Donne manager e formate, un vantaggio competitivo per l’impresa

Studio Fondirigenti e Università di Trento: la formazione alle donne dirigenti fornisce una spinta di crescita della produttività aggiuntiva

L’investimento tecnologico, l’attività di ricerca e sviluppo e la formazione dei dipendenti sono gli strumenti che le imprese utilizzano per far crescere la propria produttività. La formazione del personale permette di estendere l’insieme delle competenze presenti all’interno dell’impresa e questo si trasla poi in un aumento dell’efficienza operativa dell’impresa.
All’interno di queste attività di ammodernamento delle competenze riveste un ruolo cruciale la formazione manageriale. Questo perché il ruolo dei manager ha a che fare con decisioni capaci di cambiare il destino di un’impresa: la definizione degli obiettivi strategici, la gestione delle risorse disponibili, la definizione delle politiche e delle strategie di crescita.

I manager che hanno una formazione adeguata sono in grado di prendere decisioni informate e strategiche, che permettono di identificare le aree di miglioramento e di implementare soluzioni più efficienti ed efficaci. Inoltre, un manager ben formato è in grado di gestire al meglio i dipendenti, aumentando il loro coinvolgimento e la loro motivazione.

Possiamo quindi ipotizzare che la formazione dei manager attraverso un miglioramento delle decisioni strategiche e gestionali abbia un effetto sull’efficienza dell’impresa che origina da diversi fattori: l’utilizzo ottimale delle altre risorse umane presenti all’interno dell’impresa, l’ottimizzazione del controllo dei costi e nella pianificazione strategica. L’attivazione di questi fattori ha poi un impatto diretto sulla produttività dell'impresa.

Un recente studio di Fondirigenti e dell’Università di Trento mostra che le imprese italiane che investono in formazione manageriale migliorano la performance aziendale in modo significativo.
I dati mostrano che le aziende che investono nella formazione dei dirigenti, coinvolgono più manager e dedicano più ore alla formazione hanno sperimentato un aumento della produttività già nell'anno successivo a quello in cui tale formazione viene impartita. Un aumento delle ore di formazione ripartita su tutti i manager in azienda di un ora corrisponderebbe all’aumento della produttività aziendale del 17%.

Quello che è ancora più interessante, è che fare la formazione alle donne dirigenti sembra fornire una spinta di crescita della produttività aggiuntiva.
Come razionalizzare questo risultato? Si può ipotizzare che la formazione manageriale delle donne comporti diversi vantaggi per l'impresa, come un arricchimento e una maggiore varietà di opinioni e punti di vista che permettono un’analisi più completa dei problemi e delle soluzioni attuabili, migliorando le capacità di problem solving interne. Tutto ciò può portare a un aumento della produttività dell'impresa e a una maggiore competitività sul mercato.

L’analisi condotta mostra che esiste quello che potremmo definire un vero e proprio gap di produttività tra chi fa formazione solo agli uomini e chi la fa anche alle donne. O meglio, con lo stesso budget formazione a disposizione, le imprese che lo distribuiscano equamente per genere possono ottenere un guadagno di produttività del 13,5% più alto rispetto alle aziende che destinano l’intero budget ai manager di sesso maschile.

Quanto le imprese sono consapevoli di questo potenziale che risiede nelle competenze e nella flessibilità delle donne manager? Nel periodo 2010-2018 nelle imprese manifatturiere italiane solo il 12% di tutti dirigenti in formazione erano donne. Nei settori dei servizi questa percentuale sale al 20%. Per quel che riguarda la dinamica, il coinvolgimento delle donne in formazione è cresciuto del 60% in questo periodo, ma si attesta ancora ai livelli molto bassi.

Solo una impresa su tre che ha attivato la formazione manageriale in questo periodo ha coinvolto almeno una donna in formazione. Questo vuol dire che il 70% delle imprese italiane ha dedicato l’intero budget formazione ai manager maschi.
Le imprese italiane, quindi, nonostante gli sforzi di investimento in formazione manageriale non hanno sfruttato il vantaggio derivante dalla formazione manageriale femminile richiamato sopra. Il ritorno dell’investimento è stato inferiore del 9% rispetto a quello che si sarebbe potuto ottenere se la formazione fosse stata equamente dedicata agli uomini e alle donne manager.

Il divario di genere è un problema sentito in tutti Paesi del mondo. Secondo il rapporto redatto in collaborazione da McKinsey e LeanIn (LeanIn and McKinsey & Company, 2023), a livello globale persiste la disparità di genere al vertice dell’impresa: mentre il 36% dei dirigenti sono donne, solo 1 dirigente del più alto livello su 4 è di sesso femminile. In Italia, nonostante i progressi fatti nell’ultimo decennio con la crescita del 46%, i dirigenti donne nel 2019 erano soltanto il 18% del totale (ManagerItalia, 2021) contro il 33% nelle imprese globali (LeanIn and McKinsey & Company, 2020).
Il risultato riportato presenta un aspetto che da un punto di vista metodologico può essere definito di confondimento dei risultati (nel senso che confonde l’origine dei guadagni di produttività): per poter dedicare formazione alle donne manager c’è bisogno di avere donne in posizioni dirigenziali. Questo fatto dal punto di vista sostanziale ci dice che probabilmente con dati più fini si riuscirebbe anche a stimare e distinguere il contributo alla crescita della produttività che eventualmente fornirebbe la presenza di un manager di sesso femminile dal contributo legato ad un ora di formazione dello stesso manager donna.

Ebbene in Italia ci sono troppo poche donne ai livelli dirigenziali alle quali si potrebbe destinare la formazione. Esiste quindi un limite massimo di ore di formazione erogabili legato al limitato numero di donne manager.
Una delle cause più importanti di questo divario risiede negli ostacoli che le donne incontrano lungo la loro carriera. L’ostacolo principale sta nella possibilità di avere una prima promozione pochi anni dopo l’ingresso nel mondo di lavoro. Si osserva, infatti, che la prima promozione è un evento che avviene solo per 87 donne ogni 100 uomini. Questo divario fa si che la rappresentanza femminile tra i manager di primo livello si attesti al 38% del totale dei manager. C’è di più, procedendo nella carriera la probabilità per le donne di essere promosse diminuisce, riducendo ulteriormente la presenza femminile ai livelli più alti. Le imprese che vogliano aumentare la parità di genere per rimanere competitive dovrebbero quindi prestare attenzione a queste evidenze. Per rimanere competitivi bisogna essere in grado di sfruttare l’effetto positivo della presenza femminile. Potremmo concludere che c’è bisogno di saper individuare i talenti a tutti i livelli e di fornire possibilità eque di crescita ai manager indipendentemente dal sesso.

*School of innovation, Università degli studi di Trento e dipartimento di economia e management, Università degli studi di Trento
*Dipartimento di economia e management, Università degli studi di Trento

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