).

QUATTRO GRUPPI DI IMPRESE

La web survey ha evidenziato che la maggior parte delle imprese si trova attualmente nelle prime fasi di implementazione dei big data. I risultati hanno permesso di individuare quattro distinti gruppi di imprese:

- gruppo frozen (30,3%) vi fanno parte le imprese che non hanno ancora avviato processi di analisi dei big data. Di queste, il 19,2% non sta conducendo nessuna attività a riguardo, mentre un numero minore (11,1%) ha dichiarato che intende avviare iniziative sui big data nel corso del 2020;

- gruppo educate (14,3%), composto dalle imprese che sviluppano una preliminare conoscenza circa i benefici potenziali dell’utilizzo dei big data (iniziano a predisporre attività di raccolta di nuovi dati e studi pilota);

- gruppo explore (46,2%), di cui fanno parte le imprese che definiscono una roadmap sullo sviluppo delle tecnologie relative ai big data e implementano strategie digitali in linea con le esigenze e le sfide aziendali;

- gruppo execute (9,2%), al cui interno si collocano le imprese che sviluppano analisi avanzate di big data su vasta scala, conseguendo il massimo valore dalle loro risorse informative.

L’ITALIA È FANALINO DI CODA

Per ciò che riguarda la finalizzazione, l’indagine ha evidenziato che gli obiettivi principali dell’adozione dei big data si inseriscono soprattutto nel contesto della comunicazione di marketing e consistono per lo più nello sviluppo di azioni di profilazione dei consumatori (43,2%) e nel miglioramento dei processi di customer relationship management (37,8%). Discreta attenzione viene data alla comunicazione di filiera (data-driven supply chain) (15,4%), mentre risultano quasi del tutto assenti le azioni di digital analytics volte a supportare la comunicazione di reclutamento delle risorse umane (3,6%). Allo stato attuale esiste dunque un’assoluta carenza nell’adozione di sistemi di data-driven talent management in Italia. Una delle possibili ragioni del ritardo è da ricercarsi nella mancanza di competenze ad hoc. Una risposta a questo problema potrebbe venire da una rinnovata cooperazione tra imprese e università, che consenta di raccogliere ed esaminare migliaia di curricula e di approfondire background culturali e professionali di laureandi e laureati. Lo scopo è individuare figure con attitudini per il people analytics di talent management. Nei prossimi anni, l’accelerazione nell’impiego di strumentazioni di big data analytics da parte delle imprese potrà essere favorita dall’implementazione del piano strategico per la banda ultra larga. Gli obiettivi fissati dall’agenda Digitale Europea e quelli in corso di definizione nell’ambito del Recovery Fund potranno spingere ulteriormente in questa direzione.

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