Digital & Green: l’etichetta come nuovo media soprattutto per il food

Etichette nuovo media
Il ruolo dell’etichetta è cambiato molto nel tempo, e insieme alle parti del packaging statico e dinamico hanno enormi potenzialità strategiche green e tech

Riflettere sul ruolo delle etichette attraverso le lenti della tecnologia e della sostenibilità, con particolare attenzione all’annesso tema dello spreco alimentare, è stato al centro dell’evento che GS1 Italy, associazione legata all’introduzione del codice a barre e impegnata nello sviluppo e implementazione degli standard mondiali, ha organizzato nel quadro della Milano Digital Week lo scorso 18 marzo 2021. Ospiti dell’evento online sono stati Marco Bianchi (Food mentor), Alessandro Perego (Full professor of logistics and supply chain management al Politecnico di Milano) e Marco Cuppini (Research and communication director di GS1 Italy), che stimolati dalla moderazione di Andrea Farinet (Presidente Fondazione Pubblicità Progresso e Socialing Institute) hanno intavolato una discussione che ha fatto emergere quello che è lo status quo e le potenzialità di processi digitali e i linguaggi standard su istituzioni, aziende e consumatori.

La panoramica fornita è stata resa puntuale dal riferimento ai dati raccolti ed elaborati negli studi dell’Osservatorio Immagino (Oi) curato da GS1 Italy che monitora i cambiamenti delle informazioni in etichetta e che segue l’evoluzione sia della domanda che dell’offerta,  con l’obiettivo di cogliere tutti i segnali che arrivano dal mondo del largo consumo; e dal grande lavoro svolto dagli Osservatori digital innovation del Politecnico di Milano.

In questa cornice, è interessante sottolineare come il digitale è l’abilitatore di processi per eccellenza, a maggior ragione a fronte della pandemia che da un anno a questa parte funesta le economie mondiali, imponendo modifiche sostanziali alle abitudini delle persone. A ciò si collega l’aumento del 100% del consumo di spesa online, tanto che, come riportato da Alessandro Perego, gli ambiti con maggior margine di crescita sono quelli degli acquisti alimentari, dell’enogastronomia e del food delivery. A fronte delle cifre raggiunte da queste voci, che in tempi pre-pandemici non sono state così di successo rispetto ad altre categorie merceologiche, si legge a chiare lettere l’enorme potenzialità dei suddetti comparti. In particolare, lo stato di commercializzazione online degli alimentari è ancora incipiente, ed ha grandi margini di sviluppo. Il tutto non è, però, banale: per utilizzare al meglio canali di vendita online la filiera agrifood deve rileggere i propri processi. Nel fashion, elettronica di consumo, ecc. organizzazione e logistica sono molto semplici perché i processi e i canali sono simili a quelli per lo store fisico. Al contrario, per l’agrifood è necessario un adeguamento più preciso. A ciò, tuttavia, si aggiunge un’affezione per i canali tradizionali che offrono un’esperienza del tutto particolare, e che di fatto sono comunque un’esperienza altra, ed insostituibile.

Accanto al comportamento digitale dei consumatori, che necessita di essere ulteriormente studiato e accompagnato fluidamente nelle sue esperienze, vi è tutta una speciale attenzione che va riportata al prodotto, al suo packaging e alla sua etichetta. Secondo i dati forniti dal già citato Oi di GS1, per quel che riguarda il food, sta diventando sempre più importante evidenziare attraverso claim, pack ed etichette:

  • il richiamo dell’italianità: il “Made in Italy”, le Dop e le regioni in etichetta;
  • il mondo del free from: il trend dei claim consolidati e di quelli emergenti;
  • il mondo del rich-in: i cibi ricchi o arricchiti e i fenomeni di mercato;
  • il tema delle intolleranze: la dinamica del “senza glutine” e del “senza lattosio”;
  • gli ingredienti benefici: dallo zenzero alla mandorla, i sapori del momento;
  • lifestyle: vegetariano, vegano, biologico, halal e kosher. Il cibo identitario;
  • la texture dei prodotti: le caratteristiche organolettiche evidenziate on pack;
  • il mondo di loghi e certificazioni: Fairtrade, Ecolabel, Cruelty free. I nuovi valori delle aziende in etichetta.

