Differenziare per non discriminare

Intervista – La detergenza è uno dei settori a più alta promozionalità nella gdo. Giacomo Archi, Ad di Henkel, dice basta agli eccessi

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Con una pressione promozionale tra le più elevate, a febbraio 2014 è arrivata al 41,5%, il settore delle detergenza è forse uno di quelli che meglio esprime la sofferenza del settore del largo consumo provocato dalle dissenate politiche di prezzo e promozioni, condotte da industria e distribuzione, per far fronte alla caduta dei consumi. A oggi, come si può fare per “riprendersi” i margini cui si è rinunciato? Come si è arrivati a questi livelli di promozionalità? Come uscirne? Lo abbiamo chiesto a Giacomo Archi, amministratore delegato di Henkel Italia.

Che ruolo giocano le aziende del largo consumo in Italia?

Ho sempre pensato che il comparto del largo consumo possa costituire oggi la punta di diamante del sistema produttivo italiano; un comparto che, più di altri, ha mostrato interesse nell'innovazione, nella ricerca, con la capacità di esser sempre aggiornati e guardare al futuro, con una prospettiva positiva. Quello che ritengo sia finora poco chiaro è che tipo di intervento può giocare esattamente. In tutte le associazioni che rappresentano il largo consumo si nota un forte desiderio di impattare sulla società e sulle istituzioni, cui però corrisponde un livello di risultati non ottimale. Un problema di cui soffrono più o meno tutte le associazioni di categoria.

... questo dipende da chi parla o da chi ascolta?

Il largo consumo, forse perché dominato da multinazionali, non viene visto come una priorità da proteggere e molte aziende del settore chimico, sono multinazionali, vero, ma molte, come noi, producono in Italia. Henkel ha sei stabilimenti di produzione e serviamo il mercato italiano, il mercato europeo e, in alcuni casi, quello mondiale, soprattutto nel settore della chimica e degli adesivi industriali. Posso capire che la priorità del politico non siano le multinazionali, preferendo agire sull'industria locale e nazionale, ma ci si dimentica del fatto che i grandi produttori stranieri producono in Italia, generano PIl in Italia e pagano le tasse in Italia.

Si dice che burocrazia e costo del lavoro allontanino investimenti esteri: voi siete qui, lo rifareste?

Ritengo che l'Italia sia un ottimo Paese dove produrre e lo testimonia il fatto che, dopo la Germania, noi siamo il secondo paese manifatturiero in Europa. I nostri costi, se confrontati con i nostri vicini, pur dello stesso gruppo, sono assolutamente competitivi e se, da un lato, il costo del lavoro e quello dell'energia non ci aiutano, sopperiamo con un'efficienza, un'organizzazione, un commitment a livello di maestranze, di ingegneri e manager, in grado di trovare soluzioni alle quali altri non avevano pensato: siamo dunque soddisfatti di produrre in Italia? Sicuramente sì. Se, poi, lei mi chiede di aprire una nuova unità produttiva, allora il discorso cambia: in Irlanda ha tutti i permessi in una settimana, da noi non sarebbero sufficienti cinque anni.

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