Tutto ciò è sinonimo del fatto che l’informazione sui prodotti è cosa buona e gradita (“non diteci cosa dobbiamo mangiare, ma cosa mangiamo”) di fronte a clienti sempre più consapevoli e attenti nelle scelte, che vogliono essere informate. La maturazione verso tale richiesta d’informazione sui prodotti è cresciuta un po’ per l’intervento del legislatore (si pensi, ad esempio, al macrocosmo di leggi sulla denominazione d’origine, ecc.), dall’attenzione della stessa azienda (l’etichetta è ormai stata sdoganata come un vero e proprio media per “parlare” con il consumatore), ed ovviamente dal target di tutti questi processi, ovvero il cliente finale di oggi. La “personas” del cliente degli anni ’20 del Ventunesimo secolo segue logiche totalmente diverse dalle generazioni precedenti: nel dopo guerra, si era guidati nell’acquisto dalla disponibilità dei prodotti (le scelte erano vincolate alla scarsità); la generazione del boom economico comprava più in funzione della marca, mentre oggi i consumatori acquistano sulla base delle informazioni possedute.

Al supermercato, quindi, la forma è ormai sostanza: 1 su 4 tra i consumatori cambia idea leggendo l’etichetta. Bisogna, quindi, rispondere a queste esigenze informative (che siano per evitare le frodi, oppure su specifiche proprietà nutrizionali o altro) nella maniera più puntuale possibile, anche perché il carrello viene riempito sempre meno in maniera routinaria, e ci si appiglia alla tecnologia per fare la differenza in termini di conoscenza e relativa consapevolezza. In tal senso, la tecnologia trova nel packaging un campo dal potenziale vastissimo. Il packaging, infatti, ha una parte tacita, che è funzionale al prodotto in termini di conservazione (per esempio, pack che rilascia antimicotici, oppure non fa passare aira, ecc). A ciò si aggiunge un packaging parlante che può fornire informazioni sia statiche, sia dinamiche (ad esempio relative alle condizioni di mantenimento di un prodotto in termini di temperatura, ecc.). In queste dinamiche, il packaging parlante può diventare digitale, e tale “packaging digitale” può connettersi ad altre tecnologie in-store, come un carrello digitale, agevolando processi pagamento, o fare una verifica di quello che si sta comprando. Senza menzionare le potenzialità di un packaging digitale in una ipotetica smart home, in cui potrebbe interagire pure con gli elettrodomestici. In questo panorama, GS1 ha ideato il Digital Link e Data Bar che rappresentano sicuramente standard che traghettano l'esperienza di acquisto per i consumatori in questi termini.

Inoltre, connettere le possibilità delle tecnologia alla riduzione dello spreco alimentare è qualcosa di prioritario. Anzitutto, vi è da tenere a mento la specifica per cui vi è differenza tra eccedenze alimentari e spreco alimentare, in quanto si tratta di una catena consequenziale. Il cibo in eccedenza è in parte fisiologico perché è il risultato di errori di previsione, e surplus nelle varie fasi di processo in filiera. Il punto è cercare di evitare che l’eccedenza diventi spreco: in, per esempio, Francia lo spreco alimentare (“gaspillage alimentaire”) è reato regolato da una legge del 2015. Indipendentemente dalla posizione francese, si tratta di interrogarsi su come mettere in atto strategie e processi per rendere virtuose le eccedenze. La tecnologia può aiutare, appunto, interconnettendo gli attori anche del no-profit (food bank, Caritas ecc.), ed evitando che i prodotti sotto scadenza rimangano invenduti. Definire prezzi dinamici per prodotti vicino alla scadenza, abilitati da etichette digitali, impatterebbe sicuramente sul comportamento dei consumatori nell’ultimo miglio.

Infine, è cosa poco nota che addirittura il 30% di CO2 sia associata allo spreco alimentare. Il tema trova un’ulteriore intersezione con quello degli imballaggi: secondo stime Oi, oggi, ogni neonato nasce già con 50kg di plastica di packaging pro capite già in circolo nell’ambiente (Interessante richiamare in questa sede l’iniziativa delle “etichette climatiche” tedesche). La via è ancora lunga, ma produttori, reatiler, gdo, consumatori, e tutti gli attori  di filiera coinvolti, non possono più ignorare il cambio di passo – accelerato dalla pandemia – all’insegna del digitale a servizio della sostenibilità ambientale, economica e sociale a tutto tondo., per sradicare del tutto l’economia dello spreco.

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